I «COLLOQUI DELL’ABBAZIA DI ROSAZZO»
HANNO OSPITATO, VENERDÌ 5 OTTOBRE,
UNA INTERESSANTE CONFERENZA DEL PROF. ALBERTO MELLONI
Appassionata e impietosa fotografia dei problemi del cattolicesimo:
non basta «misurare» l’eticità della società, ma bisogna tornare ad
essere lievito
(A
CURA DI ROBERTO PENSA
-
La Vita Cattolica
di SABATO 13 OTTOBRE 2007)
IL CLIMA in
cui si svolge oggi la riflessione sulla Chiesa non è affatto neutrale e
indifferente. Questa la premessa fondamentale con la quale il prof.
Alberto Melloni ha aperto il suo intervento sul tema «Una Chiesa
chiamata a fare i conti con i mille volti dell’uomo contemporaneo. La
fisionomia e l’agenda dei problemi che vanno affrontati per dare piena
attuazione al Concilio Vaticano II o nella prospettiva di un nuovo
Concilio».
Clima di
putrefazione culturale -
«Sarebbe molto grave se dimenticassimo che riflettere oggi sulla Chiesa
in Italia vuol dire farlo in un contesto in cui ci sono fenomenti di
"putrefazione culturale" particolarmente gravi – ha premesso Melloni –.
Rischieremmo di cadere in quello che Papa Ratzinger ha giustamente
definito, con una parola marcante e tagliente, relativismo. Per ragioni
biografiche, quando Benedetto XVI parla di relativismo, ha in mente un
mondo che oggi non c’è più, quello del ’68. Era un relativismo rispetto
ad una spinta rivoluzionaria, progressista, legata alla prospettiva di
un cambiamento sociale molto radicale. Oggi invece siamo tutti immersi
in un vento culturale reazionario, conservatore, davanti al quale è ben
possibile avere una indulgenza relativistica di segno opposto rispetto a
quello che normalmente ci si aspetta. È un relativismo di destra, che
trova ad esempio i cristiani molto anestetizzati rispetto al crescente
odio per i poveri, assai poco disponibili ad indignarsi, non perché non
sia chiara la dottrina cattolica, ma perché questo è il contesto in cui
ci troviamo». C’è infatti, secondo Melloni, una «sorta di fastidio, di
insofferenza sempre più pronunciata versol’esistenza dei miserabili. La
loro prima grande colpa è di essere miserabili; la seconda di essere
troppo visibili all’interno della nostra città. La legittimazione
dell’odio verso i poveri oggi è un dato culturale molto diffuso e che,
anche se qualche volta lo si chiama sicurezza, rimane semplicemente odio
verso i poveri».
La
Chiesa: lievito o autovelox? -
Ci si può spiegare l’atteggiamento della
Chiesa davanti ai grandi cambiamenti della storia in tre modi diversi.
Il primo modo è «di pensare che la Chiesa è una spettatrice inascoltata
di processi degenerativi che non hanno fine, ai quali la comunità
cristiana è più o meno arcignamente rassegnata – ha spiegato Melloni –.
Per qualche tempo nel passato questo è stato il modo con cui il papato
ha inteso la modernità. Un modo un po’ più attivo, è immaginare la
Chiesa come l’autovelox della morale: sta nascosta dietro l’angolo, non
si fa tanto notare, e quando sui temi morali la cultura contemporanea
sfreccia, violandoli con eccessiva velocità, in stato di ubriachezza o
su macchine rubate, scatta e manda la multa. Sanzioni che poi nessuno
paga, inesigibili, che alla fine hanno solo l’effetto di proiettare
sulla Chiesa questo suo modo di autorappresentarsi». Un terzo modo di
stare dentro i processi e le svolte della società, presente dentro il
magistero, come ad esempio nell’enciclica «Pacem in terris » e in altre
di Paolo VI, è che «la Chiesa sta dentro i processi che caratterizzano
l’umanità come una causa. Non è nè uno spettatore né una macchinetta, né
un profeta inascoltato», ma è interpellata dal Vangelo a divenire «la
causa delle evoluzioni dell’umanità, quando riesce ad innescare dei
processi nei quali aumenta nel mondo l’eguaglianza, la giustizia, la
vivibilità e soprattutto la pace».
Cristianesimo=Occidente? -
Quali sono, allora, i sintomi da affrontare, a soli 40 anni da quella
straordinaria «terapia» che fu il Vaticano II? Melloni ne individua tre.
«C’è un deperimento del senso della cattolicità – ha evidenziato lo
storico –. Il cristianesimo tende a rintanarsi sempre di più nel mondo
occidentale, come fosse la sua nicchia decisiva, l’unica “casetta” in
cui può abitare. L’identificazione con l’Occidente è molto grave. Ero
abituato a capire che c’era una grave crisi nel mondo dalla colletta
della domenica a Messa: il colpo di stato in Brasile, la carestia del
Biafra ecc...Oggi c’é qualche diocesi che ha fatto qualcosa di
sistematico e di grande per l’Iraq, dove c’è la guerra, la gente muore
come mosche? Dov’è il calore di carità, che per il cristiano più che una
virtù dovrebbe essere un istinto?
Oscurata
dalla logica mediatica - «Per
una forma di subalternità a quella che è la logica mediatica – ha
aggiunto Melloni –, il cattolicesimo tende poi a rappresentarsi
attraverso una lottizzazione degli spazi televisivi concessi ai
movimenti anziché attraverso la sua forza vera di territorio e di
popolo. Mi colpisce che i 30 mila che per 4 giorni danno vita al Meeting
di Rimini sembrano contare molto di più dei 7 milioni che vanno a Messa
tutte le domeniche. È una forma di deficit dell’autocomprensione della
Chiesa di se stessa».
Visione
distorta dell’unità - terzo
punto che incide oggi sulla qualità della vita cristiana, secondo
Melloni, è il modo in cui viene percepita l’unità: «Nel discorso di
apertura del Concilio Papa Giovanni XXIII si augurava l’unità dei
cattolici tra di loro, dei cristiani, dei credenti, del genere umano.
Ormai ci siamo assuefatti all’esistenza di uomini che sono più umani di
altri; l’unità dei cattolici è ormai di tipo federativo; la passione per
l’unità dei cristiani è passata nel dimenticatoio per la maggioranza e
ci si limita a periodici incontri tra i capi delle Chiese». Su quali
scelte concentrarsi, allora, per tornare ad un efficace annuncio e
testimonianza del Vangelo? Melloni ne individua alcuni.
Il «bivio
del giovanilismo» - «Trovo che
ci sia una insensata elefantiasi del giovanilismo nella Chiesa – ha
spiegato Melloni –: il grosso dello sforzo catechistico è rivolto ai
bambini, molta retorica è giocata sulla generazione di domani. Ma il
problema del cattolicesimo italiano è una questione di adulti. Se nelle
chiese mancano due generazioni, non dipende da queste ultime ma dalle
generazioni che la chiesa la frequentano».
Eclissi
della speranza - Il secondo
bivio è la mancata percezione della gravità di una eclissi della
speranza. «Nessuno spera più niente – osserva Melloni –, né per sé né
per gli altri. Si guarda a quello che si ha, si possiede, sia in termini
materiali che spirituali. E si rinuncia completamente all’idea di
annunciare la speranza, qualcosa di meglio a tutti i livelli, nella vita
terrena e ultraterrena, per la comunione, per la partecipazione alla
vita della comunità. Se la Chiesa perde la sua funzione di promotrice di
speranza, diventerà solo una agenzia di imballaggio di valori».
La
questione del potere politico -
È un problema eminentemente italiano.
«C’è una tendenza a credere che il credito della Chiesa si misuri in
Parlamento – ha denunciato Melloni –. Non è vero, perché in Parlamento
qualsiasi cosa ha credito, basta che possa restituire qualcosa al potere
o rappresenti un segmento decisivo per gli equilibri del governo».
«Rileggere» il Vaticano II -
«La fedeltà al Concilio Vaticano II non è solo una questione di piena
attuazione e di esecuzione di una serie di norme, ma la convinzione che
dentro ad una dinamica di comunione c’è la risposta ai più gravi
problemi della Chiesa».
Cristo
torni al centro - Talvolta si
ha la sensazione che la rilevanza di Gesù nella Chiesa sia molto modesta
– ha argomentato Melloni –. Gesù molto spesso è semplicemente la
premessa di una serie di cose che vengono dopo. I teologi moralisti che
parlano di bioetica, ad esempio, si affannano a dire che le loro
conclusioni non hanno niente a che fare con la fede. Sono tutte cose
inerenti al "diritto naturale" e non c’entrano col Vangelo. Ma ci sarà
pur qualcosa da dire che discende direttamente dal Vangelo? La
differenza tra il Messale di Pio V e di Paolo VI è la presenza della
Parola di Dio. Se serve solo a predicare, a fare il discorsetto
domenicale, allora è naturale che qualcuno chieda di tornare indietro al
vecchio messale».
A chi
servono i sacramenti? -
L’ultimo «nodo» denunciato da Melloni, è «una progressiva inerzia
rispetto alla ricerca delle capacità ecclesiologicamente generative del
sacramento », con particolare riferimento al Battesimo, all’Eucaristia e
alla Penitenza. Quest’ultima, ad esempio, è «una dimensione della vita
cristiana che dovrebbe accompagnare le persone concrete in un cammino di
conversione. Ma l’abbandono della pratica penitenziale, o la sua
riduzione, fa sì che ci siano della categorie notorie (divorziati,
risposati, omosessuali...) e molte altre condizioni più nascoste per le
quali non c’è nella Chiesa un cammino di conversione sacramentale. Ci si
riduce a forme di burocratizzazione della vita pastorale perché si è
consapevoli che dopo, nella quotidianità non ci sarà nessuno che
accompagna nessuno. Al di là delle grandi morali del divieto, si scarica
tutto sul confessionale sperando che basti. Ma lì si può dare solo
l’assoluzione, non più di questo. Invece occorre una esperienza vera
dell’essere riconciliati con Dio». Tutte domande importanti, ha concluso
Melloni, che «non è inutile farsi per evitare di dar credito ad un
sentimento di amarezza e delusione molto diffuso. Una forma di
“pettegolezzo” per cui essere cattolici significa essere cittadini un
po’ più disgustati di altri da certe cose, ma che alla fine le accettano
perché tanto anche loro non sperano più niente».
Ecco le sfide
Riflettere sulla Chiesa significa leggere ciò che agita il vasto mondo
cristiano e la comunità cattolica in questo tempo. Questo il compito
affidato, dal più recente dei «Colloqui dell’Abbazia », al prof. Alberto
Melloni, editorialista del «Corriere della Sera» e docente di Storia
contemporanea dell’Università di Modena e di Reggio Emilia, che venerdì
5 ottobreha svolto nella sala della Palma dell’Abbazia di Rosazzo
un’ampio esame delle sfide e dei nodi cruciali che attendono la Chiesa
cattolica.
Una analisi «costruttiva» – «mi sento felicemente parte
di questa Chiesa», ha sottolineato Melloni – e non portata avanti con
gli occhi di chi, da un punto di vista estremo,guarda con le lenti della
critica corrosiva al «gregge»: «Non voglio sostenere l’esigenza di una
sorta di "chiesuolina dei perfettini" – ha chiarito Melloni –, ovvero
che il problema della Chiesa è scoprirsi un po’ grassottella, e quindi
bisognosa di dimagrire un po’ tornando chiesa adolescente. È un’idea che
nel cattolicesimo esiste, quella delle minoranze creative. Ma il popolo
di Dio non è questo. Le anoressiche non fanno figli».
Si è trattato comunque di una critica dura, realistica,
a tratti impietosa. Di quelle scosse che servono capire che è urgente
ripartire. «In tante età storiche si potevano dire cose altrettanto
preoccupanti della Chiesa – ha ammesso Melloni –. Le differenze con oggi
però sono due. In primo luogo che in questo tempo ci siamo noi, il che
rende la cosa un po’ più grave dal punto di vista delle nostre
responsabilità individuali.
E in secondo luogo la decisività del passaggio storico
in cui siamo, che non ha molti paragoni. In altre epoche a grandi
passaggi storici hanno corrisposto grandi passaggi della Chiesa, nel
senso di rinnovata capacità di ridire il Vangelo a quelle generazioni ».
Ed è quello che serve anche oggi, ripartendo dalla istanza più alta
della Chiesa, il Concilio Vaticano II. «Pur vivendo in un periodo
determinato da questa eclissi della speranza – ha concluso mons. Marino
Qualizza –, aprendoci al dono dello Spirito per mezzo di Cristo, c’è la
possibilità di andare avanti nella barca della Chiesa di oggi, pur
agitata da diversi marosi.
Ricordiamo quello che i Padri della Chiesa dicevano: la
barca della Chiesa “fluctuat sed non mergitur” (fluttua ma non affonda),
non perché siamo bravi e sappiamo nuotare, ma perché Qualcuno la tiene a
galla». |