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Santuario delle Grazie di Pordenone, 13 Marzo 2005

Eucaristia accompagnata dal Coro Polifonico "Città di Pordenone"
nel 30° anniversario della sua fondazione. 

 ...l'esterno ed interno della chiesa...

...alcuni momenti della celebrazione eucarisitca...

 

 CANTI
         

Alla fine della Messa animata dal Coro Polifonico "Città di Pordenone", con grande partecipazione di fedeli ed un folto gruppo di bambini, mentre la chiesa si stava svuotando, ho notato il formarsi di un gruppo sempre più consistente di persone di colore, alcuni del quali preparavano degli strumenti a percussione, intuendo che sarebbe seguito un qualche cosa che valeva la pena di documentare. Una gentile signora, che aveva coordinato la precedente funzione, mi ha spiegato che sarebbe seguita una Messa in inglese, per la comunità cattolica ganese che lavora a Pordenone e dintorni. Un anziano sacerdote, che ricordavo di aver già ripreso in uno dei miei precedenti servizi, ha iniziato la celebrazione, seguita non grande devozione da tutti i presenti, specialmente dai bambini.

 

 CANTI E PREGHIERE
                  


Il Santuario della Beata Vergine delle Grazie
     Storicamente la comunità di Pordenone fu sempre legata al culto mariano. Non a caso il 15 marzo del 1623, il Consiglio Comunale, per adornare la sala delle riunioni, ed anche per religiosa devozione e per assistenza divina nella corretta gestione della città, deliberò di far eseguire dal Padovanino una grande tela nella quale il soggetto dominante doveva essere la Madonna con il Bambino. Poco tempo dopo, nella periferia sud oltre il fiume Noncello verso il borgo San Gregorio, chiamato anche borgo delle barche, presso un antico capitello che conservava dal 1563 una immagine della Madonna ad affresco, accadde un evento miracoloso, una non meglio precisata "dimostrazione", forse una apparizione. Notevole fu il concorso di popolo, tanto che furono subito raccolte "assaissime" elemosine. La comunità, su invito del clero preposto, ritenne opportuno far erigere un santuario, che fu inaugurato il 28 ottobre 1626, il giorno di San Simone.
     L'edificio, da subito chiamato "La Madonna delle Grazie", divenne particolarmente caro alla popolazione che in esso sin dagli inizi cercò pietà, conforto, intercessioni e grazie nei purtroppo frequenti momenti tragici che segnarono, e talvolta ancora segnano, i tempi: guerre, alluvioni, contagi pestilenziali, siccità, carestie.
     Nel santuario fu trasferito l'affresco riproducente la sacra immagine del piccolo capitello. Con particolare gratitudine i fedeli da allora commissionarono, o più spesso realizzarono con le proprie mani, numerosi ex voto che tappezzarono letteralmente le pareti interne.
     La costruzione subì vari interventi d'abbellimento, di manutenzione e d'arredamento, finché, nello spirare del XIX secolo, i responsabili addivennero alla decisione di erigere un nuovo tempio in quanto, pur ritenendo 'la chiesa attuale bastante, ... sembra che i muri ed il coperto presentino pericoli'. Il via ai lavori fu dato nel novembre 1899.
     Il progetto originario della nuova chiesa, con pianta a croce latina, fu ideato dallo scultore ed architetto Luigi De Paoli (Cordenons 1857-1947) e dall'ingegnere Enrico Moro di Udine.
     L'architetto si ispirò inizialmente allo stile romanico. Con le varianti proposte dal successivo architetto e direttore dei lavori Domenico Rupolo di Caneva (1871-1945) e le "modernizzazioni" apportate dal pittore Tiburzio Donadon di Pordenone (1881 - 1961), il tempio ebbe la completa esecuzione nel 1923. Era stato consacrato due anni prima, il 13 agosto 1921, con l'intervento del vescovo monsignor Luigi Paulini, nativo di Formeaso in Carnia, che resse la diocesi di Concordia dal '19 al '44.
     Una prima benedizione del tempio, con celebrazione della prima messa, era avvenuta già nel 1918. Il trasporto del dipinto sacro avvenne il agosto 1921, due giorni prima della consacrazione della nuova chiesa. Con decreto dell’8 settembre 1924 all'immagine fu imposta solennemente la corona d'oro dal Patriarca di Venezia Pietro la Fontaine, presenti l'Arcivescovo di Udine, i vescovi di Belluno, Ceneda e Concordia.
     La nuova chiesa, retta dal 1966 dai monaci benedettini di Vallombrosa, è sempre stata oggetto di particolari cure per conservarla decorosamente e per renderla fruibile al meglio: basti in questo caso menzionare il potente organo Mascioni realizzato nel 1975, tra i migliori in regione.
     Merita un ricordo il santuario del 1626 che, alla costruzione di quello attuale, fu demolito fino a quattro metri d'altezza. Nel corso degli anni novanta è stato ripristinato, riscattandone la primitiva cubatura e, destinato ad usi culturali e comunitari, ricopre nuovamente il vecchio ruolo di riferimento civile e religioso che ebbe per tre secoli dominando, isolato, la zona limitrofa al fiume dal quale pescatori e barcaioli, passando, salutavano con riverenza.

I restauri
     Il santuario, prima dipendente direttamente dal Duomo di Pordenone, è stato affidato dal Vescovo Vittorio De Zanche ai benedettini di Vallombrosa. E' stato eretto a parrocchia con decreto vescovile del 16 giugno 1966.
     Sin dai primi tempi i monaci vallombrosani si sono dedicati alla conservazione dell'edificio, gravemente danneggiato dalle alluvioni della metà degli anni sessanta.
      Vari sono stati gli interventi di tutela sia delle strutture sia delle decorazioni interne ed esterne. Ad una prima sistemazione durante gli anni settanta dei gravi danni causati dalle alluvioni del 1965 e '66 sono seguiti frequenti lavori di salvaguardia delle decorazioni interne ed esterne eseguite dal Donadon.
     Un particolare contributo di recupero dei dipinti è stato garantito da Giancarlo Magri, pittore e restauratore allievo del Donadon stesso. Grazie alla sua conoscenza tecnica, a documentazione in suo possesso ed alla sua sensibilità, già alla fine degli anni ottanta sono stati avviati i lavori di restauro, che hanno permesso anche il recupero di alcune figure, irrimediabilmente danneggiate, delle arcatelle superiori della facciata. Ulteriori lavori sono stati compiuti da Elia Nadalin, anch'esso collaboratore del Donadon.
     Il ripristino delle superfici dipinte ha visto impegnata per lunghi mesi la ditta Glesis & Glesis di Roberto Moret di Cordenans, con il coordinamento dell'Ardi. Ugo Perut di Pordenone, direttore dei lavori. I lavori di restauro della decorazione parietale interna, buon esempio di "art nouveau" del momento Libert, o "floreale", sono stati seguiti dalla Sovrintendenza del Friuli Venezia Giulia.