Cargnacco di Pozzuolo (UD), 21 Gennaio 2017
Piazza Don Carlo Caneva e Chiesa Madonna del Conforto

Pensiamo sia inutile inserire ulteriori informazioni sul Tempio di Cargnacco,
dato che sono ampiamente riportati in rete, compresi i nostri precedenti servizi del
26 Gennaio 2003 - 28 Gennaio 2007 - 22 Ottobre 2011


...alle 10:30 tutto era pronto per l'inizio...



...ingresso della Fanfara della Brigata Alpina Julia...
 

...seguita da un picchetto di Artiglieria di Montagna (si notavano anche graziosi volti femminili)
e 12 coppie formate da alpini in armi e in congedo che andranno a presidiare i cippi
posti ai due lati del piazzale per poi depositare un omaggio floreale...


...panoramica in attesa del corteo con medaglieri, gagliardetti e labari lungo via Nicolò Paganini...

...che qui avviciniamo con una zoomata 50x...




...è seguito l'ingresso dei labari dei vari rappresentanti d'Arma, delle Sezioni ANA ed i gagliardetti dei Gruppi Alpini...
...i Medaglieri dell'ANA Nazionale e dell'ARMIR, i gonfaloni della Provincia e della Città di Udine, del Comune di Pozzuolo del Friuli...

...ed infine l'alzabandiera...


INNO


...un ultimo sguardo sul piazzale Don Carlo Caneva prima di entrare in chiesa, l'ampio spazio delimitato dai 12 cippi eretti a ricordo delle 10 Divisioni impegnate sul Fronte Russo, dell’Aeronautica e della Flottiglia MAX nonché della M.V.S.N. Tutte le sere alle 19,15 dodici lenti rintocchi, tanti quanti sono i cippi eretti ai lati del piazzale, ricordano i Caduti della campagna di Russia...

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...all'interno del Tempio è proseguita la cerimonia laica...


...che qui vediamo in una visione allargata...


...con i primi interventi di autorità civili e militari e la consegna di vari riconoscimenti...

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Santa Messa in onore del Caduti nel 75° della Battaglia di Nikolajewka
presieduta dal vescovo emerito di Adria-Rovigo, Monsignor Lucio Soravito de Franceschi
accompagnata dal Coro ANA di Codroipo


         
CANTO E PREGHIERE DI APERTURA


...per ragioni di spazio tralasciamo le Letture e passiamo direttamente all'omelia di Mons. Lucio Soravito...


...durante la quale abbiamo spaziato lungo la navata da una angolatura...


...e da una seconda angolatura, dove nel primo banco siede un giovane con il capello d'alpino del nonno
Fiorenzo Magro,
Paola Del Din, medaglia d'oro al Valor militare della Resistenza e l'unico reduce presente Umberto Cicigoi di Drenchia...


...dalla liturgia eucaristica al Padre Nostro...


CANTO DI COMUNIONE


       
PREGHIERA DEL DISPERSO E BENEDIZIONE DI FINE MESSA


...la cerimonia si è conclusa con i celebranti, il coro e le autorità scesi nella cripta del Tempio, per la deposizione di una corona d'alloro al Sacello del Milite Ignoto ed un omaggio floreale alla tomba di Don Carlo Caneva, da dove arrivavano gli echi dei canti, suoni e preghiere...

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...alcuni elementi del Coro ANA di Codroipo che ha accompagnato la cerimonia...

          A Cargnacco la festa della pace
(Giacomina Pellizzari - Messaggero Veneto del 22 Gennaio 2018)

            «La commemorazione della battaglia di Nikolajewka diventi una festa di pace per tutte le armi e le nazioni con le quali eravamo alleati o in guerra». Questo non è un auspicio, è un invito che il presidente nazionale dell'Unirr (Unione nazionale italiana reduci di Russia), Francesco Maria Cusaro, ha rivolto all'Ana, dal tempio di Cargnacco, «il più importante della storia militare italiana». In quel luogo dove riposano 9 mila caduti in Russia va approfondita una pagina di storia difficile perché - sono sempre le parole di Cusaro - «siamo andati a invadere con i nazisti un Paese. Oggi abbiamo il dovere di dare un senso a quel sacrifìcio, quella storia deve diventare un messaggio di pace».
          Alle 9.30, nel piazzale dedicato a don Carlo Caneva. il parroco che quel tempio l'ha voluto, come ogni anno, si sono dati appuntamento i parenti dei reduci di Russia. Figli, nipoti e pronipoti hanno reso omaggio a chi ha servito la Patria combattendo con le armi spuntate e 45 gradi sotto lo zero, una guerra assurda. E proprio perché a Cargnacco non si può mancare, anche ieri, hanno sfilato labari e medaglieri, alpini in armi e in congedo accompagnati dalla Fanfara della Julia. Tutto questo mentre lo speaker ripeteva: «Abbiamo il dovere di mantenere vivo il ricordo di questi nostri sfortunati fratelli, tutto questo sia segno di riconoscenza e anche di monito affinché quegli orrori non abbiano più a ripetersi». Dietro ai 9 mila nomi scolpiti nella cripta c'è una storia di sofferenza che i giovani di oggi devono conoscere. Il sindaco di Pozzuolo, Nicola Turello, l'ha auspicato ricordando che, nel settantacinquesimo anniversario di Nikolajewka, è stato riaperto il museo della ritirata dalla Russia. Tra le immagini delle sofferenze, gli allievi dell'istituto comprensivo di Pozzuolo hanno letto le lettere dei reduci, dei caduti e dei dispersi conservate dai parenti. Anche il prefetto, Vittorio Zappalorto, ha letto le parole che gli aveva affidato Guido Coos di Tarcento, uno dei pochissimi reduci di Russia ancora in vita, vice presidente della sezione friulana dell'Unirr, decorato al Valor militare e Cavaliere al merito.
         Nel tempio l'emozione dei presenti si toccava con mano, il pensiero di tutti andava a quei ragazzi morti nella steppa in condizioni disumane. Un unico testimone ha potuto seguire la cerimonia, si tratta di Umberto Cicigoi di Drenchia. Altri avrebbero voluto esserci, tra questi Guido Coos e Gregorio Bigattin, Bruno per tutti, di Aquileia, ma gli acciacchi dell'età non glielo hanno consentito. Al fianco di Cicigoi, Paola Del Din, medaglia d'oro al Valor militare della Resistenza e Filippo, il giovane con il cappello d'alpino del nonno, Fiorenzo Magro. Nel tempio gremito di gente, il pensiero del vescovo emerito di Adria-Rovigo, Lucio Soravito de Franceschi, è volato verso coloro che, nel secolo scorso, «hanno dovuto soffrire due grandi guerre, verso coloro che hanno dato la vita per la Patria. Penso - ha aggiunto il vescovo emerito - agli eventi drammatici vissuti sui nostri monti, al numero sterminato di soldati che hanno perso la vita in Grecia, in Albania e nella campagna di Russia: penso a coloro che si sono sacrificati per darci la democrazia». Il vescovo ha invitato a non dimenticare i contingenti di pace «impegnati come forza multinazionale a portare e a tenere la pace nei Balcani, in Afghanistan e in altri Paesi segnati dagli odi interetnici. Soldati che non hanno paura di mettere a repentaglio la loro vita fino al punto di perderla». E se ricordare è un dovere perché «un popolo senza memoria è un popolo senza speranza», don de Franceschi ha indicato la via per promuovere la pace. «Abbiamo  bisogno  di amicizie schiette, di fraternità generosa, di aiuto vicendevole», ha aggiunto nell'avvertire che «i pericoli più grandi sono la perdita di senso di appartenenza, la disgregazione del tessuto sociale a causa della diffusione della cultura individualistica, della mobilità della popolazione, del suo invecchiamento e dell'isolamento di chi non riesce a stare al passo con i tempi». Da qui l'invito a «promuovere rapporti di buon vicinato, di accoglienza reciproca e di solidarietà. Ciascuno prenda parte alla comunità e giochi la sua parte».
          Tutti gli appelli sono andati in un'unica direzione: ricordare, conoscere e promuovere la pace. Anche perché, come recita la targa esposta nel museo del tempio «se l'uomo non finisce di fare la guerra, sarà la guerra a finire l'uomo». Anche il vice presidente della Regione, Sergio Bolzonello, ha definito Nikolajewka «il simbolo di una folle guerra scatenata in nome di un ideale distorto che ha ucciso migliaia di italiani». La cerimonia si è conclusa con la deposizione della corona nella cripta e il "Signore delle cime" intonato dal coro Ana diretto da Massimiliano  Golin.

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