nuove dal friuli e dal mondo

Lestizza, 23 Agosto 2008
Auditorium Comunale

Consegna dei prestigiosi riconoscimenti
Mus d'Aur 2008

IL MUS D'AUR (L'ASINO D'ORO)
festa-spettacolo con premiazione


Il Grop Tradizionâl Furlan ha aperto la serata...


...che è stata poi condotta dall'animatrice Angela Felice...

     In una società di cavalli di razza, i Colonos vanno contro corrente ed hanno rinnovato per l'undicesimo anno consecutivo, sotto il segno di Avostanis, il premio-metafora promuove gli asini e i loro valori: mitezza, semplicità, sobrietà, tranquillità, tolleranza e tenacia. La festa-spettacolo con la premiazione si è tenuto nell'auditorium comunale di Lestizza. Animatrice Angela Felice, che ha esordito con delle chicche letterarie relative proprio al somaro, re della serata.


...che con Federico Rossi ha intrattenuto gli ospiti della prima parte del programma...

     È seguito il tradizionale spazio dedicato a due ospiti speciali: Rodolfo Castiglione, decano del teatro friulano, e Germano Pontoni, presidente dell'Unione cuochi del Friuli-Venezia Giulia, che provocati da Federico Rossi hanno svelato con aneddoti e riflessioni semiserie tutto l'arcano sui rapporti tra cucina e teatro.


Note di allegria con il Grop Tradizionâl Furlan
Franco Giacomuzzi alla fisarmonica, Pierino Gori alla chitarra, Silvio Pontelli al clarinetto,
Gianfranco Lugano alla fisarmonica e Paolo Viezzi al contrabbasso


...con l'aiuto del coordinatore Guido Sut...

 
...i quattro protagonisti della serata hanno raccontato le loro storie...

     La seconda parte della serata ha avuto per protagonisti i quattro personaggi premiati: il contadino Lisdero Valle, la carnica Novella Del Fabbro, l'artigiano-artista Carlin Beltrame e il catalano Aureli Argemì. Assieme al coordinatore del premio Guido Sut hanno raccontato, attraverso testimonianze dirette e vive, qualcosa della loro storia di "eroi silenziosi della realtà quotidiana".


...i premiati con il "Mùs d'Aur 2008"...

Lisdero Valle - Lisdero non appartiene alla "raze contadine ogm", incarna la sua terra. Lui e la sua campagna, nei dintorni di Nogaredo di Corno, sono una simbiosi perfetta. Come lui dona la sua passione ai suoi campi, così loro gratificano con gratitudine Lisdero. Nell’espressione del suo volto, dei suoi occhi, delle sue parole trasmette tutto il suo amore per il mais, il grano, la segala, l’orzo, la colza, il sorgo nero, i girasoli ed i suoi prodotti, nel riconoscere la mano intelligente, la saggezza sapiente, i sentimenti d’affetto di Lisdero, gli elargiscono frutti abbondanti. Quando entra nei campi, sa proteggere i semi che ha affidato alla terra, sa far crescere le piante, sa conservarle e loro lo gratificano con spighe grosse, con pannocchie pesanti. Sa che in quel determinato pezzo di terra va seminato il forment sant, perché, essendo esposto alle turbolenze estive, è l’unico frumento che resiste ai burlaçs e che è capace, quindi, di dare anche i fros oltre che abbondanti chicchi. Lisdero è consapevole che la sua terra va trattata con i dovuti riguardi ed allora vi sparge il re dei concimi. Sa pure che le sue piante vanno trattate come i bambini che crescono ed allora vi aggiunge gli integratori: fosforo, potassio, azoto. Avendo trattato la terra come una madre, non sono necessari i diserbanti, le forzature dei concimi chimici e tanto meno i riordini fondiari che lui chiama “disordini”. Non è molto anziano (è della classe 1932), ma possiede una saggezza che viene dalla notte di tempi. Applica la rotazione, sa seminare insieme il frumento ed il lupino, sa usare la colza contro la runduie e soprattutto sa che per i campi occorre la stalla, l’ovile, il porcile, il pollaio che rendono lieta, con il letame che producono, la terra. Ma ha un occhio attento anche alla tecnologia, perché senza le moderne tecniche biodinamiche, sostiene, si resta fermi alla vecchia nostalgia sentimentale e bucolica. Lui, invece, intende ancora progredire, rispettando, comunque, sempre quella sua terra che lo ha fatto sudare sì, ma che gli ha anche regalato tante soddisfazioni.

Novella Del Fabbro - La vitalità, l’entusiasmo del fare, la consapevole passione di mettercela tutta in ogni sua attività hanno caratterizzato la vita della schietta carnica Novella Del Fabbro. Nata a Forni Avoltri 62 anni fa, sposata, con tre figli, ha attraversato la seconda metà del 900 lavorando, da emigrata, in Germania in una gelateria. Rientrata in Italia, si è cimentata, con tutta la sua caparbietà di donna volitiva, in una cava di pietra per ricavare il notissimo marmo “Fior di pesco carnico”. Ha prestato, pure, per qualche tempo, la sua attività in una segheria ad imballare i ritagli di tronchi tagliati in assi, per la loro commercializzazione. Ci tiene a precisare che a Pierabech, la cava era a 2.000 metri di altezza, la più alta d’Europa. Esperienze queste che non solo le hanno forgiato il carattere, la robusta tempra di una lavoratrice che ha destinato le sue energie in mestieri insoliti per una donna, ma le hanno segnato la memoria per sempre. Ed ecco, allora, che nella seconda parte della vita ha voluto far emergere dai suoi ricordi nei suoi scritti, articoli, saggi, conversazioni alla radio (Radio spazio 103 dove tiene tuttora la rubrica “Cjargne” e Radio Onde Furlane) alla televisione, i suoi ricchi ed insoliti vissuti. I suoi libri, però, non sono solo una reminiscenza personale ed individuale, ma sono pure una testimonianza del mondo carnico, della cultura e della storia delle vallate, delle montagne dove ha trascorso la sua vita; della identità, del senso di appartenenza delle comunità che l’hanno accolta e che l’hanno arricchita: “Scarpetz e galocios” e “Bosc e menaùs dell’alta Val di Gorto”, quest’ultimo edito dalla Società Filologica per la quale da anni collabora e nella quale è consigliera. Ora ha in mente una storia sugli emigranti sulle donne emigranti soprattutto, un altro modo per far conoscere ai lettori, alla gente, la sua Carnia.

Carlo Beltrame (Carlin) -
Lo abbiamo trovato lì, a novantesei anni, fra le sue “cose”, che osserva, senza occhiali!, amorevolmente. Com’è strana la vita, talvolta! Beltrame Carlo, chiamato Carlin, ha fatto il caepentiere in Belgio per una decina di anni e poi in Italia, costruendo ponti per autostrade, massicciate, dighe. D’inverno, nel tempo libero, saliva nei boschi per la legna da ardere e nella stagione bella, lavorava l’orto, anzi lo lavora ancora! Poi la pensione e la noia dei primi tempi ed ecco che scopre una passione, all’improvviso: non ci aveva mai pensato nei precedenti sessanta anni. La prima creazione è una mannaia ed un çoc in miniatura. Poi ha fabbricato, con le sue abili mani tutto il suo paese. La casa ha tutti i piani snodabili: dal tetto al pianterreno. E dentro ha tutto: la camera con i letti e gli armadi, la cucina con la credenza, la stufa, il focolare. E’ tutto vero, tutto reale quello che ha prodotto, rigorosamente in scala uno a dieci: la stalla, la latteria, la cantina, il mulino, l’osteria le botteghe del fabbro, del falegname, del fornaio la chiesa di Frisanco, con il suo campanile, il lavatoio, la fontana con l’acqua che rigorosamente zampilla nella vasca di Frisanco e perfino i salami appesi sulla stanga. Basta annusarli, per credere! Niente di quello che ha costruito, in legno, pietra e metallo è inerte, tutto è perfettamente funzionante. La pialla di tre centimetri pialla davvero il legno, il torchio preme i raspi d’uva, la pietra del mulino, azionato ad acqua, macina, il maglio batte con lo stesso rumore del maglio vero, l’orologio del campanile rintocca le ore e le campane squillano. Non si trova nelle sue costruzioni niente di comprato. La gratta del confessionale della chiesa è in ottone duro, ricavato da un bossolo, il magnifico lampadario della chiesa è il frutto della trasformazione di una lattina di coca cola. Non poteva restare chiuso nel privato della sua casa tutto questo immane lavoro ed ora lo si ammira in un museo a Frisanco aperto dall’Associazione culturale “Da li mans di Carlin”. Chi lo visita, ha la sensazione di entrare in un paese da favola, talmente piccolo da essere abitato non da umani, ma da folletti, gnomi e sbilfs Solo i giocattoli non sono veri, sono frutto della fantasia di Carlin. Non ha forse il diritto di liberare il bambino che c’è ancora in lui?

Aureli Argemì i Roca - Nell'"anno internazionale delle lingue" proclamato dall'ONU per il 2008, l'associazione culturale Colonos ha deciso di assegnare il Mus d'aur anche al catalano Aureli Argemí i Roca, nato nel 1936 a Sabadell (Catalogna) e attualmente residente a Barcellona. Per molto tempo fu segretario dell'abate del monastero benedettino di Montserrat Aureli Maria Escarré i Jané, che si oppose in maniera energica al regime franchista facendosi paladino dei valori della libertà e della democrazia, ivi inclusi i diritti linguistici e culturali della Catalogna, seguendolo in Italia quando fu costretto da Franco all'esilio, dal 1965 al 1968, anno della morte di Escarré. Nel 1974 fondò il CIEMEN (Centre Internacional Escarré per les Minories Ètniques i Nacionals) di cui è tuttora presidente, sempre in prima linea a rinforzare legami di solidarietà tra le diverse "minoranze linguistiche" - che lui definisce termine del tutto improprio - nella prospettiva di un'Europa capace di recuperare e rinnovare la propria dimensione storica e culturale di mosaico delle diversità. E' stato promotore della Dichiarazione universale dei diritti linguistici e della Conferenza delle Nazioni senza Stato in Europa (CONSEU), e da alcuni anni è impegnato ad inserire la questione del “diritto alla lingua" in quanto diritto umano nell'agenda politica dell' ONU, che dovrebbe invitare tutte le istituzioni e responsabili pubblici a mettere in pratica con adeguate strategie operative il principio secondo cui "tutte le lingue hanno lo stesso valore e devono essere rispettate allo stesso modo, dal momento che ogni lingua è espressione dell'identità di chi la parla e della sua comunità". E' stato invitato molte volte in Friuli, sempre nel contesto di iniziative legate alla promozione dei diritti linguistici. Vi è ritornato recentemente con una visita che sta effettuando tra le comunità europee per la preparazione dell'ottava Conferenza delle Nazioni senza Stato, che si terrà a Barcellona nella primavera del 2009 a ridosso delle elezioni europee, con l’intento di trovare nuovi partner istituzionali che possano sostenere l’importante evento.

(tratto da http://cultcornernews.blogspot.com/)


...la foto ricordo...


...la chiusura con alcuni allegri motivi friulani...

Premi "Mus d'aur" di Avostanis 2008
Sono andati a Lisdero Valle, Novella Del Fabbro, Carlo Beltrame, Aureli Argemì
di Silvano Bertossi

     Ai Colonos di Villacaccia di Lestizza per Avostanis si predispone, con determinazione e cura, a metà del mese di agosto, la rivincita del mus, animale osteggiato, vilipeso e criticato, forzatamente e impropriamente ritenuto caparbio, lento, ostico e ignorante. Non è proprio così perché, nelle sue vicissitudini, l'asino riesce, invece,  a meritarsi una considerazione e una rilettura di tutto rispetto. Prima di tutto è stato riconosciuto che è un animale intelligente e mansueta, oltre che molto paziente. Caratteristiche queste che vengono ora sfruttate per la cura di bambini autistici o con problemi comportamentali. Si chiama onagroterapia e, in friulano,  musterapie.
     Apuleio, scrittore latino che, assieme a Petronio, è autore delle uniche testimonianze del romanzo antico in lingua latina, il primo con le "Metamorfosi", il secondo con "Satyricon". Apuleio descrive le vicende dell'asino d'oro, episodio chiave del romanzo che ha un complicato intreccio, dentro il quale l'autore affina tutte le sue capacità di mago e pensatore. Il giovane Lucio viene coinvolto, durante un viaggio con destinazione Hypata in Tessaglia, tradizionalmente considerata terra di maghi, in una atmosfera carica di mistero. Ospite del ricco Milone e di sua moglie Pànfile, esperta di magia, riesce a conquistarsi i favori della servetta Fotìde e la convince a farlo assistere, di nascosto, a una delle trasformazioni della padrona. Alla vista di Panfìle che, grazie ad un unguento si muta in gufo, Lucio prega Fotìde che lo aiuta a sperimentare su di sé la stessa metamorfosi. Fotìde accetta, ma sbaglia unguento, trasformandolo in un asino, mantenendo però il raziocinio umano e per riacquistare la forma umana dovrà mangiare delle rose rosse. Dopo una lunga serie di peripezie, alla fine del romanzo, finalmente avviene la trasformazione.
     Asino d'oro per Apuleio, premio metafora Mus d'aur ad Avostanis, riservato a persone che, nella loro vita, lavorano dietro le quinte, lontane dalle luci della ribalta,  svolgendo una attività che è condotta con discrezione in favore delle comunità. Sono chiamati "eroi silenziosi della realtà quotidiana" e questo progetto, che si avvale del coordinamento di Guido Sut, è giunto alla sua undicesima edizione che ha ... incoronato Lisdero Valle, di Nogaredo di Corno, agricoltore, che, come San Francesco parlava agli uccelli, lui parla al mais, al grano, alla segala, al sorgo nero e ai girasoli che coltiva; Novella Del Fabbro, di Forni Avoltri, vulcanica sostenitrice e divulgatrice della sua parlata, tanto da essere chiamata la "signora della O" per la variante friulana che si parla nella sua terra natale (la musicalità diventa  pacheo); Carlo Beltrame, di Frisanco, meglio conosciuto come Carlin, carpentiere, boscaiolo, miniaturista, che, da quando è andato in pensione (oggi ha 96 anni) ha costruito il suo paese, così come si presentava un tempo, in rigorosa scala 1:10. Questo paziente lavoro oggi fa parte di un visitatissimo museo allestito a Frisanco. La poetessa Novella Cantarutti, presente alla serata, ha detto di lui: "Carlin ha ridotto la memoria degli oggetti".
     Quarto premiato con il Mus d'aur Aureli Argemì i Roca, catalano, attualmente residente a Barcellona, definito l'avvocato difensore del diritto della lingua perché tutte le lingue hanno lo stesso valore e devono essere rispettate allo stesso modo, dal momento che ogni lingua è espressione dell'identità di chi la parla e della sua comunità.
La serata è stata intelligentemente e abilmente presentata da Angela Felice, instancabile organizzatrice di qualificati eventi teatrali e culturali, nella sua veste di condutore, che ha dedicato all'asino una dotta e documentata conversazione ricordando la storia del mus nella letteratura nel già citato Apuleio, nella Bibbia, nella mitologia (il dio del teatro si muove con l'asino), nei proverbi popolari (il raglio dell'asino non sale in cielo, a fâ la barbe al mus si piert lissìe e savon),  l'antica Corse dai mus di Fagagna nata nel 1891 caldeggiata dal senatore Gabriele Luigi Pecile, nei siti Internet con 1.050.000 pagine solo in italiano.
Prima della attribuzione dei premi è stato organizzato uno spazio dedicato a Rodolfo Castiglione, decano del teatro friulano, e a Germano Pontoni, presidente dell'Unione cuochi del Friuli Venezia Giulia, che sono stati intervistati da Federico Rossi.
I vari momenti dell'appuntamento agostano sono stati intervallati da musiche popolari eseguite da Franco Giacomuzzi alla fisarmonica, Pierino Gori alla chitarra, Silvio Pontelli al clarinetto, Paolo Viezzi al contrabbasso e Gianfranco Lugano alla fisarmonica e cornamusa.
     Una serata all'insegna della genuina spontaneità dedicata a quel Friuli nascosto che vive nell'anima.


...ed alcuni flash su persone importanti...
Novella Del Fabbro, Novella Cantarutti e Silvano Bertossi