appunti di viaggio

Risalendo la "via Iulia Augusta"
(Alduti - 06.07.03)

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Sebbene siano trascorse due settimane, vorrei scrivere alcune note sul viaggio a Paluzza, una strada che conosco molto bene, perché più volte percorsa per Messe e concerti, e che prima del mio lungo periodo di blocco per cause di salute, avevo percorsa per gite turistiche e periodi di vacanze ad Arta ed a Collina di Forni Avoltri.
Viaggiando in quelle vallate di incredibile bellezza, non possono passare inosservati i cartelli di color marrone con la dicitura “via Iulia Augusta”, gli stessi cartelli che si leggono lungo tutto il percorso che da Aquileia porta fino in Austria attraverso il Passo di Monte Croce Carnico
Spesso, quando durante le mie peregrinazioni leggo questi cartelli, la mia fantasia si diverte a creare delle scene assolutamente improbabili…
Immagino di vedere un esercito di legionari romani a cavallo ed a piedi, che in fila per quattro salendo da Palmanova, alla rotonda di Casali Paparotti è costretta a fare un giro di 300 gradi per dirigersi verso la “tangenziale ovest”…
…o arrivando da Via Gemona a Udine, fermarsi al semaforo rosso per poi proseguire verso Viale Tricesimo…
…oppure, a Stazione per la Carnia, la lunga fila di uomini stanchi ed affamati, che invece di accorciare la strada svoltando a sinistra, è costretta a ripiegare a destra, fare un ampio giro all’indietro per infilare il sottopassaggio e proseguire verso Tolmezzo e la Valle del But…
Mentre questi bizzarri pensieri mi girano nella testa, concludo che… se fossi vissuto in quegli anni, certamente non sarei stato tra quei legionari romani che percorrevano le polverose strade della “strada Iulia Augusta”…
Per fortuna siamo nel 20° secolo e nonostante le mie difficoltà fisiche, con i 14 cavalli imprigionati nel motore della mia Clio super attrezzata, posso percorrere la stessa strada senza sforzo alcuno e perfino divertirmi lanciandomi a tutta velocità tra tangenziali e raccordi come un pilota di F1 e mettere a dura prova la stabilità della vettura.

Ho lasciato Leproso alle 08.27, piuttosto in ritardo rispetto al programma che avevo preparato la sera prima. Per questo viaggio avevo avvertito il parroco di Paluzza della mia probabile presenza alla Messa delle 11, ma prima volevo salire sul colle di S. Pietro di Zuglio per fare alcune foto.

Arrivato sulla cima, mi sono accorto di aver sbagliato strada e mi sono trovato in un piccolo paesino aldilà della pieve. L’incavolatura per il contrattempo, non mi ha impedito di pensare che è forse lì che Marco Maiero aveva lasciato il suo cuore e che gli aveva ispirato la famosa cjante “Daûr San Pieri”, ma poi ho saputo che si trattava di un altro “San Pieri”.
Controllato l’orologio e constatando che era piuttosto tardi, ho preferito ritornare sul fondo valle, giusto il tempo di trovare un varco tra la vegetazione per una foto a “S. Pietro”, scendere velocemente a Zuglio ed attraversando il ponte sul But, risalire la vallata fino a Paluzza.
Alle 10 e un quarto avevo parcheggiato in uno spiazzo nei pressi del complesso scolastico, e predisposto il mio sistema per registrare le campane, mentre scattavo qualche foto di un bel campanile che vedevo spuntare da una serie di costruzioni. Quando mancavano solo pochi minuti, provvidenzialmente un ragazzino mi ha informato che quella non era la chiesa parrocchiale, ed era inutile che aspettassi il suono di quelle campane. Ho smontato velocemente la baracca e volato sotto il campanile della chiesa di Santa Maria, giusto in tempo per registrare un bel concerto a tre…

All’interno della parrocchiale ho iniziato il solito giro armato di fotocamera e flash “a lunga gittata”, riprendendo gli angoli più interessanti. Purtroppo, per ragioni di spazio è impossibile mostrare ai visitatori del sito, tutte quelle meraviglie. Il parroco si è subito dimostrato molto disponibile e questo mi ha dato maggior sicurezza, tanto che quando alla fine della messa ha informato i fedeli sul motivo della mia presenza, non ho sentito l'impulso di “farmi piccolo ed invisibile”, come succedeva in passato…

Ho assistito una bella Messa accompagnata dall’organo, suonato molto bene da un signore di una certa età, che ha saputo astrarre dalle canne di quello strumento dei suoni di grande intensità mistica.
Dopo la cerimonia mi sono dato da fare per catturare un'immagine soddisfacente della parrocchiale, cominciando a girare per le via di Paluzza in cerca di un’inquadratura decente, ma ci sono riuscito solo in parte. Ho però potuto riprendere delle magnifiche immagini delle altre tre chiese, ed alcune panoramiche dall’alto della collina, nei pressi della chiesetta di San Daniele.
Ritornato in centro, ho scattato ancora qualche foto alla chiesa di Santa Maria, per poi parcheggiare in un viale alberato e fare un paio di telefonate, (rimaste senza risposta…!). Con animo mesto sono sceso lungo il vialone che passa davanti alle ex caserma degli alpini, ormai completamente abbandonata, cercando conforto entrando nel "Bar da Vanino", un'osteria all’altezza del bivio che porta al paese. Accomodato all’interno del locale, il mio pensiero è andato ai racconti di naja del mio compaesano Italo Coseani, che come tantissimi altri giovani alpini, hanno trascorso le serate consolandosi con boccali di buon vino serviti dalla signora Ivana.
Dopo aver gustato un panino imbottito con salame ed un tajut di merlot veramente squisiti, ho chiesto alla signora Ivana se poteva posare per una fotografia da inserire nel nostro sito…
Sono sicuro che tanti alpini che hanno fatto il periodo di naja nella caserma di Paluzza, la ricorderanno ed avranno piacere di rivedere la signora Ivana.

 In alto, il Bar da Vanino, con un raro esemplare di vecchia segnaletica stradale
 In basso: la signora Ivana ed io, al banco

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