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Udine - Parrocchia di San Gottardo, 26 ottobre 2003

  


CAMPANE

 Santa Messa e "Giornata del dono",
 organizzato dalla Sezione di San Gottardo dell'AFDS (Associazione Friulana Donatori di Sangue)

 L'entrata del labari delle Sezioni consorelle

 Alcuni suggestivi momenti della cerimonia

CANTI
                         

 Autorità e fedeli presenti in chiesa, durante la celebrazione della Messa...


 ...animata dal Coro Giovanile di San Gottardo

Informazioni storiche tratte da...


1335 - Il Beato Bertrando
Il tomo quinto degli "Annales Camaldulenses" all'anno 1335 riferisce quanto segue: "Bertrando di Cahors eletto patriarca di Aquileia nel 1334, avendo saputo, mentre faceva la visita della diocesi, che alcuni predoni e assassini avevano invaso una selva non molto lontana da Udine verso a fiume Torro (Torre), cacciandone alcuni pii eremiti ed altri santi uomini che in essa facevano vita penitente, e, commettendo quei predoni ogni sorta di ladronerie e di delitti, volle andare a vedere la selva, fatta covo di banditi. Fece demolire i tuguri in cui si erano annidati e mise in fuga i predoni rendendo quel luogo libero e sicuro. Trovò ancora in piedi il piccolo oratorio costruito dagli eremiti e lo consacrò in onore di Dio col titolo del Vescovo San Gottardo. Di lì a poco, se non quell'anno medesimo 1335, l'oratorio fu concesso ai monaci camaldolesi, i quali, lo trasformarono in una bella chiesa, intorno alla quale, oltre al monastero, fu costruito il luogo di rifugio o lazzaretto che serviva alla città di Udine in tempo di pestilenza".

14.4.1492
In questo giorno usci una lettera indirizzata a tutto il clero del Patriarcato Aquileiese nella quale si decreta la costruzione dell'edificio chiamato Lazzaretto, presso la Chiesa di S. Gottardo non lungi dalla Città, affinchè in occasione di peste, che Iddio immortale per la Sua clemenza verso il genere umano voglia tener lontana, possano essi cittadini e gli abitanti udinesi colpiti da morbo e rimossi dalla Città, esser in quel luogo raccolti ed ospitati.

2.9.1601
L’ill.mo e Rev.mo Patriarca Francesco Barbaro si recò alla visita della chiesa intitolata a S. Gottardo distante dalla città circa un miglio e mezzo. Questa chiesa è incorporata e racchiusa nell'ambito delle case e delle mura del luogo chiamato Lazaretàt. La chiesa è ad una navata, la quale nel posto dell'altare maggiore forma un piccolo emiciclo. E' coperta da tetto dipinto con travi abbastanza solide e con pianelle imbiancate e bene unite affinchè l'acqua non vi penetri. E' lunga passi 8 e larga 4 circa. Ha la porta maggiore ornata da una lapide colle insegne delle città di Udine; ivi pure vi sono due finestre con inferriata, ma senza serramenti di vetri o di legno, non molto elevate dal suolo affinchè nei giorni festivi, il popolo che si sofferma nell'atrio, possa assistere ai divini offici.
Sopra la porta vi è una finestrella rotonda e più in alto, sul vertice, un piccolo campanile con due campane. Sul campanile sta infissa una croce di ferro.
Nel mezzo della chiesa, ai due lati si aprono altre due porte che mettono nel cimitero. L'altare è di pietra elevato da terra per tré gradini. Ha sgabello di legno. Sopra l'altare un'icone con baldacchino s'innalza fino alla sommità del tetto e sulla trave posa un Crocefisso dorato abbastanza decente. Nella parte superiore dell'icone vi è l'immagine della B. Vergine Maria scolpita in legno e nel mezzo quella di S. Gottardo, ugualmente scolpita in legno dipinto dorato. L'icone è poi ornata con pitture di altri Santi.
Dinanzi all'altare v'è un lampadario di ottone con sette lampade di vetro, delle quali una, nei di festivi, suole sempre esser accesa. L’altare ha croce e candelabri di ottone, palio, auripalio e pianete decenti, due candelabri di ferro, due di legno e messale. Presso l'altare al lato dell'epistola sorge una colonna di pietra con sovrapposta cassetta per le elemosine. Altra uguale è dallo stesso lato dell'epistola, è situata presso la porta d'ingresso. Vicino alla porta maggiore, ma dal lato dell'Evangelo, vi è un vaso di pietra per la raccolta delle offerte per l'olio. Tutta la chiesa è circondata da scanni di legno dipinti, infissi nel muro. Davanti l'altare uno scanno mobile serve per le genuflessioni. La chiesa è pavimentata e imbiancata.
Fu aggiunto che dalla Confraternita è stato istituito un cappellano con lo stipendio annuo di 8 ducati e coll'onere di celebrare due messe, nella prima e nella terza domenica del mese, qualora la pioggia non lo impedisca. E' poi consueto che la festa solenne nella Chiesa di S. Gottardo, si celebri il di 5 maggio e la prima domenica pure di maggio. In tale occasione si tengono ivi mercati, ma fuori del luogo ed anche balli. Fu esposto dal cappellano che nelle predette feste il popolo è così molesto e mìnacciante che si esplodono schioppi, avvengono vari scandali ed anche zuffe e lesioni pur nella stessa chiesa.
La chiesa ha il cimitero chiuso da muro e con alcune porticelle, ma non custodite in modo che le bestie non possano entrarvi; fu dato ordine che a ciò si provveda. Nello stesso cimitero vi è una cappella aperta e accessibile alle bestie, senza pavimento, con altare di pietra sostenuta da due pareti, con tetto, fornito di campanello, e con immagini disdicevoli: nel tetto gli uccelli hanno nidificato e sopra e avanti l'altare vi si ammucchia lo sterco.
L’illust.mo sospese e diede proibizione che non si celebri più la messa finché esso non sia restaurato e ottenuta la debita licenza.
La chiesa è preceduta da un atrio lungo 10 passi e largo 4. Sull'ingresso dell'atrio,
nel suolo, un'inferriata impedisce il passo alle bestie. Si osservò che il custode del luogo fece sopra tavole un chiuso per tenervi bestiame.
Fu provveduto all'uopo.
Il tetto dell'atrio è simile a quello della chiesa, ugualmente alto e sostenuto da cinque colonne di mattoni; è bene pavimentato. Nella parete della chiesa è murata una pila per l'acqua benedetta.

San Gottardo all'inizio secolo...

IL LAZZARETTO
Nel 1477, dopo la partenza dei monaci camaldolesi, la chiesa di S. Gottardo passò alla confraternita di S. Rocco che d'ora in poi si chiamerà di S. Gottardo. Questa nominava il cappellano, e si sa dagli atti della visita pastorale del 2 settembre 1601, che percepiva la paga di otto ducati annui.
Si avvicinava un periodo molto importante per S. Gottardo. L'inizio del susseguirsi di pesti, di calamità e l'impossibilità di tenere entro la cerchia urbana i colpiti, porta a deliberare, nel 1445, la costruzione di un lazzaretto. I lavori incominciarono solo nove anni dopo spinti dalla necessità di accogliere gli sventurati, tanto che per le manchevolezze e la scarsa assistenza questi si trovarono in "magna agonia". Il Vescovo di Capodistria, Giacomo Valaresso, governatore generale, essendo Aquileia sede vacante, a nome del capitolo invita con lettera del 14 aprile 1492 a raccogliere offerte per il completamento del lazzaretto e concedeva 40 giorni di indulgenza per ogni azione benefica compreso il lavoro manuale.
La peste del 1556 trovò rifatto e ampliato il lazzaretto che accolse durante l'anno di contagio, per un periodo di cura o di contumacia, ben 1500 persone (305 nel solo mese di ottobre). In tale occasione fu necessario un nuovo cimitero perché qui venivano sepolti anche i morti di peste in città. Fu fatto sulla Bariglaria verso Godia, fu benedetto dal Vescovo con la posa di 4 croci in ferro agli angoli, e furono pure scavate due fosse comuni dove uno sopra l'altro furono sepolte 600 persone.
Nel 1585 vollero sostituire i vecchi casoni con costruzioni nuove che non furono sufficienti durante la carestia del 1629. In questa calamità più che essere lazzaretto si trasformò in contumacia per i 2344 poveri e mendicanti della città. La spesa del vitto per i ricoverati nel periodo di bisogno, da marzo a luglio, fu di 4190 ducati. Anche i canonici di Aquileia, lasciata in massa la città per non essere contagiati, nel marzo 1630 vennero a Udine, ma il luogotenente, per precauzioni sanitarie, vietò loro l'ingresso e li obbligò a passare alcuni giorni di quarantena e di osservazione nel lazzaretto di S. Gottardo, dove vennero trattati con tutti i riguardi dovuti alla loro dignità. In seguito, per le migliorate condizioni sanitarie, il lazzaretto non fu usato se non per il ricovero dei poveri nei momenti di miseria (18 giugno 1698: 405 mendicanti). Provvisti di opportuni adattamenti, questi locali, non più usati, furono dati in affitto, con l'obbligo di diligente conservazione e di immediato sloggio in caso di peste o altro micidiale morbo "che Dio ci liberi", prima a Lorenzo Faramitti di Cividale per una fabbrica di "regadini sull'esempio di Giacomo Linussio di Val d'Incaroio, poi nel 1765a Mattia Pituello "per biancheggiar tele e fili", ed infine nel 1773 ai Padri Barnabiti "per sollievo e respiro dei convittori" del collegio in città. Sono le ultime notizie sul lazzaretto.


Via Cividale com'era...

LA CHIESA ATTUALE
II gran numero delle persone ricoverate o dimoranti nel lazzaretto rilevò l'insufficienza della chiesetta preesistente incapace a contenere le centinaia o migliaia di fedeli riuniti in certi periodi. Fu cosi decisa la costruzione di un nuovo tempio anche se a suo sfavore si opponevano serie preoccupazioni economiche. Quando il lavoro iniziò non è detto, si apprende dalla II visita pastorale compiuta il 21 maggio 1625, che i lavori sono iniziati: la cappella (il coro) sono terminati, si celebra su un altare portatile, la chiesa ha il suo cappellano eletto dalla confraternita, e il luogo detto lazzaretto è di grande devozione.
La miseria dei tempi, essendo la chiesa senza rendite e beni, segna il passo. Nel 1639 viene chiesto un prestito alla comunità di 300 ducati mediante il Monte di Pietà, e lo stesso nel consiglio del 19 giugno 1641 concederà per il tetto "1000 ducati all'interesse annuo del tré e mezzo per cento, restituzione a rate di cento ducati all'anno, e firmarono come "pieggi" garanti per 100 ducati ognuno: Paolo Ottavio Florio- Giov.' Michele Frumentario - Gabriele Conti - Lodovico Rutigno - Giacomo Santino- Giacomo Turioni - Gio.Batta Daneluzzi - Francesco Palladino - Marcantonio Carato. Eppure nemmeno quei mille ducati bastarono. C'era tutto il materiale comprese le travi in larice, e già tutto pronto, ma non c'era il denaro per pagare gli operai. Il consiglio comunale, alla domanda della confraternita il 20 giugno 1642 concesse la somma di 200 ducati "sul denaro pubblico da esser restituiti insieme agli altri debiti già contratti". Cosi dopo 17 anni la nuova chiesa di S. Gottardo fu ultimata. E i debiti? Gli interessi furono pagati regolarmente ogni anno, ma non le quote di capitale. Dopo ingiunzioni e intimazioni pubbliche andate a vuoto, il 14 maggio
1649 su proposta dei Deputati (Giunta Comunale) il Consiglio deliberò che per il pagamento dei debiti (300 e 1000 ducati) si prevalessero i soldi dal Bagattino del S. Monte (guadagno devoluto a favore dei ' 'poveri di Cristo' ') e per i 200 ducati fosse aperto un credito di favore sui civari futuri.
Terminata la chiesa, questa fu in seguito abbellita con due statue di marmo, collocate in nicchia sulle facciate (oggi disperse) poi "Carlo Mantica erede della pietà dei suoi avi decorò questo tempio costruendo a sue spese la porta di marmo e la sovrasta porta inferiata a mezza luna nel 1651. Nello stesso anno il camerario (fabriciere) Mattia Mottes provvide alla porta sul lato della strada" mentre "Giulio del Tbrso priore, seguendo l'esempio degli avi, da un lato all'altro lastricò questa chiesa - 1652 - con mattonelle che nel periodo dal 1814 al 1914 furono asportate per altri usi.
Di fronte a questi segni di esteriore maestosità e bellezza faceva contrasto la povertà dell'interno. La Confraternita, per le poche elemosine, si trovò, in diverse circostanze in difficoltà economiche tanto che, avendo impegnato ogni oggetto d'argento e perfino il calice della messa al Monte di Pietà, fece in data 29 marzo 1733 un'istanza al Consiglio Comunale per riavere il tutto in vista della festività di S. Gottardo, in antecedenza furono venduti anche i candelieri e altre suppellettili.
Nel 1735 il 10 settembre il visitatore ecclesiastico trovò che mancavano vari paramenti liturgici e capi rituali, ma sarebbero state necessarie 406 lire per provvederli "somma superiore ad un intera annua intrata di essa fraterna". Il consiglio comunale ad ogni domanda concedeva sussidi richiesti e sempre alla condizione di ultimo aiuto, che poi invece si rinnovava perché i bisogni non davano tregua. Infatti troviamo nel 1749 "il termine di un anno e mezzo attesa la povertà della chiesa" posto nelle visita pastorale per l'esecuzione di alcune riforme e nel 1805 la licenza data al parroco di S. Valentino di benedire solennemente la chiesa di S. Gottardo "resa in forma più decente per celebrare la s. messa e compiere di nuovo le sacre funzioni' '. E' l'ultimo ricordo. Con l'invasione Napoleonica fu soppressa la Confraternita, la chiesa di S. Gottardo con i beni annessi del lazzaretto e i terreni di pascolo fu occupata dalle truppe, che si accamparono e trasformarono la chiesa in polveriera, e per tale uso furono murati i cinque finestroni ad emiciclo (ora sono aperti solo tré) ed aperte feritoie strette ritrovate durante gli ultimi lavori di ripristino.

San Gottardo nel 1940

DA NAPOLEONE AL 1914
Dopo la caduta di Napoleone e la fuga dei Francesi, la proprietà dell'ente Chiesa di S. Gottardo, dal demanio francese passò alla Cassa di ammortizzazione austriaca che la posero all'asta.
L'atto notarile di vendita è del 7 maggio 1844 e chiama la "Chiesa' ', oratorio profanato.
L'asta avvenne il 31 luglio 1843 con il prezzo di austriache lire 2697,05. In seguito il Sig. Fabris dichiarò che l'acquirente era il Sig. Francesco del fu Giacomo Fiscal di Udine.
Questa proprietà in seguito passò ad Antivari, antica famiglia albanese. Una Antivari, Nina, figlia del popolarissimo Pietro, andò sposa a Giovanni Antonio Mauroner discendente da un'antica famiglia del Principato di Trento, il cui Padre sposò una contessuta Badini di Pordenone e venne ad abitare in Friuli nella villa di Tissano. La Nina Antivari Mauroner, portò in dote o ebbe in eredità il possesso dei terreni dell'ex chiesa di S. Gottardo; dal matrimonio nacquero due figli Adolfo e Giuliano, donatore quest'ultimo della Chiesa di S. Gottardo.
Nel 1895, 29 giugno, fece il suo ingresso come parroco delle Grazie Mons. Pietro Dell'Oste. Passati i primi mesi, i capi delle antiche famiglie di S. Gottardo ripresero il discorso dell'ex sacro edificio. Si fecero riunioni e si concluse di fare domanda al dott. Giuliano Mauroner per un atto donativo alla popolazione di S. Gottardo o nella peggior ipotesi d'un atto di acquisto a miti condizioni. Continuarono sedute e riunioni. I coloni, che periodicamente si recavano nella villa di Tissano, non lasciano perdere l'occasione di toccare l'argomento, tanto che il 28 agosto 1913 il dott. G. Mauroner scrisse: "Egregio sig. Pàrroco, alla mia prima ventua in Udine mi procurerò il piacere di venirla a conoscere per concretare insieme le modalità legali occorrenti per restituire la Chiesa di S. Gottardo al culto.
Con la maggior stima mi abbia suo dev.mo Giuliano Mauroner".
Che si poteva desiderare di più! E' un colpo della Provvidenza. Si iniziarono fra il Mauroner e il Dell'Oste contatti, corrispondenza, visite. Nelle due sedute plenarie del 14 e 28 settembre 1913 convennero 51 capi famiglia con il parroco: viene accettata l'offerta Mauroner con l'onere delle spese di restauro.
Il 23 ottobre si firma una convenzione con la quale il Sig. dott. Giuliano Mauroner volendo che l'ente già Chiesa di S. Gottardo sia ripristinata al culto nell'interesse della popolazione del suburbio di S. Gottardo di Udine, è venuto nella determinazione di cedere in perpetuo alla popolazione stessa l'edificio suddetto, nonché quella parte di terreno annesso.
Questa convenzione assumeva piena forma legale con l'atto notarile del dott. Carlo Zanolli fase. n. 8003, rep. n. 16750 del 16 aprile 1914.

I LAVORI DI RESTAURO
Per la parte materiale iniziarono con ansia febbrile il 27 gennaio e si conclusero il 20 giugno 1914. Furono cinque mesi di travaglio continuo e di crescente entusiasmo. Lavori eseguiti: ripassato il tetto, poste le grondaie, sostituite delle mensole e pezzi di catena delle capriate in larice, posta al vertice del tetto l'artistica croce in ferro battuto, chiusura del portone carraio, apertura di 3 lunette, nuovi intonaci, riparazione del cornicione, apertura delle porte e finestre, serramenti nuovi, due gradini che dividono la chiesa dal coro, pavimento in calcestruzzo e poi sopra alla Veneziana, riapertura delle due nicchie, demolizione e spianamento della superficie libera avanti la chiesa, formazioni di cunette sulla nuova linea della strada provinciale con la tubatura per lo scarico delle acque, siepe con 1300 piantine di ligustro ecc.... per una spesa complessiva di L. 16154,56. A tutte queste spese si devono aggiungere cariaggi,- gratuità per trasporto materiale, metri cubi 640, e ore lavorative gratuite n. 3562.


Il crollo del ponte sul torrente Torre nel 1938

IL CAMPANILE E LE CAMPANE
Nello stesso mese di giugno 1914, la popolazione acquista dalla fonderia De Poli un gustoso e squillante concerto di campane (fa-sol-la) del peso di K. 1.511,500 a L. 3 al K. quotandosi con atto formale scritto di offerte di L. 100-80-60-40. Le campane furono issate su un campanile costruito con travi di legno.
Le campane che ora ascoltiamo non sono quelle del 1914, perché queste, con ordine del 16 marzo 1918 dell'ufficiale germanico Lt.Sumdcke della Deutsche Vertretung, vennero il 27 marzo, mercoledì santo, prima di mezzogiorno, smontate e portate via. Fu uno schianto.
Il campanile attuale con le sua campane fu impegno ed opera del cappellano Umberto Bertoni.
Nel 1923 si inizia la raccolta di offerte, firma di cambiali, impegnativa di cariaggi
di ghiaia per la costruzione.
15.7.23 viene firmato il contratto con l'impresa Feruglio-Barbetti fino ad una altezza di m. 20. Al termine la spesa sarà di L. 22.096,17.
19.7.23 inizio dei lavori.
La cella campanaria viene eseguita dalla ditta Picco Antonio di Grions per una spesa finale di L. 21.918,40, più ghiaia ecc.
4.12.1924 ore 18,15 presso la ditta De Poli, in viale Palmanova, si fondono le campane. L'operazione dura 7 minuti.
17.12.24 collaudo della giusta intonazione delle campane da parte di don Giovanni Pigani (il quale aveva consigliato il concerto) e di Basciù Giovanni.
Peso delle campane Kg. 1.905. Costo alla popolazione L. 5.644, più 108,50 per varie e L. 1.355 per installazione. La variazione del prezzo è data dall'aumento del peso rispetto alle precedenti. Il peso delle precedenti fu pagato dal Commissariato dei danni di guerra di Treviso.
Immagini sulle campane: GR. Madonna del Rosario; ME. S. Valentino; PI. S. Gottardo.
Nomi: GR. Maria e Anna; ME. Antonio e Giulia; PI. Gottardo e Marcella.
Madrine: GR. Del Fabbro Anna, Moschioni Maria; ME. Buiatti Giulia, Franzolini Teresa, PI. Zilli Marcellina, Zilli Teresa.
Note, peso e diametro: GR. SOL', Kg. 876, cm. 114
ME. FA' ' , Kg. 603,5, cm. 102
PI. MI , Kg. 425,5, cm. 89
12.1.1925 Consacrazione delle campane in Arcivescovado
24.6.25 Le campane squillano in prova per la prima volta
28.6.25 Solenne inaugurazione delle campane con messa solenne celebrata da Mons. Dell'Oste con il coro di Vergnacco. Gli striscioni portavano la seguente scritta "L'armonioso concerto di questi sacri bronzi canta la letizia del popolo di S. Gottardo, che questo tempio, generosamente restaurato dal Rev.mo Mons. Pietro Dell'Oste, vede oggi da bella torre adornato indizio certo di fede e concordia nel meriggio di questo anno giubilare 1925".