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Ipplis di Premariacco, 20 Agosto 2009
Azienda Rocca Bernarda

          Sorta nel 1567 per volontà dei conti Valvason Maniago, in una posizione paesaggistica straordinaria sui colli orientali del Friuli, Rocca Bernarda è un affascinante maniero fortificato costituito da quattro lati con possenti torri cilindriche angolari segnate da feritoie. Esprime un imponente carattere militare e difensivo ma la sua reale funzione, come scriveva Jacopo Valvason Maniago, fu semplicemente quella di essere ameno luogo di incontri, in occasione della caccia e di convegni letterari. Ebbe sempre la funzione di villa friulana, anche se voluta da un'aristocrazia di origine feudale. Nel tardo Settecento la Rocca fu di proprietà dei Marieschi, quindi degli Antonini e infine della famiglia Perusini. Nel 1977 il conte Gaetano Perusini la lasciò in eredità al Sovrano Militare Ordine di Malta che ne è l'attuale proprietario. Il complesso, di grande bellezza, è di concezione tipicamente cinquecentesca. Si trova immerso in una vasto parco degradante, articolato attorno ad un delizioso giardino all'italiana sopraelevato e chiuso da inquadrature di bosso a cui si accede da un viale suggestivo adornato da ulivi secolari e rosai. Nella piccola corte si affaccia una luminosa orangerie di fronte si apre una vista spettacolare che dalle colline scende fino alla città di Udine.

Altre informazioni sulla Rocca Bernarda sono riportate su questo stesso sito >>>
nell'articolo tratto dal volume
«Premariacco e il suo territorio - Testimonianze storiche»
informazioni sullo stato attuale della Rocca sono disponibili nel sito dell'Azienda

5ª Edizione della "Fieste dai Roncârs"
nel giorno di San Bernardo, festa del patrono della cappella del castello

...in attesa di informazioni da parte del gruppo organizzatore della "Fieste dai Roncârs", ovvero delle famiglie e loro discendenti che lavorano o hanno lavorato in Rocca Bernarda e zone limitrofe, cercheremo di descrivere l'evento con una documentazione fotografica accompagnata da un'essenziale didascalia...


...l'arrivo alla spicciolata dei "roncârs"...


...il caseggiato visto dal giardino interno, con al centro la cappella dedicata a San Bernardo,
che unisce i due padiglioni disposti a L dell'antico maniero...


il programma prevedeva una Messa, celebrata dal parroco di Ipplis don Giovanni Nimis,


...sostenuta da una mini formazione del coro locale.

          In data 20 Agosto 2009, giorno di S. Bernardo, si è tenuta la quarta edizione della festa dei ‘Roncàrs’ nella villa Perusini situata sulla Rocca Bernarda a Ipplis.
          Manifestazione ‘rinata’ dalla volontà di un manipolo di ragazzi del paese che ha poi incontrato nel direttore dell’azienda vitivinicola Rocca Bernarda, Paolo Dolce, tutto l’appoggio e l’organizzazione tecnica necessaria. ‘Rinata’ perché si è festeggiato il giorno di S. Bernardo fino alla fine degli anni settanta e dopo la tragica morte del Dott. Gaetano Perusini questa tradizione è andata nel dimenticatoio. In quel giorno tutti i coloni e i dipendenti dei ‘Perusini’ si trovavano alla S.S. Messa nella chiesetta della villa per poi mangiare una fetta di anguria messa in fresco già la mattina nelle tinozze d’acqua. In quei tempi era tutto più semplice, il ritrovarsi era sempre un piacere, un divertimento, un diversivo; oggi invece sono presenti troppe televisioni nelle case che ci tengono strette nel loro caldo abbraccio.
         Il sapore che però abbiamo percepito a S. Bernardo è come quello di un tempo.. genuino e semplice. Gli invitati giungono con piacere, orgogliosi di essere stati o di essere tutt’ora ‘Roncàrs’; di aver vissuto in quei luoghi, di ricordare assieme tanti sacrifici in tempi difficili per tutti. C’è un filo rosso che lega quindi tutte queste persone, che le accomunerà per sempre a questa terra, a questi boschi.. a questi vigneti.
          Ed è proprio lì che noi, comitato organizzatore, vogliamo entrare : far vibrare quella corda tesa di ricordi e di sentimenti che ciascuno dei ‘Roncàrs’ possiede ; trascrivere queste vibrazioni per poi leggerle il prossimo anno durante l’incontro. E’ nostro intento anche allestire una piccola documentazione fotografica riguardante la storia della Rocca Bernarda, anche semplici scene di vita quotidiana;
          ‘Roncàrs’aspettiamo le vostre foto allora! Cercate nei vecchi cassetti! Ricordiamo che la festa per ora è solo su invito e si auto sostiene con il ricavato della lotteria finale ma non è detto che un domani si possa estendere a tutti.
          Cogliamo l’occasione di ringraziare il Gruppo Alpini di Ipplis e tutti i volontari che sono venuti a dare una mano per preparare il rinfresco nonché all’azienda vitivinicola Rocca Bernarda per la disponibilità dataci. Grazie anche ad Aldo Taboga presente come ‘inviato speciale’ del sito internet e per il servizio fotografico di estrema professionalità.
          Un saluto a tutti i visitatori di Natisone.it!

Più tardi...


...dopo il benvenuto di Paolo Dolce, Direttore dell'Azienda di Rocca Bernarda...


...con una certa difficoltà si è proceduto a raggruppare tutti i presenti
 in un posizione a favore di luce, per le doverose foto ricordo...


...una con tutti gli ospiti presenti... e una con i soli "roncârs"
(immagini a risoluzione di stampa)

...sono seguiti gli interventi dell'Assessore Tosolini per il Comunale di Premariacco, dell'Assessore Povinciale Macorig, del precedente Direttore di Rocca Bernarda Zuliani e dello storico Direttore Luciano Carletti, che ha "traghettato" la Rocca dalla vecchia all'attuale proprietà...



 ESTRATTO


...interventi seguiti con interesse dalla gente presente in quel giardino,
che in vari modi era stata protagonista delle vicende raccontate e ricordate...


...fino a quando tra quelle vecchie mura hanno rintronato gli echi del "Quartetto Cetra"...
ed improvvisati camerieri hanno iniziato la distribuzione di cibi e bevande varie...


Mentre gli ospiti in quel giardino si intrattenevano "in abbondanti libagioni",
il sole al tramonto rifletteva i suoi ultimi tiepidi raggi su quelle vecchie mura,
come aveva fatto per centinaia e centinaia di estati...


...ma questa volta "i Roncârs" (con la "R" maiuscola) erano protagonisti di quella festa,
a differenza dei loro antenati che potevano solo ascoltare gli echi stando fuori dai bastioni...


Alla fine è stata estratta la "lotteria con premi eno-gastronomici",
il cui ricavato servirà a finanziare e migliorare le prossime edizioni delle "Fieste dai Roncârs"


per tutti era disponibile un elegante attestato di partecipazione

ROCCA BERNARDA: IL SITO E LE VICENDE
"PER ORNAMENTO DI QUE NOSTRI COLLI"

      Tratto dal volume «Premariacco e il suo territorio - Testimonianze storiche» di Amelio Tagliaferri, Mario Brozzi, Novella Cantarutti, Luigi De Biasio, Cornelio Cesare Desinan, Carlo Gaberscek e Bruno Polese. Opera edita a cura dell’Amministrazione comunale di Premariacco con il contributo della Cassa Rurale ed Artigiana di Manzano. 

          Il panorama della Rocca Bernarda nel 1914, allorché Giacomo Perusini (la cui famiglia possedeva terreni nella zona, verso Ipplis e a Gramogliano) acquistò l'intera proprietà, non era ameno: egli cominciò l'opera di bonifica e di reimpianto dei vigneti che, fin dall'antichità, costituivano la vocazione di questi luoghi. Quella che segue è la testimonianza di Giuseppe Cecotti, uno dei coloni di famiglia residente sulle terre di proprietà Perusini fin dal 1870; e non è certamente per qualche tentazione del pittoresco che il quadro d'un momento di Rocca Bernarda è affidato alla voce e alla memoria d'uno che in quella terra nacque, lavorò e ne vide le vicende durante l'ultimo mezzo secolo.
          "Cence aghe, cence lùs e cence stradis; dome di pantan e' arin, che lavin i bûs in sot fin a miege gjambe; lis ruedis dal cjâr no si cognossevin. E' vivevin cu lis pomis e puare mâ none 'e contave che lavin a vendi lis ciariesis fin a Udin o ben a Curmons, a pît, cu la cjàrie. A' erin pocjs vîs e lis tiravin su pai ôi. Al a tacât a plantà vigne il pari dal professôr: lui al vignive a cjaval di Udin e a lis cinc di matine e' vevin di jessi pronz i bûs e a' tacavin a arà. Lui al ere professôr di agricolture, ma al tignive ancje la uàrgine".  (Senza acqua, senza luce e senza strade; solo di pantano erano, tanto che i buoi sprofondavano fino a mezza gamba; non si individuavano più le ruote del carro. Si viveva grazie alla frutta e la mia povera nonna raccontava che andavano a vendere le ciliegie a Udine o anche fino a Cormons, a piedi, col carico. C'erano poche viti e le facevano crescere attorte agli olmi. Ha cominciato a piantare vigna il padre del professore: lui veniva a cavallo da Udine e, alle cinque del mattino, dovevano essere pronti i buoi per cominciare ad arare. Lui era professore di agricoltura, ma teneva anche l'aratro).  
          Il racconto del Cecotti risponde alla descrizione che Giacomo Perusini pubblicava nel 1914 nel "Bollettino dell'Associazione Agraria Friulana": "La tenuta è in uno stato di completo abbandono, mancano strade e fabbricati; terreni e piantagioni sono in condizioni pietose; assenza completa di scoli. Da per tutto sulle pendici acacie, ontani, arbusti di ogni specie crescono spontanei e indisturbati formando piccoli boschi in mezzo ai quali sopravvivono stentatamente viti e alberi da frutto. In alcune parti pianeggianti l'acqua ristagna e in altre scorre violentemente asportando buona terra e quindi ogni temporale arreca nuovi danni.
Roc1.JPG (22134 byte)          L'antica strada di accesso alla proprietà è in condizioni orribili e, in alcuni tratti, nei giorni piovosi, assolutamente impraticabile; bestie e veicoli sprofondano nell'argilla molle e tenace". A sud-est di Cividale, il Natisone, correndo ormai in piano, lambisce le ultime propaggini dei colli in mezzo ai quali si alzano le torri rosse di Rocca Bernarda; quest'area mossa e amena costituiva il comune autonomo di "Ipplis con Azzano" (secondo la denominazione del Catasto napoleonico) aggregato a quello di Premariacco nel 1929. La zona emerge dal silenzio della preistoria con i segni della organizzazione romana del territorio di Forum Julii e la conseguente lottizzazione e coltivazione delle terre. Azzano, come altri numerosi toponimi dei dintorni, si riconduce al nome di un colono forse a cui venne assegnato un praedium. Proprio per il piccolo borgo di Azzano doveva passare un tratto della strada che, provenendo da Aquileia, per Buttrio e Manzano, si dirigeva all'antico guado del Natisone e a Cividale, per imboccare poi la valle. Tracce, reperti e tombe romane attestano poi l'esistenza di percorsi stradali minori (Gagliano, Spessa, Corno di Rosazzo, Cormons) che s'incrociavano nel territorio dove allignavano la vite e l'olivo che allieta ancora i colli di Rocca Bernarda. "I colli di Rocca Bernarda erano già coltivati a viti nell'epoca romana, come testimoniano i frammenti di anfore da vino ritrovati nei terreni". Cosi scriveva, in una sua pagina, Gaetano Perusini che fu (almeno per chi ne parla oggi) l'ultimo signore del luogo: continuando l'opera avviata dal padre restituì ad una razionale coltura della vite i ronchi che circondano la villa e riuscì a produrre vini particolarmente pregiati. Alla sua morte, la proprietà passò al Sovrano Militare Ordine di Malta che provvede alla cura dell'Azienda agricola per la produzione dei vini, ma che non ha trovato ancora una destinazione conveniente alla villa.
         Dire che si conclude la vita di una dimora o di un luogo può apparire improprio, ma, in questo caso, la scomparsa di Gaetano Perusini che univa all'esperienza in agricoltura ed enologia una conoscenza approfondita della storia e delle tradizioni del popolo friulano (era ordinario di Storia delle tradizioni popolari all'Università di Trieste) segna veramente la conclusione di un arco entro cui si è realizzato armonicamente un rapporto tra terra e uomini, perché il professor Perusini aveva reso la Rocca alla funzione per la quale essa era sorta nel Cinquecento, in quel luogo e in un determinato modo. L'origine della villa infatti è legata alla volontà e al gusto di un dotto, Jacopo di Valvason - Maniago, e del fratello di lui Bernardo che la costruirono col proposito di godere l'amenità del sito, rendendola accogliente e valorizzando, nei ronchi intorno, la cultura delle vigne.

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          La Rocca restò in proprietà dei Valvason-Maniago fino al penultimo decennio del Settecento, quando passò a Margherita, contessa di san Foca, nella quale si estingueva il ramo; avendo lei sposato il conte Francesco Riccati di Castelfranco, la Rocca passò in eredità ai suoi figli, mentre il palazzo di via Aquileia coi bei fregi di Giovanni da Udine andò venduto da altri eredi.
          All'inizio dell'Ottocento, Rocca Bernarda pervenne nelle mani di Margherita Antonini di Patriarcato, per il tramite della madre nata Riccati; ultima della sua famiglia, sposò nel 1803 il barone Grazio di Belgrado, e non ebbe figli. Margherita Antonini fu un personaggio di rilievo, in Udine, nel periodo convulso che vide avvicendarsi in Friuli Francesi e Austriaci; ospitò, nel palazzo di piazza Patriarcato, gli uni e gli altri, rendendosi grata a Napoleone. Doveva peraltro essere aperta alle idee liberali che non sembrarono declinare né in lei né in suo marito, quando scomparve Napoleone e l'Austria riaffermò stabilmente il suo dominio in Friuli, attenta a qualsiasi moto o sussulto che ne turbasse la quiete. Scrive G. Perusini che Rocca Bernarda divenne allora per gli amici di Margherita, forse tenuti d'occhio dalla polizia austriaca, un tranquillo luogo d'incontro. La nobildonna visse a lungo durante anni certamente meno brillanti e forse difficili per lei che si trovò a contendere per la salvaguardia dei suoi interessi. Dopo la sua morte la tenuta di Rocca Bernarda risulta oberata da debiti (1862) messa all'asta e "venduta in spezzati"; la parte comprendente la villa fu rilevata nel 1873 da Leonardo Mareschi e passò, nel 1897, a Carlo Cambiagio (*).
Rocca02.JPG (14170 byte)Lapide del 1559 che ricorda la costruzione delle cantine       La Rocca Bernarda cominciò la sua ultima stagione - come si è scritto all'inizio - allorché Giacomo Perusini venne in possesso della villa e dell'intera tenuta, nel 1914. Egli ne avviò il lavoro di bonifica con entusiasmo e competenza; la morte che lo colse prematuramente nel novembre del 1915, ne interruppe l'opera. La vedova, Giuseppina Antonini, con due giovanissimi figli Giampaolo e Gaetano, si trovò ad assumere la conduzione dell'azienda, esperienza difficile in sé e resa più ardua dalla gravita del momento: l'Italia era in guerra e il fronte correva vicinissimo lungo la linea delle Alpi e sul Carso. Quasi centenaria, la signora Perusini ripercorre quegli anni, nel più bel capitolo di Un secolo nella memoria, il libro dove racconta la sua lunga e travagliata vita nella quale Rocca Bernarda, la dimora e la terra, ha una parte considerevole come sfondo non soltanto dei casi privati ma degli eventi più grandi che giovano a determinarli almeno in parte.
          "La nostra casa alla Rocca era in zona di operazioni. Ci volevano permessi per entrare e uscire e, pur sapendo che lassù non avrei potuto vedere né amici né conoscenti, decisi di andarci. Dovevo affrontare l'immensa fatica di rimettere in ordine la tenuta [...] c'era il continuo disordinato passaggio di truppe che spesso si accampavano nella tenuta.
          Appoggiata alla mia finestra, ogni sera vedevo passare gli automezzi che andavano e venivano da Cormons e attendevo l'auto che riportasse alla Rocca mio marito: un'attesa ostinata e irragionevole. La notte era illuminata da riflettori che, dalla terra, si allargavano nel ciclo buio, per frugare in profondità e scoprire le minacce che anche da lassù colpivano; i fasci di luce arrivavano anche nella mia camera, toccavano il letto, mentre i cannoni e le mitragliatrici facevano rintronare la notte.
          [...] In pochi minuti preparammo le valigie, tre per cinque persone. Attaccammo un cavallo al break. Io avrei guidato il tonneau [...] Partimmo [da Udine], ma con che animo? L'incredibile notizia dell'invasione nemica, della guerra perduta o che si stava per perdere, era un colpo inaudito. Con uno sforzo mi allontanai da dove ero nata. Traversai vie deserte che di colpo erano diventata luogo di pericolo e di minaccia. Una folata di terrore stava trascinando lontano, in esilio, l'intera popolazione. Dietro di noi, lungo l'arco delle colline, il ciclo era offuscato dal fumo di grandi incendi; stavano bruciando i magazzini militari. Lassù in collina lasciavo un'altra casa con tanti dipendenti e contadini cui avevo spiegato la gravita della situazione e consigliato di partire, possibilmente col bestiame. Il mio dovere non era di restare al mio posto, a capo dell'amministrazione, a dividere la sorte dei dipendenti? Ma ero una donna sola con due figli da salvare. Usciti ormai dalla città deserta trovammo che la strada per Venezia era talmente ingombra di militari con carriaggi e cannoni, di civili con mezzi di trasporto di ogni genere, che non era possibile proseguire. Prendemmo vie secondarie passando vicino al cimitero già chiuso. Dietro il muro di cinta, accanto all'ingresso c'è la tomba di famiglia: qui il mio cuore sembrò spezzarsi: abbandonavo anche i miei morti. Quando avrei potuto nuovamente pregare su quella tomba?
          Più avanti incontrammo gruppi di soldati che si disperdevano nei campi senza armi, senza giberne, senza stellette. Non c'era dolore o tristezza in quei volti, cantavano: "Addio, mia bella addio, la pace la fo io". Che cos'era questa ritirata? Una sconfitta militare o la fuga disordinata di un esercito in dissoluzione? Il mio cavallo trottava tranquillo e lentamente mi allontanavo. Attraversò la strada un gruppo di sottufficiali senz'armi, all'aspetto sembravano persone civili. Uno si appoggiò alla mia vettura, mi fissò a lungo, ma non aprì bocca e si allontanò attraverso i campi".
          Nelle pagine, la tragedia di Caporetto, la fuga dal Friuli sono raccontate con la lucidità che contraddistingueva questa signora ferma e intrepida che, alla Rocca, muore il 19 dicembre 1975. Era stata costretta ad abbandonarla nel 1917 e si trovò a ripetere l'esperienza nel 1943; per tre anni s'avvicendarono nella villa partigiani, tedeschi, americani. Lascio ancora a lei raccontare il ritorno nel 1946: "Non ho nessuna fretta, direi nessun desiderio di ritornare alla Rocca per vedere, constatare le rovine avvenute nella casa, i danni nella tenuta; penso che anche gli animi, lo spirito dei contadini potrebbe essere molto cambiati, con l'avvicendarsi di tanti importanti avvenimenti.
          Decido di ritornare il giorno di San Bernardo, 20 agosto festa del patrono della cappella del castello [...] Penso: "Come saranno accolti questi padroni che ritornano?" Quando giungo, trovo nel cortile dell'amministrazione tutti i contadini vestiti a festa. Le donne, quando scendo dall'auto, si avvicinano commosse e tutte mi baciano, vedo anche lagrime nei loro occhi. Il più vecchio contadino vuole anch'egli abbracciarmi. Con amarezza, angoscia e anche terrore raccontano quanto hanno sofferto e gli orrori di cui sono stati testimoni. Ho calcolato di essere di ritorno a Udine per il mezzogiorno, invece trovo nel salotto tre lunghi tavoli preparati e Meni, il gastaldo, dice che i contadini ci offrono il pranzo. L'inaspettata e tanto gentile dimostrazione mi da grande conforto".
          In quei giorni d'agosto del 1946 Giuseppina Perusini compie settant'anni; comincerà a lasciare le cure di conduzione dell'Azienda al figlio Gaetano per dedicarsi con gusto e impegno alla pittura che l'aveva attratta fin dalla giovinezza, e alla pagina scritta, prima, per raccogliere le vecchie ricette friulane che uscirono nel volume Mangiar Friulano e più tardi, per fermare le sue memorie nel libro da cui ho tratto i passi riportati sopra.
Rocca03.JPG (21206 byte)          Gaetano Perusini, riacquistando a poco a poco la salute gravemente compromessa da una malattia contratta durante la campagna di Libia (1940-1943), attese seriamente all'ammodernamento della tenuta. Laureato in scienze agrarie, si propose di continuare l'opera del padre attraverso il rinnovamento sistematico delle vigne, la cura dei vitigni pregiati e primo fra tutti, il Picolìt che grazie a lui soprattutto riacquistò la fama e il mercato che rispondeva alla sua qualità di vino di raro pregio. L'attività di G. Perusini non si limitò alla conduzione dell'azienda domestica che, pur interessandolo, lo distoglieva dagli studi storici che rappresentavano la sua vocazione. Trovò tuttavia modi di comporre entrambe le esigenze, e di coltivare un settore che gli era congeniale: l'indagine delle tradizioni popolari. In questo campo, approfondì gli studi col proposito di illuminare la storia non scritta dei Friulani sulla loro terra. Non a caso s'intitola Vita di popolo in Friuli il volume uscito nel 1961 dove si chiarisce l'orientamento di Perusini, nella pluralità degli interessi che ebbe, e che la lettura delle molte voci della sua bibliografia rende evidenti. Prendendo in considerazione fatti e fenomeni in apparenza trascurabili oppure oggetti minuti della cultura materiale, non circoscriveva il discorso, ma lo apriva, ancorandolo sempre alla garanzia del documento, a riferimenti e comparazioni in ambiti più larghi e meglio approfonditi. Per questo, la sua opera esce dalla chiusura provinciale e lo rivela qual era, esigente con se stesso e con gli altri, e nemico del dilettantismo a cui era ed è soggetta la sua materia. Conseguita nel 1962 la libera docenza in Storia delle tradizioni popolari, insegnò alla Facoltà di lettere dell'Università di Trieste, pervenendo, nel 1975, all'ordinariato.
          Significativamente, alla attività di studioso, egli affiancò quella di collezionista e di bibliofilo: le sue raccolte sono complemento e documentazione degli studi e vanno dai manoscritti, ai libri rari, agli opuscoli introvabili; comprendono poi gli elementi del costume popolare di varie zone, i mobili, la suppellettile domestica, gli arnesi da lavoro sottratti spesso alla distruzione (conservati ora al Museo di arti e tradizioni popolari di Udine). La massa di documenti riguardanti il Friuli, salvati spesso in extremis dalla dispersione di archivi pubblici e privati è custodita presso l'Archivio di Stato di Udine, mentre la biblioteca che comprendeva anche codici manoscritti ed edizioni antiche e rare ha trovato dimora presso l'Università di Udine che ne cura il riordino. Negli ultimi due decenni l'interesse di Perusini si appuntò sul gioiello tradizionale; la grande e si può dire, unica collezione è stata affidata alla Cassa di Risparmio di Udine e Pordenone.
          Il Sovrano Militare Ordine di Malta destinatario dei beni di G. Perusini, ne ha rispettato la volontà lasciando la sua eredità culturale in Friuli dove può essere valorizzata e studiata secondo gli intendimenti per i quali egli l'aveva raccolta e andava raccogliendola, quando la vita gli fu tolta il 12 giugno 1977.