"Madone di Mont" di Buenos Aires
Prendiamo
l'occasione della presenza in Friuli di don Claudio Snidero, il
sacerdote originario di S.Andrat del Judrio (Corno di Rosazzo), per
parlare del Santuario di "Madone di Mont", voluto e fondato da don
Carisio Pizzoni di Orsaria. Don Claudio sta continuando il lavoro
iniziato da don Carisio, per aiutare le comunità più bisognose in quelle
lontane terre, dove la presenza di persone di origine friulana è
consistente. (Riportiamo il testo tratto da un bollettino in lingua
originale di quella parrocchia, gentilmente tradotto da Clelia Codarin
Gloazzo)
STORIA
La Madonna di Castelmonte si venera sin dal V secolo in una
regione d’Italia chiamata Friuli, sul monte che in quel tempo era una
fortezza di difesa contro le invasioni dei barbari, da cui il nome "Castelmonte"
come dire "Castello del Monte". Già in quel tempo esisteva in quel luogo
un tempio dedicato alla Vergine e molti pellegrini accorrevano a
visitarlo per chiedere grazie.
Per un segno misterioso di Dio, che guida le menti degli uomini, un
giorno quell’immagine è arrivata a Pablo Podestà.
Così è cominciata la storia: nel novembre del 1963 giunsero a Manzanares,
nella Villa Bosch, due sacerdoti friulani: P. Alberto Cimbalo e P.
Carisio Pizzoni. Attorno a loro si raggruppò la comunità friulana, che
per l’amicizia che sentivano verso i due religiosi, pensarono di
costruire qualcosa che ricordasse la loro terra di origine. Così è nata
l’idea di dedicare una festa alla Vergine tanto amata ed in seguito
quella di costruirle un tempio.
Nel 1969 iniziano i lavori che termineranno solo sei anni dopo. La
costruzione fu realizzata su progetto dei fratelli Pasian. Nel novembre
del 1970 arriva la bella e cara immagine: la "Vergine Morena" dalla
lontana Italia. Fu collocata provvisoriamente nella chiesa appena
terminata e benedetta dal Vescovo di San Martìn mons. Manuel Menèndez.
Nel novembre del 1979 la "Unione Friulana Castelmonte" dona il Tempio
alla Diocesi che istituisce la Parrocchia "Vergine della Montagna" il
cui nome si modificherà nel 1989 in "Nostra Signora di Castelmonte"; il
primo parroco è Padre Carisio Pizzoni. Il 28 settembre 1980
l’Arcivescovo di Udine, mons. Alfredo Battisti, consacra solennemente il
Santuario.
Nel novembre del 1983, alla presenza di migliaia di pellegrini e di
mons. Emilio Pizzoni, Vescovo ausiliare di Udine, vengono collocate le
tre campane sul campanile recentemente costruito.
UNIONE FRIULANA
Dal marzo 1965 l’Istituzione "Unione Friulana Castelmonte" diventa
ente di Bene Pubblico con finalità religiose, culturali e ricreative, al
servizio dei soci che alla fine del 1970 sono già più di 2000.
La principale finalità è stata quella di realizzare il Santuario e
offrire agli emigrati friulani un luogo dove sentirsi come a casa
propria, con la presenza fedele di Lei, la Vergine che attraversò
l’oceano con loro. Così vicino al Tempio è sorto anche una sala
d’incontri (come si vede nella foto) e un Fogolâr, simbolo della
famiglia. In questi luoghi si realizzano gli incontri più importanti,
come la festa dell’anniversario dell’istituzione, la festa del vino e la
festa della Vergine.
CENTRO EDUCATIVO CASTELMONTE
Il 18 marzo 1990 si inaugurarono i locali del "Centro Educativo
Castelmonte" alla presenza del vescovo Ausiliare di Udine Mons. Pietro
Brollo.
Questa prima tappa dell’opera educativa, che è il frutto della
generosità del Friuli, è al servizio della comunità di Pablo Podestà. I
suoi locali si utilizzano per lo svolgimento di corsi di formazione
professionale realizzati dal CONET.
Attualmente si tengono corsi per: elettricisti, parrucchieri e di
contabilità. Inoltre, si tengono incontri di catechismo, culturali e
ricreativi.
Indirizzo:
Pte. J. D. Peròn n. 8179
1657 Pablo Podestà - Buenos Aires
Principali festeggiamenti
Terza domenica di Marzo : Anniversario dell’Unione Friulana
Castelmonte
Terza domenica di luglio : Festa del vino
Terza domenica di Novembre: Festa patronale.
Don Carisio Pizzoni
(Da un giornale dell'epoca)
Don
Carisio Pizzoni era nato ad Orsaria. Ordinato sacerdote nel 1960, servì
per tre anni pastoralmente come cooperatore la comunità di Nimis (Ud), e
quindi accolse l'invito dell'arcivescovo di Udine mons. Zaffonato a
partire per l'Argentina per essere missionario tra gli emigrati
friulani.
La mamma cercò di
dissuaderlo, temendo di non rivederlo più. Ma il papà disse: «È
sacerdote, deve seguire il suo desiderio e perciò vada. Non dipende da
noi, ma dai suoi superiori». E con la benedizione dei genitori don
Carisio partì. Era da pochi giorni rientrato nel suo Friuli per trovare
la mamma ammalata e per trascorre qualche settimana di riposo. Ma
proprio accanto alla mamma, dopo aver celebrato la S. Messa, per un
improvviso malore, don Carisio lasciava per sempre la terra, per entrare
nella casa di Dio. Era il 19 giugno 1983.
Arrivò
in Argentina a Buenos Aires, e con un impegno di pioniere diede vita a
tre parrocchie; e ultima quella di Villa Bosch, nella diocesi di San
Martin. Vent'anni di lavoro sacerdotale ininterrotto, fedele al Vangelo
e sensibile ai problemi di tutti, specie degli emigranti e dei poveri.
Per creare un più
profondo legame con il Friuli, volle una celebrazione annuale in onore
della Madonna, sotto il titolo di «Madone di Mont» e istituì l'«Unione
Friulana Castelmonte». Ma l'amore alla Madonna di Castelmonte lo spinse
fino a volerle costruire anche un santuario, che portasse lo stesso
titolo.
Aiutato dalla amicizia
e collaborazione dei Frati Cappuccini di Castelmonte e di tanti
friulani, don Carisio riuscì ad avere una immagine della nostra «Madonna
viva». La statua, benedetta da mons. Zaffonato il 4 ottobre 1970 a
Castelmonte, fu consegnata dallo zio di don Carisio, mons. Emilio
Pizzoni, al nuovo santuario in costruzione a Pablo Podestà. Qualche anno
dopo, mons. Alfredo Battisti consacrava la nuova chiesa e don Carisio ne
diventava il primo custode.
Ora era in attesa delle campane, arrivate proprio in questi giorni. Il
primo suono sarà per don Carisio, che dopo aver dato tutto per gli
amici, resterà segno di speranza e di risurrezione.
Al suo funerale era rappresentato tutto il Friuli. Apriva il corteo una
grande corona con una scritta:
«Associazione Friulana Madone di Mont»: erano i suoi emigranti!
Don Carisio con i genitori
a Orsaria, il giorno della sua Prima Messa
Dietro di lui si intravede suo zio, mons Emilio Pizzoni, allora vescovo di Terracina
Lettere al
Direttore
(Da un giornale dell'epoca)
Egregio
direttore, ho appreso con profondo dolore, dal suo giornale, la
notizia dell'improvvisa morte del sacerdote don Carisio Pizzoni,
avvenuta l'altra domenica nell'abitazione della mamma a Orsaria.
Il fatto che don Pizzoni sia spirato a casa sua, dopo il rientro
dall'Argentina per alcuni giorni di vacanza, ha destato una grande
impressione specialmente tra gli ex emigrati friulani. Da una
parte si può pensare a una «grazia», il morire nel paese natio;
dall'altra è da meditare al dolore che si lascia in seno alla
famiglia lontana. Don Pizzoni veniva ogni tanto in Friuli, ma
quando si assentava, lasciava un gran vuoto nella sua famiglia: il
santuario-parrocchia di Madone di Mont a Buenos Aires.
Le scrivo, signor direttore, per far conoscere ai friulani quanto
questo nostro fratello era amato e stimato in Argentina, veramente
da tutti, specialmente dalla gente più umile, da quella più
povera. Due anni orsono, una domenica, mentre mi trovavo a Buenos
Aires, volli recarmi al santuario di Madone di Mont ove assistetti
alla messa celebrata da don Pizzoni. La chiesa era affollatissima,
c'era addirittura un altoparlante all'esterno perché tante persone
sono spesso anche fuori. Ebbene, la mia grande meraviglia fu
quando, dopo il rito, indossando ancora i paramenti sacri, il
sacerdote friulano si recò sul pronao del santuario, dove tutti lo
circondarono.
Fu in quel momento che lo conobbi in quanto, tra tanti suoi
parrocchiani argentini, notò subito un gruppo che immediatamente
intuì fossero emigrati e ai quali si avvicinò. Seppi cosi che tale
scena si ripeteva ogni domenica, dopo tutte le messe che doveva
celebrare perché era solo.
Don Pizzoni aiutava in modo miracoloso i suoi poveri e quanti
ricorrevano a lui, ma era anche un vero e proprio sostegno morale
per i nostri emigrati friulani che, da ogni parte dell'immensa
vastità del suolo argentino, si recano al santuario di Madone di
Mont con lo spirito nostalgico del ricordo del nostro antico
santuario friulano.
Don Pizzoni era impegnatissimo, pertanto, continuamente, ma si
dedicava al suo ministero con amore ineguagliabile, con dedizione
esemplare. Penso ora ai suoi parrocchiani, a quella sua famiglia
lontana lasciata Orfana, a tanti emigrati ai quali non potrà dare
più conforto.
Mentre mi trovavo con lui, in quel giorno indimenticabile, vidi
vicino a noi un ragazzo, che poi seppi essere un colombiano,
piangere perché non poteva parlare con il parroco; ebbene, don
Pizzoni lo prese in braccio, ma le scarpe infangate del piccolo
imbrattarono la sua bianca pianeta.
Mentre uno di noi si accingeva a pulirgliela, ci disse: «Lasiciate,
lasciate pure, tanto anche questo fa parte del mio ministero».
Seppi, inoltre, da alcuni abitanti di quella parrocchia, che pure
durante tutta la settimana non aveva un minuto di pace, continuava
a dedicarsi a tutti: correva a cercare posti di lavoro, si
prodigava in ogni modo, insomma per aiutare gli altri.
Ora riposa nella sua terra natia, ma il suo spirito è là, a Madone
di Mont, in Argentina dove i bambini, con le scarpe sporche di
fango, lo attenderanno invano sui gradini della chiesa.
La ringrazio e la saluto, Renzo Flaibani |
Don Claudio Snidero
Don Claudio Snidero,
originario di San Andrat del Judrio (Corno di Rosazzo)...
... continuando l'opera
iniziata da don Carisio, e nell'ambito del centro parrocchiale "Madone
di Mont"...
... ha creato un nuovo
centro parrocchiale "Comunità di Santa Rosa di Lima"
e con l'aiuto di un gruppo di volontari ha attivato "Villa della
Speranza"...
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|
...una mensa dove viene
servito il pranzo ad un centinaio di bambini del Bario.
|
INTERVISTA A DON CLAUDIO SNIDERO
PARROCO AL SANTUARIO DI CASTELMONTA A
SAN MARTIN (ARGENTINA)
(La Vita Cattolica - Sabato 4
ottobre 2003 -
www.lavitacattolica.it)
Don Claudio
Snidero, sacerdote friulano, è dall'85 missionario «fidei donum»
nella parrocchia del santuario dedicata alla Madonna di
Castelmonte in Argentina. Il servizio che egli presta rientra
nella collaborazione e appoggio che l'arcidiocesi di Udine ha
deciso di offrire, fin dal 1961, alla diocesi argentina di S.
Martin, una realtà ecclesiale che, per il forte aumento
demografico dovuto soprattutto ad un'intensa immigrazione (di
italiani, friulani e latinoamericani dei Paesi limitrofi) si è
trovata di fronte a nuovi problemi pastorali senza poter
disporre di un adeguato numero di sacerdoti. Il santuario che si
è costruito in onore di «Madone di Mont», oltre ad essere un
punto di riferimento di grande valore affettivo per gli
emigranti friulani, è un centro propulsore di evangelizzazione e
promozione umana per un vasto territorio (la parrocchia conta
infatti 20 mila abitanti).
Quali sono le
principali attività che promuove nella sua comunità?
«L'evangelizzazione e la
promozione umana. L'evangelizzazione si avvale di un centinaio di
catechisti impegnati nei vari ambiti: parrocchia, scuola, lavoro,
famiglie. Sono in prevalenza laici, ma da un certo tempo possiamo
avvalerci anche della consistente presenza della comunità
religiosa delle suore elisabettiane di Padova che operano a tempo
pieno nella nostra parrocchia. Per quanto riguarda la promozione
umana, ricordo la realizzazione del progetto di un centro
educativo, punto di riferimento soprattutto per la popolazione
operaia, ma anche per disoccupati in cerca di lavoro. Abbiamo
costruito anche un centro di formazione professionale, frequentato
da un migliaio di alunni adulti che vengono preparati ai vari
mestieri (circa la metà di loro si dedica all'informatica). C'è
poi l'assistenza agli ammalati, l'aiuto per le necessità più
urgenti, una mensa per i bambini. A causa della mancanza di
assistenza sociale, i bambini e soprattutto gli anziani si possono
trovare in situazioni di grave disagio, fino alla fame. È una
condizione che la crisi in corso ha accentuato».
Come interpreta
la crisi che ha investito l'Argentina in questi ultimi anni?
«La crisi, come hanno
affermato anche i vescovi argentini, è etica prima che economica e
sociale. È la conseguenza della caduta di valori, soprattutto del
rispetto dell'uomo e dello spirito di corresponsabilità, per cui
dilaga la corruzione. Il cammino che la Chiesa sta indicando è
perciò quello della ricostruzione del tessuto morale, della
coscienza delle persone che devono rendersi consapevoli dei loro
diritti ma anche dei loro doveri. Il clima politico sembra
migliorato in seguito all'elezione del nuovo presidente che si
dimostra preoccupato di assicurare trasparenza economica e
politica e di rispondere concretamente alle varie esigenze della
popolazione. Sta anche creando uno spirito di collaborazione non
solo economico, ma anche umano, con i Paesi limitrofi e, nei
confronti degli Usa, pur manifestando amicizia, rivendica anche la
necessaria autonomia».
Come vivono
questa crisi i friulani in Argentina?
«Anche la comunità
friulana ha sofferto molto per questa crisi: tanti che avevano
raggiunto un buon livello economico l'hanno visto minacciato,
giungendo fino a condizione di indigenza; molte aziende hanno
dovuto chiudere. Parecchi nostri emigranti, inoltre, sono anziani
e quindi è per loro più difficile la possibilità di un rientro.
Del resto, non è nemmeno il caso di sostenere l'idea di un
rimpatrio: è meglio che la madre patria li aiuti a tenere duro e a
restare, perché l'Argentina risorgerà.
In questa situazione di crisi, l'offerta di aiuto per sostenere la
cultura friulana passa in secondo piano, pur essendo importante
soprattutto per tenere vivo il dialogo con i figli e i nipoti».
Che cosa si
sentirebbe di dire a quei sacerdoti e laici che, qui in Friuli, si
sentono un po' avviliti perché hanno l'impressione che i loro
sforzi di evangelizzazione si scontrino con il muro di gomma
dell'indifferenza?
«Mi ha dato un po' pena
cogliere questo senso di frustrazione in taluni, ma devo dire che
anche qui in Friuli ho avvertito la presenza di una forte domanda
religiosa, anche se talvolta si indirizza ad altre fonti. Ritengo
che per far fronte a questa domanda sia importante sostenere i
movimenti ecclesiali, le associazioni, i gruppi, anche quelli
legati alla devozione mariana e che fanno riferimento a Lourdes,
Medjugorje, Castelmonte o altri ancora. Se paragoniamo la Chiesa
ad una pianta, possiamo dire che la Chiesa friulana ha radici
profonde e forti, mentre quella argentina è forse più frondosa, ma
dotata di radici più gracili e quindi può essere più in pericolo
in caso di siccità. La Chiesa di Aquileia non è morta, ha ancora
grandi possibilità davanti a sé». |
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