Il poeta della Chiesa friulana
(Anna Piuzzi
- La Vita Cattolica)
INSTANCABILE
cantore del nostro Friuli, don
Domenico Zannier sarà festeggiato domenica 10 luglio
con la Santa Messa delle 11.15, nella sua Majano, in
occasione del 60° anniversario di ordinazione
sacerdotale che verrà ricordato anche a Casasola,
frazione di Majano e paese natio della madre,
venerdì 8 alle 19 in chiesa.
Nato a Pontebba nel 1930,
don Zannier fu ordinato sacerdote l’8 luglio del
1956. Cooperatore parrocchiale a Sutrio fino al
settembre del 1958, fu poi cappellano a Pradamano
(fino al settembre ’59) e in seguito a Pocenia e a
Castions di Strada, fino al 1960, per poi diventare
parroco di Lusevera, comunità che ha guidato fino al
1972. Successivamente insegnante di scuola media è
rientrato nella sua Majano, a Casasola.
Raccontare pre Meni
Zannier non è impresa semplice perché figura
poliedrica, uomo di cultura a tutto tondo: non solo
sacerdote e insegnante, ma anche poeta e scrittore,
traduttore e giornalista pubblicista – ha diretto
«la Vita Cattolica» nei tempi del terremoto, dal
1975 al 1976 –, critico d’arte. La sua attività
letteraria è cominciata in giovane età,
raggiungendo, passo dopo passo, vertici consistenti,
tanto da ottenere innumerevoli premi e
riconoscimenti nazionali ed internazionali: dal
premio «Nadâl Furlan» del 1979, per i valori di
civiltà cristiana espressi nella sue opere, passando
per il «Premio della Cultura » della Presidenza del
Consiglio dei Ministri e il «Premio Campidoglio
d’Oro» della Internazionale Burkhardt Akademie, per
citarne solo alcuni. Ma soprattutto, nel 1986, è
stato candidato al Nobel per la Letteratura
dall’Università di Salisburgo e dall’Università di
Innsbruck.
Il suo primo lavoro – un
sonetto dedicato alla Madonna – a 16 anni, di lì
liriche in italiano, abbozzi in francese e in
inglese. I primi versi in friulano sono del 1949, ma
la vera svolta verso la marilenghe inizia nei primi
anni Cinquanta e giunge attraverso la consapevolezza
di appartenere all’area linguistica ladina. Prende
così corpo la ferrea volontà di valorizzazione
dell’identità friulana che si traduce in concreto
anche nella fondazione della «Scuele Libare Furlane»
un’istituzione che dal 1952 al 1975 ha operato in
Friuli tra i ragazzi e i giovani. Figlio dunque del
Friuli di cui ha sempre rivendicato l’identità e
l’autonomia politico-amministrativa, ma con un
orizzonte ampio e lo sguardo aperto al mondo,
diventando fautore dei diritti delle minoranze
linguistiche. Nei poemi di don Zannier si ripercorre
il cammino del Friuli e dell’Europa, attraverso i
loro contenuti umani, civili e religiosi,
«richiamando il passato come fonte di
conciliazione», sottolinea, e rifiutando «la memoria
quale alimento di rivendicazione e di odio». Un
impegno mai sopito e che anzi nell’ultimo anno si è
rafforzato di fronte alla riforma degli enti locali,
don Zannier, infatti, ha fatto sentire la sua voce –
anche su queste pagine – denunciando il rischio
della «rovina del Friuli» a causa della «lacerazione
prodotta dall’introduzione delle Uti».
Tra le sue tante opere
vale la pena evidenziare la quadrilogia dei poemi
pubblicati nel volume unico «I dîs dai Ciclamins».
«L’Ancure te Natisse», e «I Dumblis Patriarcâi» con
la quale ha dato alla letteratura ladina friulana il
più vasto ciclo epico-narrativo. Una seconda
quadrilogia comprende i poemi «Crist Padan», «Anilusi»
(poema indiano), «Flôr Pelegrin» e «Colomps di
Etrurie». Il suo ultimo lavoro è «Cjavêi di Lûs» che
raccoglie dodicimila versi composti in oltre tre
anni, come ha spiegato mons. Nicola Borgo: «Un
taccuino di viaggio, un diario di pensieri poetici,
di meditazioni sul sé e sull’attualità e sui momenti
che pre Meni Zannier ha vissuto e vive. Una
consacrazione allo spirito e alla bellezza che
nasconde, in un antologico mosaico di tanti temi, un
compendio del sapere umano».