6 MILA IMMIGRATI CATTOLICI IN DIOCESI
(V.Z. -
La Vita Cattolica del 30 Maggio 2018)
UNA MOLTITUDINE di colori, un miscuglio di lingue e
di tradizioni diverse, si incroceranno, domenica 3
giugno a Udine, per celebrare la 5ª «Giornata
diocesana dei cattolici immigrati», scandita dallo
slogan «tutti fratelli sotto il manto di Maria
nostra Madre». Ad aprire l’appuntamento di festa
sarà la solenne Eucarestia nella solennità del
Corpus Domini. Le varie comunità di immigrati – ben
36 quelle presenti in diocesi – si raccoglieranno
alle ore 10.30 in Cattedrale, attorno
all’Arcivescovo mons. Andrea Bruno Mazzocato.
Ghanesi, ivoriani, ucraini, indiani…
vestiti a festa nei loro costumi tradizionali e in
preghiera, l’uno accanto all’altro, si alterneranno
nelle letture, nei canti, nelle invocazioni 6 mila
cattolici. Chi sono gli immigrati che vivono fianco
a fianco a noi nei nostri paesi? Da dove provengono
e quanto sono integrati nelle nostre comunità?
Innanzitutto un dato: gli stranieri, in diocesi,
sono poco meno di 40 mila, di cui circa 6 mila i
cattolici. «C’è una tendenza ad un leggero calo –
riferisce Claudio Malacarne, della Commissione
diocesana Migrantes –. Molti, evidentemente, hanno
accusato il peso della crisi economica e si sono
spostati in altre regioni e paesi o sono addirittura
rientrati nei propri paesi d’origine». Un Friuli che
sa integrare. Altro dato interessante, e più o meno
intenzionalmente ignorato: «Sulla base degli
indicatori ufficiali – lavoro, scuola, casa ecc.. –
la nostra regione è tra quelle a più alto indice di
integrazione – continua Malacarne –, una delle
regioni più accoglienti. E questa sua caratteristica
si rinnova di anno in anno a partire dagli albori
del fenomeno migratorio massivo (anni ‘90 del secolo
scorso)». È evidente, che al di là dei numeri non si
può dire che ci sia un’apertura da parte di tutti,
anche perché il megafono sui problemi della
sicurezza minacciata dai migranti è sempre acceso.
«Tuttavia in gran parte delle nostre realtà sociali
ed ecclesiali l’integrazione è buona. E la Chiesa,
in questo, ha un ruolo non indifferente».
Africani e ucraini i più numerosi. In
numeri assoluti, sommando tutte le nazionalità, le
presenze più numerose di immigrati sul territorio
sono quelle degli africani. A seguire ci sono gli
est europei, soprattutto ucraini, polacchi, albanesi
e rumeni. Tra questi ultimi c’è una grande
componente ortodossa. Sono inoltre una presenza
consistente, sebbene non organizzata, gli immigrati
provenienti dall’America Latina. Meno numerosi, ma
comunque presenti, i filippini, e c’è anche una
piccola presenza di indiani.
Le celebrazioni nei quartieri Li
incontriamo in parrocchia, a Messa, ma le varie
comunità etniche hanno anche dei riferimenti propri
a Udine dove celebrano nella loro lingua madre.
Lecomunità africane, principalmente nigeriani e
ghanesi (ma vi sono anche eritrei) fanno riferimento
alla chiesa di San Pio X, in via Mistruzzi, dove
celebrano la Messa ogni domenica. Sono una presenza
stabile, e con un proprio sacerdote di riferimento
(per la comunità ghanese il sacerdote è il direttore
dell’Ufficio Migrantes, don Charles Maanu). Gli
ivoriani si incontrano nella parrocchia di San
Gottardo. Gli ucraini nella chiesa di S. Pietro
martire, in via Paolo Sarpi. I polacchi, meno
numerosi, celebrano regolarmente nella chiesa di San
Bernardino da Siena, in via Ellero. I rumeni, nella
loro componente cattolica di rito bizantino, nella
chiesa di San Cristoforo, gli albanesi nella
parrocchia di Gesù Buon Pastore, in via Riccardo Di
Giusto. Questi ultimi sono molto integrati e tra le
comunità etniche cattoliche presenti in Friuli sono
gli unici ad avere un sacerdote di riferimento
italiano: padre Giuseppe Marano. I filippini si
incontrano presso l’istituto delle Suore della
Provvidenza, in via Scrosoppi, una volta al mese.
Infine gli immigrati provenienti dall’America
Latina, sia di lingua portoghese che spagnola, hanno
come punto di riferimento la cappella dei Saveriani
in via Monte san Michele e celebrano una volta al
mese. Qui si trovano anche tutti gli altri cattolici
che non hanno una vera e propria comunità di
riferimento, poiché i Saveriani celebrano tre messe
in tre diverse domeniche, in spagnolo, portoghese e
inglese.
Il corteo e la riflessione Dopo la messa,
domenica 3 giugno le comunità dei migranti con
bandiere e costumi tradizionali formeranno un
festoso e colorato corteo al ritmo di canti e
tamburi, che attraverserà la città e raggiungerà la
Fondazione Renati in via Tomadini. Qui si vivrà un
momento di riflessione che prenderà le mosse dalla
vita esemplare di Santa Giuseppina Bakhita, la prima
immigrata proclamata santa, raccontata da due sue
consorelle religiose canossiane del convento di
Schio (Vi) nel quale è a lungo vissuta e dove ora
riposa.
In chiusura, prima del
pranzo in comune, una testimonianza sulla tratta di
esseri umani a cura della Caritas diocesana. «La
moderna forma di schiavitù della tratta di esseri
umani è strettamente connessa al tema delle
migrazioni internazionali – commenta il direttore
dell’Ufficio Migrantes, don Charles Maanu –: uno dei
crimini in più rapido aumento nel mondo e una delle
forme peggiori di violazione dei diritti umani,
poiché riduce le persone a merci e perché viola in
maniera profonda e duratura la dignità, l’integrità
e i diritti della vittima, coinvolgendo intere
famiglie e comunità, sfruttando volutamente
situazioni di vulnerabilità come la povertà o
l’isolamento».