ARCHIVIO
01
IL COMPLOTTO ANTIFRIULANO
SERVIZI DI
ERIKA ADAMI -
La Vita Cattolica
SABATO 23 FEBBRAIO 2008
Il governo Prodi,
sfiduciato e in carica solo per l’ordinaria amministrazione, ha
deliberato all’unanimità di impugnare davanti alla Corte
costituzionale le «Norme per la tutela, valorizzazione e
promozione della lingua friulana». Alla Regione la decisione di
accogliere le osservazioni romane o di resistere davanti alla
Corte costituzionale, verificando se la legge regionale 29
rispetti il dettato della Costituzione. Indipendentemente
dall’esito dell’operazione ricucitura, le implicazioni politiche
della decisione romana sono rilevanti. Qualcuno parla di «atto
dovuto», molti di più – e ci riferiamo agli addetti ai lavori,
ai politici – quelli che sostengono la tesi dell'inciucio tra
centrodestra e centrosinistra. Magari con la legge sul friulano
come «moneta di scambio». Ecco che cosa ne pensano
IL GOVERNO RITIENE
che la legge sul friulano ecceda la
competenza legislativa attribuita alla Regione e che sia
incostituzionale. Le implicazioni politiche della decisione romana
sono rilevanti.
«Dietro questa bocciatura c’è anche una posizione politica,
che nasce dentro le contraddizioni del centrosinistra. I contrari
al provvedimento hanno agito sul governo, perché lo bocciassero»,
afferma il coordinatore regionale di Forza Italia, Isidoro
Gottardo, che si dice contrario all’uso veicolare della lingua
friulana (punto chiave della legge regionale, ma oggetto di
rilievo governativo) e preoccupato dell’introduzione del
bilinguismo, che «anziché agevolare i servizi pubblici, li
complica ulteriormente».
Non vuole fare «nessuna polemica» il segretario regionale del
Pd, Bruno Zvech. «È stata una scelta delle maggioranze
nazionali, non ci sono singole segreterie nazionali che sono
intervenute». Qui in Regione, «tutti nel Pd hanno votato la legge
sul friulano, ho ribadito ad Illy che non abbiamo cambiato idea.
Sapevamo che aveva elementi controversi, ma abbiamo gli strumenti
per trovare un’intesa con il governo o chiedere il parere della
Corte costituzionale».
Di opinione diversa Bruno Malattia, presidente dei
Cittadini, che in Consiglio regionale avevano espresso diverse
perplessità sulla legge, per poi «adeguarsi all’opinione del Pd
locale». È «evidente che il Pd ha assunto un atteggiamento in
Regione e un altro a Roma: fa parte – commenta – della dialettica
di un partito che ha abbandonato l’idea del centralismo
democratico, qualcuno parla di doppiezza di vecchia memoria».
Quanto al da farsi, per Malattia «dire che la legge va riformata è
una manifestazione di debolezza. Va difesa così come è stata
varata ». Le modifiche, nel caso, si faranno «nella nuova
legislatura».
Punta il dito sulla «discrepanza tra comportamento delle
forze della maggioranza in regione e a Roma» anche Giulio Lauri,
segretario regionale di Rifondazione comunista (cui appartiene
l’assessore Roberto Antonaz, «padre» della legge), che rileva «un
problema di autorevolezza dei rappresentanti regionali del Pd e di
ascolto con i ministri dello stesso partito». Altro che questione
giuridica. La decisione romana ha «una forte valenza politica». È
«frutto di una modifica delle posizioni, specialmente del Partito
democratico, che, attraverso Maran, Violante, presidente della
commissione Affari costituzionali, e altri, avevano espresso forti
contrarietà sulla legge sul friulano.
Il Pd sta pensando a grandi intese con una parte della destra
moderata e anche la legge sul friulano può essere moneta di
scambio». Non usa mezzi termini il segretario regionale dei
Comunisti italiani, Stojan Spetic, che si dice «contrario a
soluzioni pasticciate. Io mi sarei fidato di più della Corte
costituzionale che, nelle sentenze degli ultimi 20 anni, ha
dimostrato sensibilità nei confronti delle minoranze linguistiche
maggiore di quella delle forze politiche ». Sull’ora di friulano a
scuola parla di «minimo indispensabile per parlare seriamente di
insegnamento del friulano».
Condivide in toto i rilievi del Governo il coordinatore
regionale di An, Roberto Menia. «Ogni realtà territoriale
ha il diritto/dovere di tutelare le sue forme di espressione, ma
uno dei fondamenti dell’unità nazionale è l’unità linguistica».
Guai, poi, a parlare di minoranza friulana. «Non esiste». E
sostenerlo «è un’aberrazione». I friulani sono «una delle tante
parti dell’identità nazionale come lo sono i romani, i triestini,
i napoletani ». In questa logica, se l’ora di insegnamento della
lingua friulana «ci può anche stare», Menia boccia l’uso veicolare
della marilenghe e il concetto di bilinguismo.
Per quanto l’uso veicolare e l’ora curricolare «dovrebbero
rientrare nella possibilità e non nella obbligatorietà», il
segretario regionale dei Verdi, Gianni Pizzati, evidenzia
che «i portatori di diritto, come i friulani, hanno il dovere di
sollecitarci».
«Se ci sono delle tecnicità sbagliate, il ricorso è un atto
dovuto, ma se non vogliono dare lo spazio corretto alla lingua
friulana, sono nettamente contraria – dice la commissaria della
Lega Nord, Manuela Dal Lago –. Il friulano va insegnato
nelle scuole, ma... senza imporlo ai triestini».
Il silenzio-assenso? «Un sistema adottato per imporre delle
cose, confidando sull’ignoranza della gente». E la toponomastica
in marilenghe? «Un’assurdità. E chissà quanti problemi avremo con
le Poste...». Alessandra Battellino, presidente di Intesa
per la Regione, friulana che parla friulano, anche se «è più
semplice esprimermi in italiano», ha votato contro la legge
regionale ed ora condivide le obiezioni del governo. «Non andiamo
molto lontano se pensiamo che il futuro sia nel friulano
veicolare».
«La legge dà a chi lo ritiene l’opportunità di apprendere il
friulano – osserva Luigi Ferone, segretario regionale del
Partito dei pensionati –. È un atto di civiltà e di rispetto per
la gente di questo territorio, per la sua storia, per le sue
tradizioni. La Regione ha piena potestà di legiferare in materia e
non ha ecceduto nei suoi poteri e funzioni. Ho votato
convintamente questa legge anche se non sono friulano».
Deputati e senatori, ecco cosa pensano
Angelo Compagnon, deputato Udc -
«La decisione del Governo
è consequenziale all’arroganza e alla superficialità con le quali
sono state fatte certe leggi. Si è speculato sulla lingua
friulana, che va tutelata nel migliore dei modi ». Senza spiegare
come, Compagnon si dice «dispiaciuto di questi fatti, che vanno a
scapito della nostra regione». Parla di forzature in riferimento
alla norma regionale e di «mancanza di ampia visione politica di
questa maggioranza regionale ». Così, «quando non si fa lo sforzo
che serve per fare sintesi di tutte le posizioni, si arriva a
questi risultati».
Giovanni Collino, senatore An -
«Ho una visione del
mandato parlamentare secondo quelle che sono le norme della nostra
Costituzione, in base alle quali un parlamentare rappresenta
l’unità nazionale, non l’interesse del suo collegio. Viviamo in
un’epoca dove, il più delle volte, la politica è partigianeria: il
Governo aiuta la Regione, o non l’aiuta, in base alla bandiera
politica». Andando al caso specifico, «se il Governo "amico"
impugna una legge di una Regione "amica", vuol dire che gli
aspetti di incostituzionalità sono oggettivi. E, allora, se gli
aspetti del merito sono oggettivi, indipendentemente dalla mia
idea sul concetto di minoranza, non posso che condividere
l’impugnazione».
Vanni Lenna, deputato FI -
«Sono d’accordo con la decisione
del Governo. La lingua friulana deve essere un momento di
arricchimento culturale non obbligatorio. Ognuno deve essere
libero di scegliere il proprio indirizzo, la propria formazione
culturale. Sono friulano e parlo friulano. Non ho obiezioni di
nessun tipo verso il friulano, ma pensare che debba essere
insegnato nelle scuole obbligatoriamente mi sembra davvero troppo
costrittivo».
Renzo Tondo, deputato FI -
«Il Governo fa il suo dovere,
non può non impugnare la legge se ritiene che ci siano elementi di
incostituzionalità». Lei condivide? «Il problema non è questo. La
Giunta regionale ha voluto fare uno spot elettorale su un tema su
cui bisogna fare una legge, ma l’ha fatto senza concordare,
soprattutto senza verificare dov’erano i punti di difficoltà. Se
dovessi assumere la presidenza della Regione, ci occuperemo di una
legge sul friulano che tuteli lingua, interessi, tradizioni, ma in
modo che possa passare». Includerebbe l’ora settimanale
curricolare obbligatoria di lingua friulana? «Sì». E l’uso
veicolare della marilenghe? «Non sono d’accordo che la matematica
venga insegnata in friulano».
Manuela Di Centa, deputata FI -
«Una regione deve
tutelare la propria espressione linguistica, ma senza imposizioni
e senza istituire una situazione di bilinguismo, che non è
rispettoso di tutti i cittadini della regione». Quanto al
silenzio-assenzo, Di Centa osserva che «è brutto scrivere: "Non
voglio il friulano a scuola"». Meglio allora introdurre una
formula di adesione. Contraria all’uso veicolare della marilenghe,
la deputata azzurra si dichiara «totalmente contraria» anche
all’ora settimanale curricolare. Infine, un invito a Illy e alla
maggioranza regionale. «Se ci credono davvero nella legge che
hanno varato, dovrebbero resistere davanti alla Corte
costituzionale, verificando fino a che punto arriva la specialità
della Regione in materia linguistica»
Ferruccio Saro, senatore Mpa -
Punta il dito su
«forzature che dovevano essere evitate» nella stesura della legge:
«Era evidente che sarebbe scattata l’impugnazione». E con
qualsiasi Governo, sottolinea. «Prenda il silenzio/assenso:
impraticabile, non sarà mai approvato ». Insomma, «è stato un atto
di irresponsabilità politica». Uno spot, fatto «per captare la
benevolenza dei friulanisti». All’impugnazione «il Governo è stato
sollecitato da più ambienti, anche del centrosinistra». E ancora:
«Si faccia una legge sul friulano», ma, sull’insegnamento della
marilenghe a scuola, «sono per il rispetto della libertà di
decisione da parte dei genitori».
Ivano Strizzalo, deputato Pd -
L’impugnazione? «Un atto
dovuto dal punto di vista tecnico, procedurale». Non è, sostiene,
il caso di drammatizzare, intanto perché «non sarebbe la prima
volta che una legge regionale viene impugnata dal Governo» e poi
perché «c’è la massima disponibilità a trovare un’intesa da parte
dei ministri Lanzillotta e Fioroni. Quand’anche il ricorso venisse
depositato, la Corte costituzionale prima di un anno non si
pronuncia, dunque, nel frattempo, potrebbe essere ritirato».
Strizzolo esclude manovre politiche per far saltare la legge. «Si
sapeva dell’esistenza di qualche punto non in linea con i principi
costituzionali». In generale, «la legge è buona. Se c’è qualche
punto da riformulare per evitare di correre il rischio che la
Corte la bocci. Bisognerà fare uno sforzo per trovare un punto di
incontro. Personalmente, sono per il friulano a scuola, ma senza
imposizioni».
Flavio Pertoldi, deputato Pd -
Anche per Pertoldi, «un
atto dovuto». In che senso? «Che non c’è stata una sufficiente
relazione tra Governo e Regione, questa avrebbe dovuto
"accompagnare" la legge e spiegarla nei punti più critici. Il
provvedimento andava seguito in maniera più approfondita sotto il
profilo della legittimità costituzionale». Ma i parlamentari
friulani di centrosinistra non avrebbero potuto intercedere? «No,
assolutamente. Se tutto il processo che ha accompagnato la
stesura del testo fosse stato partecipativo anche della
rappresentanza parlamentare, probabilmente si sarebbero potuti
avviare dei percorsi virtuosi di convincimento e condivisione più
ampi». E, anche se «nella rappresentanza regionale parlamentare
c’è stato chi, all’interno della maggioranza, ha avuto posizioni
di contrarietà al provvedimento » questo «non ha inciso
sull’azione governativa».
Carlo Pegorer, senatore Pd -
«Quando un governo
segnala a un governo regionale l’esistenza di pregiudizi di
incostituzionalità lo fa in ragione di una lettura che i propri
esperti fanno del dettato costituzionale. Se alle spalle ci fosse
una decisione politica, che senso avrebbe discuterne per sistemare
la legge?», risponde il senatore del Pd alle voci di una manovra
politica, ordita per far saltare la legge. E, sul ricorso della
Regione all’impugnativa, aggiunge: «Non è meglio che la Regione
resista e si vada a verificare, in sede di Corte costituzionale,
quali sono i limiti stabiliti dalla Costituzione relativamente a
norme che possono emanare Regioni a statuto speciale a favore
della tutela delle lingue minoritarie? Io sono per tutelare, ma
nel quadro costituzionale. Sono perché chi lo vuole possa studiare
il friulano, ma riconoscendo agli altri la possibilità di non
seguirlo». |
Quarta edizione dei progetto "Visiti" di
Friuli nel mondo
Scoprendo la terra dei nonni
(da
Il Nuovo del 22 Dicembre 2008)
Sono
venuti qui per imparare l'italiano ma anche per scoprire i luoghi
di provenienza dei
propri genitori e nonni: hanno tra i 16
e i 17
anni e sono i
ragazzi
di origini friulane
provenienti dall'America Latina
protagonisti della quarta edizione del progetto
'Visiti',
promosso dall'ente Friuli
nel Mondo con il
sostegno
dell'Assessorato regionale
alla Cultura.
I giovani
- che
rimarranno in regione per cinque settimane, durante le quali
seguiranno giornalmente
le
lezioni scolastiche dei
coetanei che li
ospitano nelle
rispettive
famiglie, frequenteranno
corsi di
lingua italiana e
compiranno escursioni alle principali località
d'arte della regione -
sono stati ricevuti
nella sede
udinese di Friuli nel
mondo dal Presidente Giorgio Santuz e dal Vice Pier
Antonio Varutti.
Nel prossimo luglio saranno invece i coetanei che li
hanno ospitati a recarsi in Australia, nell'ottica di un
interscambio che, ha dichiarato Santuz, "aiuta anche ad arricchire
le esperienze personali e la diffusione della dimensione
multiculturale'. |
(Da
Il Nuovo del 14 Dicembre 2007
A pre Toni no
i coventin suazis
MAURO DELLA SCHIAVA via e-mail
In chês zornadis passadis, o ai vût mût di poiâ il voli su di
une letare scrite sul teme dai capelans militârs e il dopo pre
Toni in chel di Visepente.
Mi a parût un scrit civil e profont, parcè che pur
pontant il dêt viers lis incoerencis da la "struture glesie" al
a vût rispiet da la persone in cuestion, ven a stài il capelan
militâr che al è vignût tal puest di pre Toni.
Dut chest però, mi a mot un ricuârt: l'ultime predicje
di pre Toni, la domenie stesse che pò al sarès muart. In che
predicje al veve vut peraulis scletis e francjis a ûs lui, e al
tirà in bal ancje la "letare ai capelans militârs" di don
Lorenzo Milani. Li al veve pontatât il dêt viers la incoerence
de glesie, lontane de paraule di Crist, masse dongje di che dal
podê teren. Mi visi la ultime frase, li che al diseve "insegnait
ai vuestris fîs a disubidì...!", ancje cheste une frase di don
Milani.
Don Milani, come Oscar Wilde a jerin dispès tes sôs
parulis, come esempli di criticitât ative, dongje dal concet di
une glesie profetiche, che e stâ da la bande dal Vanzeli e no da
la bande dal podê. In glesie si veve di gjavâ il cjapiel, ma no
il cjâf; che al voleve dî che no si vîf une fede dome par dogmis,
pai: "parcè di sì", ma si veve di provâ a capî, a criticâ e dome
insom, par cui che al crodeve, a fidâsi.
Jo o vîf di sbris lis comunitâts che pre Toni al
servive, Visepente e Vilevuarbe, ma a part cualchi vôs, che si
contilis sui dêts di une man, no ai vût mût di sintînt altris
che a cjapassin sù la ereditât morâl e ideâl di chest plevan che
vuê al ven tant osanât par dut il Friûl.
No crôt che pre Toni al vedi bisugne di suazis dulà
meti une sô foto di bussâ, o crôt che al mertarès di jessi
scoltât pa lis robis che al a vût dit: cuintri il militarisim,
cuintri un sisteme di sfrutament organizât sui plui pùars dal
mont, cuintri di chei che no dan dignitât a la diversitât, e a
la culture e lenghe de nestre int, e a prò: di doprà il cjâf che
o vin in "dotazion".
Nancje jo no mi sint di jessi trist tai confronts dal
capelan militâr che al è rivât, prime di dut al è un om, ma se
al covente, ma la cjapi cu la (solite) gjerarchie, parcè che
nancje chê no mi pâr che e vedi scoltât, une volte di plui, pre
Toni Beline. Mi pâr scuasi un dispiet fat pa lis sôs idealitâts,
a lis sôs oparis. Jo di chest no soi content. Mi pâr di sintî il
consens tal fâ deventâ la so figure un "mît" che al dîs dut e
noi dis nuie, no rivi adore di capî la int che lu a vût par
tancj agns, cemût che e fâs a no sintîsi roseâ dentri vie,
denant di chieste contradizion. Dispès pre Toni al berlave
cuintri di chei che a metevin tai simitieris lis rosis di
plastiche (in gambio di bêçs vêrs! al diseve). Lis ideis di chel
om a son lis rosis veris, chês che a nulin, chea àn un colôr vêr,
no lis sôs fotos, no lis cjacaris cence fonde su di lui. No nus
covente une biografie, nus coventin ideis par podê orientasi
intun mont che di lusôr a nd à pocut...
- - - - - - - - - -
Senza innovazione non si compete
Intervista
a Nevio Di Giusto, il friulano alla guida dei centri ricerche
della Fiat, che nel recente passato ha "firmato" molti dei più
celebri modelli di vetture della casa torinese.
Punto,
Bravo/Brava, Cinquecento, Sporting, Gtv e Spider, Lancia K e
Lancia Y... l'elenco completo delle automobili Fiat, Alfa Romeo
e Lancia che portano la firma di Nevio Di Giusto è molto più
lungo di questo.
L'ingegnere friulano, che a metà degli anni Novanta era
responsabile del settore Innovazione e sviluppo design di Fiat
Auto, ancor oggi lavora nel grande gruppo piemontese ma, dal
2005, dirige i Centri ricerche di Torino e di Pomigliano d'Arco.
Uomo Fiat dal 1978, Nevio Di Giusto non si è
dimenticato né di Bueriis né del Friuli e non gli dispiace un
confronto sull'avvenire della sua regione e sulla sua capacità
di competere nel mondo dell'innovazione, anche se può
ritagliarsi appena qualche minuto da un'agenda fittissima di
impegni.
"Il mio tempo è misurato all'ultimo quarto di ora e
ogni secondo è d'oro - ammette, pur con un'invidiabile serenità
-. In questo momento ero impegnato in una videoconferenza con i
dirigenti di Elasis, da Torino a Pomigliano d'Arco. Finita la
pausa e l'intervista, ultimeremo i punti ancora in sospeso".
Sarà così preso dai suoi
impegni che non troverà mai il tempo per un salto in Friuli...
- A dire il vero vi ritorno abbastanza di frequente. Vengo ad
Amaro, al Centro ricerche Plast-Optica, che è davvero una realtà
importante e vivace, e ho contatti con l'Università friulana e
con l'Area di ricerca di Triste. Ma ho anche qualche parente a
cui far visita. Penso che ritornerò nuovamente per Natale.
Quando ha lasciato Bueriis?
- Sono partito nel 1973 e mi sono laureato in ingegneria
aeronautica nel 1977, frequentando il Politecnico di Torino.
L'anno seguente ero alla Fiat.
Se non si esamina il suo
curriculum, sembrerebbe il classico posto fisso dei tempi
andati. - In realtà ho cambiato continuamente da quando ho
iniziato come responsabile di un progetto di ricerca sull'areodinamica
delle automobili e come responsabile della Galleria del vento.
La sua carriera è
indissolubilmente legata alle problematiche dell'innovazione, da
quando progettava carrozzerie a quando si è dedicato agli
interni delle vetture oppure al design dei nuovi modelli. Qua! è
il segreto per saper innovare? - Senza
innovazione non si è in grado di competere sui mercati, ma per
fare prodotti innovativi occorre saperli fare velocemente e
spendendo poco.
Un campo in cui la Fiat,
appena qualche anno fa, sembrava spacciata, mentre ora eccelle.
Cos'è successo? - Fiat ha saputo
cambiare la sua immagine, ritornando ad essere un simbolo di
successo. Marchionne ha saputo imprimere una svolta nei mercati,
nei prodotti e nella promozione commerciale, concentrando gli
sforzi su ciò che Fiat sa fare, cioè le macchine. Ma non ci si
può illudere. Nel mondo d'oggi in un batter d'occhio i primi
possono diventare ultimi.
Cosa occorre per non
retrocedere? - A dire il vero è
inevitabile passare attraverso crisi e momenti positivi. In
certi momenti storici emergono importanti capacità, ma il
difficile è mantenere fresche tali forze. Oggi come oggi, è
essenziale saper cavalcare l'onda del cambiamento.
Il suo lavoro la porta da
Torino a Napoli e conosce bene il Friuli. Che giudizio ricava da
un confronto fra queste realtà? - Voi
siete più sviluppati rispetto a Napoli, però la realtà campana è
più ricca di giovani, di energia, di creatività. A loro
occorrerebbero maggiori opportunità e occasioni. Del Friuli mi
ricordo la stagione del terremoto e l'accelerazione che
l'economia ha avuto in quel frangente. Non dovremmo mai
dimenticarci l'energia e la volontà di quel tempo. Era un clima
simile a quello della mia giovinezza quando c'era una grande
volontà di fare, di cambiare, di migliorare. Se si perde questa
tensione, è la fine.
In Fiat, ci sono altri
friulani come lei? - Ne conosco altri
cinque o sei. Fra noi parliamo in friulano e tutti vorrebbero
ritornare.
E la comunità friulana
torinese, l'ha mai potuta frequentare?
- Ho frequentato raramente il Fogolâr di Torino.
Oggigiorno non ne ho proprio il tempo. Una volta riuscivo a fare
molte più cose: facevo aeromodellismo, fotografavo e perfino
suonavo. Adesso, quando vado a Napoli (partenza alle quattro di
mattina e rientro a mezzanotte) riesco a leggere in aereo, ma
raramente in friulano, perché qua da noi si trova poco.
È soddisfatto della sua
carriera? - I risultati ottenuti mi
hanno sempre appagato e non mi sono mai dimenticato dei
sacrifici fatti dalla mia famiglia per consentirmi di studiare.
Ho anche sempre riconosciuto di aver ricevuto più di quanto mi
sarei aspettato e ciò mi ha sempre riempito di soddisfazione.
Le è mai passato per la
mente il pensiero di tornare in Friuli per lavorare?
- Il lavoro che faccio mi piace. Se un domani potrò fare
qualcosa di buono anche in Friuli, si vedrà. Mi piacerebbe
ritornare almeno prima di morire.
Nel 2008, l'ingegner
Nevio Di Giusto compirà 30 anni di lavoro alla Fiat. Ha
diretto, tra l'altro, la Galleria del vento (1979-1982),
la progettazione di nuovi "concepts" di architettura delle
automobili (1982-1985), la progettazione delle carrozzerie
della Lancia (1988-1991), il settore "Stile Fiat"
(1991-1992) e il coordinamento dello stile dell'intero
gruppo (1992-1994). Nel '94 è divenuto responsabile
dell'ente "Innovazione e sviluppo design" di Fiat auto.
Oggi è "C.e.o. and General Manager" del Centro ricerche
Fiat e del Centro ricerche Elasis di Pomigliano d'Arco.
Nevio Di Giusto è nato il 1° luglio 1953 a Bueriis di
Magnano e vive a Cumiana, nei pressi di Torino. |
|
La Vita Cattolica
del 24 novembre 2007
La macellazione del maiale in
famiglia
Un popolo di grandi norcini
NOVEMBRE, mese della festa
del norcino ad Artegna, per celebrare una delle più antiche
tradizioni friulane: la macellazione del maiale nelle vecchie
famiglie contadine. Sabato 24 novembre si tiene nella sala
consiliare del municipio, un convegno sulla «Tradizione norcina di
Artegna quale risorsa di sviluppo compatibile nel territorio del
Gemonese» a cui partecipa anche Elsa Bigai, direttore di
Coldiretti del Friuli-Venezia Giulia.
Il norcino è la figura centrale nella lavorazione del
maiale perché, un tempo, durante i lunghi e rigidi mesi invernali,
la carne di maiale risultava prezioso alimento per l’organismo per
tutta la famiglia.
Chi trasformava la carne suina in pregiati salumi era
un artigiano depositario di un’arte tramandata da generazioni.
Oggi l’artigianato si è trasformato, con l’introduzione di nuove
tecnologie nella lavorazione delle carni, ma senza perdere
l’antica arte. È cambiata l’alimentazione dei suini e si sono
modificate anche le tecniche di lavorazione delle carni,
laboratori modernamente attrezzati, metodi produttivi efficienti
ed avanzati, ma molte lavorazioni sono ancora eseguite a mano, le
macchine anche se perfette non possono sostituire l’esperienza
degli uomini e la tradizione.
Per ottenere salumi di qualità, come quelli realizzati
con suini italiani, è di fondamentale importanza la cura di tutte
le fasi di produzione ad iniziare dall’allevamento. Solo così si
possono ottenere materie prime eccellenti adatte alla preparazione
di ottimi salumi. Per ottenere maiali di qualità l’industria
salumiera italiana pone una costante attenzione ai metodi di
allevamento utilizzati. I maiali sono alimentati con mais, soia,
frumento ed altri vegetali attentamente selezionati e calibrati.
Nella dieta del maiale entra anche il siero di latte, un prezioso
sottoprodotto derivato dalla lavorazione del formaggio.
Questo tipo di alimentazione ha permesso di modificare
la composizione delle carni suine e di offrire carni in linea con
le nuove esigenze nutrizionali.
Coldiretti è impegnata ad offrire al consumatore
garanzie di tracciabilità, di origine e di salubrità dei prodotti
agro-alimentari, e quindi chiede che sia obbligatorio, per la
carne di maiale e i suoi lavorati, come i salumi, indicare
l’origine in etichetta come avviene per la carne di pollo e quella
bovina. Il consumatore spesso è disorientato o ingannato nelle
scelte alimentari perché non riesce a individuare il prodotto made
in Italy: sugli scaffali dei supermercati si stima che ben due
prosciutti su tre provengano da maiali allevati all’estero, senza
che questo venga chiaramente indicato in etichetta.
CUCINA TRADIZIONALE
Musèt che leccornia
SI UTILIZZA LA CARNE DELLA
TESTA del maiale, la carne del sottogola e la cotica, tutta la
carne con i tendini (attacchi dei muscoli), tutte le rifiniture
delle ossa (la carne attaccata alle ossa). Le cotiche sono
tagliate a strisce abbastanza sottili, sono macinate prima con una
trafila grossa e poi si fa un secondo passaggio con trafila
sottile in cui si mette insieme la carne e la cotica.
Per la preparazione dell’impasto, la carne e le cotiche
macinate due volte sono «condite », per ogni kg di impasto, con 25
g. di sale, 2-5 g. di pepe, cannella e spezie. Una variante è
realizzata con l’aggiunta all’impasto di circa un litro di vino
rosso robusto in cui sono stati lasciati macerare 5 o 6 spicchi
d’aglio schiacciato. Tutto l’impasto va ben mescolato e
amalgamato, in modo che risulti uniforme. Poi il cotechino viene
insaccato con un budello che viene forato in modo che perda un po’
di liquido. Il cotechino può durare 1 o 2 settimane. Per la sua
cottura, prima di metterlo a bollire va ben forato, altrimenti si
può rompere. Si mette in una pentola, si copre con acqua fredda si
porta ad ebollizione, lo si fa andare a fiamma bassa per circa
un’ora. Si serve ancora caldo, tagliato a fette non troppo
sottili, si accompagna con la polenta e come verdura si possono
utilizzare le verze, broccoli e la brovada.
Muset su letto di verza stufata -
Ingredienti per 4 persone: 2 cotechini, 1 verza di
media grandezza, pancetta affumicata, speck, formaggio latteria,
pasta sfoglia, vino bianco, cipolla, olio extra vergine d’oliva,
sale, pepe.
Preparazione. Forare i cotechini e porli in una pentola
colma di acqua fredda. Lasciarli cuocere per circa 2 ore. Quindi
scolarli e lasciarli raffreddare. Curare, lavare e sbollentare la
verza, poi lasciarla raffreddare. Avvolgere i cotechini con
fettine di formaggio latteria, speck e foglie di verza
precedentemente cotte. A parte stendere la pasta sfoglia e su di
essa adagiare i muset così preparati e chiudere il tutto a mo’ di
fagottino. Con la rimanenza nella verza tagliata grossolanamente,
mettere a soffriggere una cipolla tagliata a julienne e qualche
cubetto di pancetta. Aggiungere in cucchiaio d’olio d’oliva
extravergine e un bicchiere di vino bianco. Sale e pepe quanto
basta.
Cucinare a fuoco lento per circa 1 ora e mezza. Servire
il cotechino tagliato a rondelle su letto di verza stufata. Vino
consigliato: Refosco friulano.
Carne suina.
Fonte di proteine di alta qualità biologica
LA CARNE SUINA è una buona fonte di proteine –
circa 20 grammi per 100 g di carne – che tra l’altro sono di alta
qualità biologica. Ha un buon contenuto vitamina B1, vitamina B2,
niacina, vitamina B6, vitamina D e B12. È presente anche un buon
contenuto in minerali come ferro, zinco, rame, selenio, presenti
in una forma chimica ben utilizzabile. Il contenuto in ferro è più
basso che nella carne bovina. Il contenuto in lipidi totali varia
molto a seconda del taglio, dal 3% nel coscio all’8% nella
bistecca (considerando sempre il suino leggero). Le
caratteristiche sensoriali più rilevanti per quanto riguarda le
carni fresche per il consumo diretto sono il colore, la perdita di
liquidi e le infiltrazioni di grasso.
Salumi e insaccati - I
salumi in base alle parti usate e al tipo di lavorazione, si
dividono in due categorie: gli insaccati e i prodotti salati. Gli
insaccati contengono carne e grasso di suino più o meno finemente
macinati e con eventuali aggiunte di carni di altra specie, salati
o conditi con droghe. Essi si dividono a loro volta in insaccati
freschi, stagionati o cotti. Le carni provengono dal tessuto
muscolare del dorso, dei lombi e delle spalle del maiale, privati
dei nervi e delle cartilagini. I prodotti salati derivano dalla
lavorazione di pezzi interi dell’animale. Il procedimento di
salatura si basa su un complesso di azioni dovute essenzialmente
ai trattamenti di aggiunta di sale, essiccazione, aromatizzazione
e stagionatura. Tra le varie carni, quella suina si presta meglio
a essere conservata con sale.
Prodotti Dop e Igp - I
salumi sono una categoria estremamente importante di prodotti a
base di carni suine per i quali si ha in Italia una ricchezza di
tipologie incredibilmente vasta, dai prodotti industriali a quelli
di nicchia, dai prodotti che hanno ottenuto il riconoscimento di
Dop (Denominazione di origine protetta) o di Igp (Indicazione
geografica protetta) a quelli riconosciuti come prodotti
tradizionali. Comprendono prodotti crudi o cotti, interi a pezzi o
macinati e insaccati. La sigla Dop estende la tutela del marchio
italiano Doc a tutto il territorio europeo. Il marchio designa un
prodotto originario di una regione e di un paese la cui qualità e
caratteristiche siano essenzialmente o esclusivamente dovute
all’ambiente geografico (termine che comprende i fattori naturali
e quelli umani). Tutta la produzione, la trasformazione e
l’elaborazione del prodotto devono avvenire nell’area delimitata.
La sigla Igp introduce un nuovo livello di tutela qualitativa che
tiene conto dello sviluppo industriale del settore, dando più peso
alle tecniche di produzione rispetto al vincolo territoriale.
Quindi la sigla identifica un prodotto originario di una regione e
di un paese le cui qualità reputazione e caratteristiche si
possono ricondurre all’origine geografica, e di cui almeno una
fase della produzione e/o trasformazione e/o elaborazione avvenga
nell’area delimitata. Entrambi questi riconoscimenti comunitari
costituiscono quindi una valida garanzia per il consumatore.
Specialità regionali -
Tra i prodotti tradizionali realizzati con carni
suine in Friuli-Venezia Giulia ci sono specialità come Argjel ,
Bondiola, Cicines, Coppa di testa, Crafus, Filon, insaccati
affumicati, Lardo, Linguâl, Lujànie, Marcundela, Muset, Ossocollo
e culatello affumicati, Pancetta arrotolata dolce e affumicata,
Pancetta arrotolata manicata, Pancetta con lonza, Pancetta stesa,
lardo, guanciale, Pestadice, Pestât, Polmonarie, Porcaloca,
Prosciutto cotto Praga, Prosciutto dolce o affumicato. Molti di
questi prodotti tradizionali sono realizzati solo grazie a
lavorazioni artigianali, in piccoli laboratori di trasformazione
legati alle aziende agricole. Il consumatore li può reperire solo
nei punti di vendita diretti presenti presso le stesse aziende che
li producono. |
|