Più forte dell'oceano:
Pantianicco a Buenos Aires
Percorsi di vita,
fratture affettive e permanenze identitarie
di una Comunità migrante
Il tavolo dei relatori
Benvenuto del Presidente della Pro Loco di Pantianicco
e del Sindaco dei Mereto di Tomba
Introduzione di Marcella
Cisillino
ESTRATTO
I
RELATORI
Di qua e
di là dell'Atlantico: confronto fra le due Pantianicco
Dott. Francesco Micelli
"Mia
madre ci ha lasciati noi quattro, figli-bambini":
Donne-infermiere pantianicchesi in Argentina
Dott. Javier Grossutti
Destini
in transito. Rischi psicologici nelle transizioni culturali:
Riflessioni di clinica transculturale
Dott.ssa Elisabetta Mauro
Ideazione,
realizzazione e cura
Ins. Marcella Cisilino
Francesco
Micelli - Insegna da decenni geografia alla Facoltà di Lettere e
Filosofia dell'Università di Trieste. Si occupa di emigrazione
friulana e specialmente di comunità friulane all'estero. Ha dedicato
la sua attenzione ai grandi geografi friulani e a quanti hanno
continuato la loro opera in Italia. È direttore di "In Alto",
rivista già diretta dai Marinelli padre e figlio, redattore di
"Metodi e Ricerche". Predilige gli studi sul Friuli, ma non trascura
descrizioni di regioni contermini o storie della geografia di ampio
respiro europeo.
Javier P. Grossutti - Nato in Argentina è laureato nel 1991 in Scienze
Politiche all'Università di Buenos Aires. Nello stesso anno
"rientra" in Friuli, frequenta un corso di specializzazione in
Scienze internazionali e diplomatiche di Gorizia. Ottiene il
dottorato in Geografia Politica all'Università di Trieste. Si occupa
di emigrazione friulana, di emigrazione di ritorno e delle
problematiche legate alle comunità friulane e italiane all'estero,
presso le quali ha realizzato numerose indagini. Ha di recente
trascorso un anno accademico presso la Columbia University di New
York invitato come Associate Research Scholar dalla Italian Academy
for Advanced Studies in America. È ricercatore a contratto presso
l'Università degli Studi di Udine.
Elisabetta Mauro - Nata a Milano e Laureata all'Università di Padova
nel 1993 in psicologia con specializzazione in psicoterapia transculturale, risiede a
Mereto di Tomba. È referente in Friuli per
l'Ufficio di rappresentanza della Fondazione Cecchini Pace-Istituto
Transculturale per la salute di Milano. Opera nel territorio con
progetti di formazione e ricerca in collaborazione con le Aziende
Sanitarie ed i Servizi Sociali. È docente ed ha al suo attivo
numerose pubblicazioni di carattere formativo-informativo e
scientifico.
Marcella Cisilino - Studiosa, divulgatrice di scienze umanistiche e
docente di educazione all'ascolto della musica. Opera in diverse
associazioni e realtà socio-culturali e partecipa a convegni e
seminari in qualità di relatrice. È cofondatrice del Club UNESCO di
Udine e collabora alla pubblicazione di testi scientifici, artistici
e letterari. Cura e presiede il premio biennale di poesia e
narrativa "Gioia Turoldo Malnis".
Il libro presentato recentemente
Il
caso del borgo friulano di Pantianicco e delle sue migrazioni
in Argentina offre straordinarie possibilità di riflessione.
Da un lato consente di esplorare condizioni strutturali e
fattori contingenti dell'emigrazione spostando la prospettiva
dalla Pantianicco friulana a quella argentina, dall'altro di
esaminare un'esperienza migratoria i cui caratteri raramente
ricorrono in forme così definite ed esemplari. Di fatto gli
abitanti di Pantianicco, che per decenni continuano a
scegliere come meta migratoria gli ospedali di Buenos Aires,
continuano a sentirsi parte di una sola comunità pur coscienti
dei cambiamenti politici-economici che Italia e Argentina
hanno attraversato e attraversano. Si può affermare infatti
che Pantianicco abbia avuto e in parte abbia una unica storia
anche se migliaia di chilometri hanno diviso l'insediamento
friulano e gli ospedali della capitale argentina. |
Abbiamo sempre saputo che "a esistin doi Pantianins, un di cà e un
di là dal poç " e per "poç" s'intende l'oceano Atlantico. (...)
Per secoli la popolazione ha lottato contro la natura avara per
ottenere il pane necessario alle sempre crescenti braccia. La lotta
era impari; la terra non poteva dare di più, altre occupazioni nella
zona non esistevano, rimaneva un'unica via di uscita:
l'emigrazione. A frotte, dunque, gli uomini s'imbarcarono sui
piroscafi che li portarono nell'America del Sud. (...)
Si dice
appunto che Pantianicco attualmente vive la sua vita su due
continenti: presso la sponda del Corno e presso quella del Rio de la
Plata. (...)
A Buenos Aires Javier ed io abbiamo interrogato
l'altra parte di Pantianicco continuando il lavoro già svolto da
Corinna Mestroni a Mereto stessa. Sono state le donne a colpire la
nostra attenzione, a suggerire i modelli di emigrazione più
convincenti. Le figure erano le più diverse.
La contadina che abbandona le fatiche dei campi e diventa
inserviente in ospedale senza nessuna intenzione di ritornare, si
opponeva all'infermiera che all'Ospedale italiano si era diplomata
tra molti sacrifici e manifestava apertamente l'orgoglio della sua
professione e crescita sociale. (...)
Le due parti di Pantianicco restano da questa angolatura in
confronto continuo.
I ritorni e i rientri dopo i ritorni dimostrano nuovamente
l'importanza della scelta individuale e misurano i ritmi di
crescita delle due società nelle quali si è iscritti. (...)
Solo ascoltando e ragionando con l'altra parte del mondo, solo
comprendendo in un unico quadro i movimenti migranti e la costanza
dei luoghi si può raccontare un capitolo fondamentale della storia
di Pantianicco e del Friuli, si possono trovare gli strumenti per
comprendere i nuovi movimenti che interessano questa regione e il
resto del mondo. (Francesco Micelli)
In Friuli, le prime partenze verso l'estero, nella seconda metà
dell'Ottocento, vanno inquadrate in una situazione in cui il lavoro
in campagna non soddisfa neppure i bisogni alimentari delle
famiglie. (...)
Le destinazioni migratorie di questo primo gruppo di pantianicchesi in Argentina variano a seconda che a partire siano
singoli o famiglie. Tra i primi, il tessitore Osualdo Majano e i
muratori Luigi Cjsilino Mazzorin e Luigi Dalla Picca Scanio che
lasciano Pantianicco nel febbraio del 1878 e si stabiliscono a
Buenos Aires. Frequenti ritorni in paese e successive partenze
oltreoceano contraddistinguono l'esperienza migratoria di Luigi
Dalla Picca, che diventa punto di riferimento e modello per i
numerosi compaesani che raggiungeranno Buenos Aires. La maggior
parte di essi, infatti, troverà lavoro nell'Ospedale italiano della
capitale argentina, tutti, inizialmente, come inservienti e molti,
successivamente, come infermieri o, comunque, di personale
subalterno. (...)
Luigi Dalla Picca fu una personalità notevole
nella sua epoca: chi cercava un lavoro in Argentina trovava in lui
un appoggio sicuro; viene ricordato ancora per la sua rettitudine,
fedeltà e fermezza. (...)
Oltre all'Ospedale italiano, il luogo
d'incontro degli emigranti di Pantianicco è l'osteria "Bella
Venezia" che i pantianicchesi Giovanni Cisilino Ucel e Dacio Rossi
aprono nel quartiere di Barracas nel 1911. Qualche anno dopo, presso
l'osteria, viene costituita l'Unione Operaia Friulana, la prima e
unica Società friulana schiettamente operaia e antifascista
presieduta da Giovanni Grosso e dal fabbro pantianicchese Silvio
Manazzone. (...)
Obiettivi e modalità migratorie degli infermieri di Pantianicco ricalcano puntualmente quelli dei friulani che
raggiungono il Canada. Prima della grande guerra, infatti,
nell'immaginario paesano, l'emigrazione verso i paesi europei è
stagionale, pluriennale per quelli di oltre oceano; Argentina e
Canada in specie. (Javier Grossutti)
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In chiusura è
intervenuto il Presidente dell'Associazione Culturale Umanitaria
"Gioia Turoldo Malnis", che ha letto degli appunti scritti da
Padre David Maria Turoldo sugli emigranti friulani e una poesia di
Gioia Turoldo.
Padre David, in un breve 'tratto di penna' così descriveva
l'emigrante friulano "Fuori dalla sua terra il friulano è taciturno,
isolato, quasi timido, come uno che domandi scusa di esistere, amico
di tutti e straniero ovunque, perché sempre esule e lontano e solo.
Rispettoso ma diffidente, socievole e individualista, generoso e
avaro, perché di cuore buono e di vita dura... E sempre desideroso
di tornare".
E poi,
ancora un brano tratto dal libro
6 Maggio 1976 Terremoto in Friuli - (Edizioni Biblioteca
dell'Immagine)
(...) E poi un emigrante a Mels, che incontro per caso; Mels è
sempre in quel di Buia: un inferno!
L'emigrante viene da Basilea, io ero appena stato a
Basilea a parlare proprio agli emigranti friulani presso la missione
cattolica di quella città; e lui, arrivato allora, con la porta
della sua Volkswagen aperta, spinge la finestra sbarrata di una casa
tutta crepe, e guarda, guarda: nessuno! Io mi fermo e gli dico: «Ma
tu sei di Basilea». «Sì, appena giunto, ma non trovo nessuno! Solo
la casa, in questo modo!». «E allora?». E mi risponde: «Ventiquattro
anni di valigia, padre!» e si volta dall'altra parte. Perché non è
che i friulani non piangano, piangono anche loro, ma non vogliono
farsi vedere.
E' così: tutti fanno finta di parlare di altro, quasi non
fosse successo niente; seppelliscono i morti come se fosse da
piantare una nuova semina nella terra. Noi siamo fatti così. Io sono
di costoro.
E tu, amico, mi chiedi di parlare di loro: è come
scavare nella propria carne. Come giocare con un bastone nelle
proprie ferite. Potrei parlare all'infinito: per esempio, oltre che
del silenzio dei paesi, dell'ordine delle strade, della solidarietà
di tutti. E quanti i morti? Ancora nessuno lo può dire, e se tu sei
fortunato e io no, sono certo che tu piangi per la mia sorte come se
fosse la tua. Questo è di tutti i poveri, ma è specialmente di noi
friulani. Perché ne abbiamo provate troppe, troppe ce ne ha mandate
il Cielo nella nostra umile storia, nota solo a noi e ignota al
resto dell'Italia, ignota persine alla Chiesa
EMIGRANTI
(da "Sarò con voi" di Gioia Turoldo)
Ho
conosciuto
un giovane iracheno,
aveva già l'amore,
cercava lavoro e pace;
fuggito dalle armi
ora vive, lavora, ama.
Ho
conosciuto
un giovane argentino,
figlio di emigranti,
malato di nostalgia
per una terra che
non gli aveva dato niente;
nel suo peregrinare
cercava lavoro, amore
e un pò di pace.
Ho
conosciuto
giovani friulani,
partiti per ogni angolo
di mondo, con in mente
il chiodo fisso di tornare
alla loro terra avara.
Tutti
i giovani, infondo,
sono uguali:
cercano lavoro, amore e pace;
sognano i loro figli
andare liberi nel mondo
e, ovunque in pace,
trovar lavoro e amore
senza essere emigranti. |
ASSOCIAZIONE CULTURALE UMANITARIA "GIOIA TUROLDO MALNIS"
FINALITÀ E ATTIVITÀ
L'Associazione, intitolata a Gioia Turoldo in Malnis, è sorta il 27
Gennaio 1994 con lo scopo di divulgarne più ampiamente l'opera
poetica a testimonianza della sua particolare vicenda umana,
artistica e spirituale; attraverso la diffusione delle
pubblicazioni, si propone inoltre di continuare l'impegno di
socialità, cultura e solidarietà che Gioia aveva già intrapreso e
concretizzato in vita con le sue iniziative.
Tali progetti sono, di preferenza, finalizzati alle
realtà dove i disagi di ogni tipo (economico, sociale, culturale,
relazionale ecc.) producono sofferenza, emarginazione e
sottosviluppo in modo particolare nei giovani e nei bambini.
Per la realizzazione delle sue iniziative,
l'Associazione - che è apartitica, aconfessionale e non ha finalità
di lucro - conta sull'adesione di singole persone, di Gruppi e di
altre Associazioni private che operano in sintonia con il carattere
e le finalità del proprio statuto.
Tutte le attività realizzate sono il frutto
dell'appoggio economico dei soci, dei simpatizzanti e dell'impegno
concreto di chi offre gratuitamente la propria opera per la buona
riuscita delle iniziative e delle attività programmate.
L'Associazione, custode dell'eredità spirituale, morale
e poetica di Gioia, s'impegna e si propone di portare la voce di lei
a tutti coloro che la vorranno udire ed accogliere.
ASSOCIAZIONE CULTURALE UMANITARIA "GIOIA TUROLDO MALNIS"
Via Partistagno, 27 - 33100 Udine - Tel. 0432480202 Cel.
3487202093 |