BREVE SUNTO DELLA VITA DI SUOR AMELIA
Suor Amelia
nasce in Friuli a Carpacco di Dignano (Ud) il 20 settembre 1912 da Amelia e
Antonio Cimolino. Una ragazza di campagna come tante, pronta a diventare sposa
e madre ma… un giorno durante una messa festiva l'omelia fu fatta da un
missionario. Maria, chiamata Mariute, improvvisamente sentì un fuoco dentro,
cosa stava succedendo ! non capiva e pensava che tutti vedessero la sua
trasformazione. All'uscita della messa corse a casa e non ancora cosciente non
sapeva come dirlo ai suoi genitori. Si rivolse al parroco che la indirizzò
alle suore di Fagagna e poi piano piano incominciò a raccontare l'accaduto
alla mamma e al papà. ECCO! Improvvisa era arrivata la vocazione.
Aveva 19 anni e come lei raccontava "Mi sentii
improvvisamente un grande fuoco dento..." Seguì l'immediata richiesta di
diventare suora e andare in missione nei paesi più poveri e bisognosi, nei
paesi flagellati dalla lebbra: INDIA E BIRMANIA.
Il NOVIZIATO presso le suore di Carità o di Maria Bambina a Bergamo e la
scuola di infermiera per malattie tropicali a Genova. L'8 dicembre 1933 LA
VESTIZIONE a Bergamo dove chiede di prendere il nome della mamma "AMELIA".
Dopo solo 2 anni dalla "chiamata" il 20 SETTEMBRE 1934,
giorno del suo 22° compleanno arriva a Bombay diretta in BIRMANIA. La
Birmania: il nulla oltre alla miseria e alle malattie, la Lebbra soprattutto.
Erano da per tutto, le famiglie li abbandonavano per paura del contagio e così
Suor Amaelia incominciò ad andare per le strade e nella foresta a
raccoglierli. Stavano in piccoli capanni. Era la loro ultima dimora in balia
degli animali.
E così nei pressi di CANTOON inizia la sua missione,
costruendo un lebbrosario. Per legge i lebbrosari non potevano sorgere che
oltre 6 miglia dai centri abitati per cui erano costretti a stabilirsi nella
periferia ai limiti della giungla.
Con grandi difficoltà, in quanto lo Stato non dava i
permessi per costituire lebbrosari, riuscirono a costruire diversi gruppi di
capanni di paglia, dove ospitarono fino a 2.000 lebbrosi in un gruppo e 800 in
un altro esclusi i bambini che venivano ospitati in locali diversi. Assieme a
una consorella percorreva miglia e miglia da un villaggio a un altro, fra le
montagne attraverso la foresta dove si doveva farsi la strada per avanzare,
dormiva per terra e si portava per cibo del riso con sale e peperoncino dentro
una foglia, la notte a turno dovevano vegliare affinchè il fuoco non morisse -
era zona di tigri e animali feroci.
La 2a guerra mondiale fu terribile! la Birmania fu
invasa dai russi e dai cinesi, le persecuzioni, le minacce, la distruzione, la
fame, il rapimento, la paura. Venne chiesto a lei e altre consorelle di
rientrare in Italia, ma se fossero uscite non sarebbero più potute rientrare e
così decisero di rimanere "con la loro gente". Soffrì fame, brutalità e
malattie.
Nel 1970 dopo 36 anni ininterrotti si ammalò di malaria
cerebrale, bronchite e paratifo. Non potevano più fare nulla per lei perciò le
autorità locali decisero di rimpatriarla. Dalla Birmania è partita
completamente sola e con le sole cose che indossava. Chi usciva dalla Birmania
non aveva più possibilità di rientrarvi.
Rimase incosciente per 6 mesi, ma non era ancora la sua
ora, il Signore aveva ancora progetti su di lei. Dopo 2 anni di cure, presso
la Casa Madre di Milano, si riprende e non potendo rientrare in Birmania per
motivi politici, chiese di andare in India sempre fra i lebbrosi. Nel 1972
arriva in India a Mangalore nello stato del Karnataka. A Mangalore c'erano
ospedali e comunità sufficientemente organizzati ma non c'era un luogo dove
potessero
accedere "gli ultimi", uomini e donne abbandonate, diseredate,
malate che non potevano pagare ricoveri ospedalieri. Alcuni studenti stavano
chiedendo al governo di aprire le porte degli ospedali anche ai lebbrosi e ai
poveri che non potevano pagare, ma i politici erano sordi, ma non Suor Amelia,
che raccoglie le preghiere di questi giovani e la disperazione di questa
gente.
Incomincia la ricerca di un pezzo di terra dove poter
far sorgere un ricovero. A gran fatica e contro tutte le istituzioni indiane,
con l'aiuto finanziario dei benefattori friulani e trevigiani prende un pezzo
di terra in mezzo alla savana dove con l'aiuto degli studenti e di volontari
si incomincia a spianare e si costruisce una capanna. Nella sola capanna
esistente alloggia Suor Amelia con un'altra sorella e i primi lebbrosi.
Nasce così nel gennaio del 1974 il VILLAGGIO DELL'AMORE
"OLAVINA HALLI". Il 5 gennaio 1975 si trova l'acqua - da lì un lavorio
continuo senza interruzione. La gente locale sapeva che una suorina era lì per
loro ed incominciarono a cercarla, a chiedere il suo aiuto e così piano piano
da una capanna ne sorse un'altra e un'altra ancora fino a richiedere l'aiuto
di altre suore, un'infermiera, una cuoca… Dopo alcuni anni le capanne sono
state sostituite da edifici in muratura, con i mattoni fatti da loro con il
fango e la paglia!
Ora è un paradiso terrestre che ospita centinaia di
persone dove i più poveri, i diseredati, gli ammalati, i lebbrosi "gli ultimi"
come lei li ama chiamare, hanno un ricovero, l'assistenza, un pasto al giorno
e soprattutto l'AMORE; un luogo dove la persona riacquista una dignità, la
dignità d'uomo che la vita gli aveva tolto. Suor Amelia ha saputo trasformare
un luogo di abbandono e di dolore in un luogo pieno di vita e di dignità
umana.
Gli obiettivi sono la riabilitazione dei fratelli
lebbrosi e indigenti - gli ultimi - e renderli auto sufficienti. Al momento vi
sono circa un centinaio di residenti: ex lebbrosi, persone con grossi problemi
di alcolismo, malati mentali, donne ripudiate. Ogni persona bisognosa viene
accolta al di là della propria casta , religione e convinzione politica. Hanno
un letto e due pasti al giorno: riso, riso e curry, riso. Un uovo alla
settimana. Domina fra tutti uno spirito di amore e di aiuto reciproco; tutti
si sentono parte di una grande e unica famiglia.
Chi è in grado di lavorare ha un compito preciso,
tenere pulito il villaggio, le pulizie dei dormitori, accudire gli animali,
lavorare la campagna. Gli autosufficienti aiutano chi è invalido, chi non può
mangiare o alzarsi o lavarsi da solo. A chi si è creato una famiglia, si è
provveduto a costruire una casa (due stanze senza mobili; si dorme su stuoie,
si mangia per terra) al di fuori del villaggio, ce ne sono ormai più di 260.
Per i loro bambini e gli altri del luogo c'è una scuola materna che opera nel
villaggio curandone l'educazione. Nel villaggio funziona una spaccio per i
bisognosi del luogo. Circa 300 ragazzi della zona vengono aiutati
finanziariamente nel percorso scolastico grazie al sostegno a distanza. C'è un
dispensario che assiste i residenti e i poveri dei villaggi vicini.
L'autoambulanza posseduta del centro è disponibile, per le emergenze, per la
gente dentro e fuori dal villaggio. Il centro aiuta i poveri nella costruzione
e nella riparazione delle proprie case, costruzione di pozzi per l'acqua,
servizi igienici; sostiene le spese di ospedalizzazione, contribuisce alle
spese di matrimoni. La gente si rivolge al villaggio quando è in difficoltà.
Nel villaggio c'è una stalla per la produzione del latte che oltre al
fabbisogno locale viene venduto. Ci sono coltivazioni di gomma, cocconoti,
banane, pepe, riso, vaniglia, papaia, mango,ecc. Tutti questi lavori vengono
svolti dalle famiglie riabilitate.
Dal 20/09/2006 è stato aperto anche un centro per
malati di AIDS, grande desiderio di Suor Amelia: poter assistere i malati
terminali. Un lavoro quotidiano senza fine. Suor Amelia è coadiuvata da 10
suore indiane ed è sostenuta e aiutata finanziariamente SOLO da benefattori
italiani e svizzeri. La generosità dei benefattori è la forza materiale per la
sopravvivenza di migliaia di persone. La forza di Suor Amelia è l' AMORE e la
FEDE SMISURATA. E VUOLE CHE IL SUO GRAZIE ARRIVI A TUTTI ASSIEME ALLA SUA
BENEDIZIONE.
Suor Amelia ci lascia il 19 giugno 2006. 72 anni
di missione e mai, neanche per un solo attimo, un cedimento, un ripensamento.
Solo amore amore amore per il fratello e per il "suo Gesù'".
Le foto del servizio gentilmente fornite
dall'Associazione Polse -
Olavina Halli, si riferiscono:
Foto 1: Suor Amelia in Birmania;
Foto 2: La fondazione di Olavina Halli (Villaggio dell'Amore);
Foto 3:
Suor Amelia ad Imponzo nel 1999 per il gemellaggio con "La Polse";
Foto 4:
Suor Amelia in India nel 2002:
Foto 5: Suor Amelia a Carpacco nel 2005 per i 100 anni di mons.
Giovanni Olivier;
Foto 6: Suor Amelia con le sue consorelle ad Olavina Halli.
Morta la
Madre Teresa friulana, Suor Amelia Cimolino, missionaria d'amore.
“Una donna straordinaria, dal carisma e dall’energia eccezionali e dalla
fede incrollabile”. Anche in Friuli la si ricorda in queste ore, nella
preghiera e nella gratitudine. E così ne cita le luminose parole Franco
Bardus, dell’associazione La Polse di Cougnes, che ha creato un ponte di
solidarietà con la missione di suor Amelia ad Olavina Halli. Il mio
cuore è così felice di avervi accanto che non so come faccia a resistere
alla gioia. Ha vissuto il voto di carità in semplicità, operosità e
abbandono, secondo lo spirito della fondatrice, scrive in una missiva la
superiora generale Madre Piercarla Mauri. La lettera verrà letta oggi,
20 giugno, durante i funerale che sarà celebrato in India. “Il Signore –
continua la superiora – per ben due volte l’ha miracolosamente guarita
da gravi malattie che l’avevano portato sull’orlo della tomba, e l’ha
fatta tornare dai suoi poveri quando ormai non c’era più speranza.
Davvero Dio ha trionfato in lei con la sua potenza e ha fatto vedere che
fare le cose più grandi”. Oggi Olavina Halli, la missione fondata da
suor Amelia Cimolino che oggi si stringerà intorno a lei per la solenne
e partecipata celebrazioni dei funerali, è oggi una grande famiglia
basata sull’amore e sulla preghiera. Bardus racconta il villaggio dove
la suora friulana ha voluto trascorrere gli ultimi anni della sua
operosa e lunga esistenza terrena. Un villaggio dell'accoglienza e
dell'amore, sorto per sua iniziativa nel bel mezzo della foresta
tropicale, e diventato una casa per tanti malati, poveri e affamati.
Legatissima al suo Friuli, dove tornava di tanto in tanto, Nai Cao,
mamma bianca in lingua del luogo, la Madre Teresa friulana aveva creato
numerosissimi gemellaggi e una rete di solidarietà e di amicizia e di
sostegno alla missione coinvolgendo tante comunità in Friuli, in Italia
e nel mondo. Grande. “Sono solo uno strumento nelle mani del Dio
dell’amore”, soleva ripetere. |
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