Avasinis di
Trasaghis (UD),
2 Maggio 2018
Chiesa
Parrocchiale e Monumento ai Martiri del 2 Maggio 1945
...il nostro
precedente servizio del
2 Maggio 2016...
Santa Messa e
Commemorazione Civile
nel 73° Anniversario
dell'Eccidio
...avvicinamento del corteo proveniente dal Centro Sociale...
...posizionamento di gonfaloni e labari all'interno della
chiesa parrocchiale...
...il benvenuto del
celebrante don Giordano Simeoni...
...leturis par furlan...
...Don Giordano
all'omelia...
PREGHIERE DEI FEDELI
CANTO
...dopo la benedizione e il canto finale...
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...la
commemorazione è proseguita nel vicino Cimitero Monumentale "Martiri
2 Maggio 1945"...
...con la posa
delle corone d'alloro...
...e gli interenti di Augusto Picco Sindaco di Trasaghis ;
Adriana Geretti dell'Associazione Nazionale Vittime Civili
di Guerra; l'intensa commossa Orazione ufficiale di Lorenzo Cozianin (con la lettura dei nomi, cognomi ed età di tutte
le 51 vittime dell'orrendo eccidio), che merita essere
proposta nella sua interezza anche se la qualità audio non è
eccelsa...
...un'ultima
panoramica...
...ed uno scatto conclusivo prima di concludere il servizio...
L'eccidio
di Avasinis nella ricostruzione di Diego Carpenedo
(Tratto da:
http://www.nn-media.eu/)
L'eccidio di Avasinis costò la vita a 51 persone,
per lo più donne, bambini e vecchi, e fu il classico
colpo di coda della guerra; avvenne, infatti, il 2
maggio 1945, data nella quale, secondo gli accordi
stipulati per le truppe tedesche in Italia, doveva
entrare in vigore il "cessate il fuoco". La strage
fu opera di un reparto delle SS che si ritirava
percorrendo la strada statale 13, la "nazionale"
come si diceva allora, diretto in Austria.
"La fine si avvicinava
con grandi passi, ma come si sarebbe fatto in zona?
C'erano Cosacchi, Tedeschi e Partigiani e non si
pensava che ciascuno sarebbe andato per conto suo a
casa sua al momento opportuno. C'erano troppi conti
da saldare" scrisse sul suo diario don Francesco
Zossi, il parroco di Avasinis.
La strada statale,
intasata per l'afflusso eccessivo e disordinato dei
mezzi di trasporto dei tedeschi in ritirata, fu sede
di attacchi dei partigiani. Altre azioni partigiane
si diressero contro i reparti dei cosacchi di stanza
a Trasaghis. Ma si trattò di ordinaria
amministrazione, se così si può dire, di scaramucce
che non spiegano l'assalto portato al paese di
Avasinis da un reparto delle SS proveniente da
Gemona, che giunse a Trasaghis nel pomeriggio del 1
° maggio e che il giorno successivo si diresse verso
Avasinis. Un gruppo di partigiani tentò di sbarrare
la strada ma fu rapidamente messo in fuga dai mortai
e dalle mitragliatrici pesanti di cui disponeva il
reparto. I tedeschi, appena giunti in paese, si
sparsero per le vie e iniziarono la perquisizione ed
il saccheggio delle case uccidendone gli occupanti,
donne o bambini o anziani inermi che fossero,
apparentemente senza una logica preordinata. Alle
volte uccisero tutti gli occupanti di una casa, alle
volte una sola persona, secondo il capriccio o,
meglio la bestialità e la ferocia di ogni singolo
soldato. Anche la canonica seguì la sorte comune. Il
sergente che comandava la squadra ne aprì il
cancello con un calcio e, dopo aver rivolto al
parroco che gli andava incontro frasi sconnesse, che
comunque rivelavano l'intenzione di uccidere tutti
gli abitanti di Avasinis perché partigiani, ordinò
ad un soldato che lo accompagnava di sparare a don
Zossi. "Alzai la mano per pregarlo....il soldato
sparò e mi colpì la mano che avevo alzato
all'altezza della testa. Per lo spavento caddi a
terra svenuto come un morto" (dal diario del
parroco).
Pose fine alla strage un
ufficiale, con un ordine secco prontamente eseguito.
Le SS trasportarono una parte dei cadaveri fuori del
paese, nelle rogge del "Bearz", ancora una volta
senza una logica apparente perché la maggior parte
delle vittime venne lasciata nelle case e nelle
strade di Avasinis. Poi, finalmente, se n'andarono.
Senza una logica apparente, così come l'intera
vicenda per la quale appare verosimile un'unica
spiegazione: la volontà di trasmettere un messaggio
sinistro e minaccioso, in grado di far comprendere
che non sarebbe stato tollerato il minimo intralcio
ai movimenti delle SS in ritirata verso l'Austria.
Se questa fu
l'intenzione, bisogna dire che il messaggio fu
compreso. Tre giorni più tardi, il 5 maggio 1945,
una colonna di 500 SS, comprendente gli autori della
strage di Avasinis, uscì da Tolmezzo diretta verso
il passo di M. Croce Carnico indisturbata e risalì
la valle del But senza incontrare il minimo
ostacolo.
Dell'eccidio è stata data
anche una spiegazione diversa. Una spiegazione che
ha a che fare con il presidio dei cosacchi di
Avasinis che, il 29 aprile, si arresero ai
partigiani con la promessa di aver salva la vita e
che furono portati in montagna, nelle malghe che
stanno sopra il paese. Gli sventurati, circa ottanta
uomini, non ebbero la stessa fortuna che toccò ai
loro connazionali catturati dai partigiani della Val
Pesarina, che custodirono i prigionieri senza
violenze (nonostante la preoccupazione di un
possibile intervento dei reparti cosacchi che da
Villasantina si stavano dirigendo verso Paluzza ed
il passo di M. Croce Carnico) e poi li consegnarono
agli Alleati in quel di Tolmezzo. Furono tutti uccisi nei
primi giorni di maggio del 1945, dopo i fatti di Avasinis e non prima, e quindi non regge la tesi che
vuole la strage di Avasinis conseguenza di quella
dei cosacchi; è vera la proposizione inversa.
Regge, invece, il ragionamento
che don Zossi annotò sul suo diario: "C'è
l'attenuante dell'esasperazione per tanto sangue,
lutti e rovine... ma come rimproverare agli altri se
poi ci si è comportati così male. La vendetta è
propria di un animo cattivo, il perdono di Dio".
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