È uscito «Borderline» del
cantautore friulano Loris Vescovo
STORIE
E personaggi «al confine», scritti e cantati da chi sul confine è nato.
(ERIKA
ADAMI – La Vita Cattolica dell’8 Novembre 2008)
È uscito da pochi giorni, per
la Nota records, «Borderline » del cantautore friulano Loris Vescovo. Un
lavoro maturo, ispirato nei testi e nella musica, che, in alcuni
momenti, ricorda le forme libere di personaggi come Tim Buckley e Nick
Drake, con qualche citazione di musiche dell’Est e l’impiego di
strumenti come l’arpa cinese, la steel guitare e l’organo a canne. Ad
accompagnarlo due fra i migliori strumentisti friulani, Simone Serafini
e Leo Virgili, e la canadese Julia Kent, violoncellista e arrangiatrice
degli archi del pluripremiato disco «I Am a Bird Now» di Anthony and the
Johnsons e collaboratrice, tra gli altri, di David Tibet, Angels of
Light, Devendra Banhart e William Parker. Vescovo, che ha al suo attivo
numerose collaborazioni – in distribuzione da pochi giorni il cd nato
dal progetto musicale con Lino Straulino e Stefano Fedele e di prossima
uscita il cd/dvd «Cjantâ vilotis » con Antonella Ruggiero –, è al suo
terzo cd da solista (dopo «Doi oms e une puarte » e «Setemane Ulive»).
Ultima tappa di un viaggio sulle tracce dei migranti: una condizione
connaturata all’uomo e punto di partenza per rileggere il mondo
contemporaneo. Ecco allora il progetto radiofonico «Sgarfefurlans», lo
spettacolo «Dagos. Furlans pal marimont». E ora «Borderline»: 13 pezzi,
alcuni scritti qualche anno fa, che saranno presentati tra poche
settimane alla stampa e, in forma di concerto, al pubblico friulano.
BREVE PRESENTAZIONE
Loris, perché questo
titolo? - «“Borderline”
è un termine inglese che racchiude in sé parecchi significati: “linea di
confine”, ma anche “a cavallo del confine”, riferito a qualcosa di non
ben classificabile. In psicologia indica una patologia “di confine”. Le
storie e i personaggi di questo lavoro sono “borderline” appunto. Io
sono molto fiero di essere nato vicino al confine, anzi, ai confini:
sono tanti nel raggio di un centinaio di chilometri. Aiuta a crescere
con una identità e una “forma mentis” aperta al diverso».
Il titolo è in inglese, ma
il cd è plurilingue. -
«Tutti i brani, tranne uno, sono in friulano, la nostra lingua
minoritaria “di confine”, anche se le storie che racconto sono
universali. È un friulano contaminato dalla presenza di italiano, veneto
e inglese, che ci racconta di posti, e spesso di tempi, lontani».
E di personaggi «al
limite». - «Sì, la
cinese Ai-Li si trova prigioniera di se stessa sulla Torre Eiffel, a
Parigi. In “Underground”, un altro personaggio sta facendo una
esplorazione sotterranea. In “Fade in China”, Liu Jun cammina alle 4 e
mezza del mattino di un giorno di maggio lungo la striscia di
un’autostrada schivando dei camion, in bilico tra vita e morte. In “Canecutters”,
un emigrante di Tarcento ripercorre col pensiero la propria vita di
emigrazione, che lo ha portato a fare il tagliatore di canna, un lavoro
durissimo (“da negri” per gli australiani) in un ambiente ostile agli
immigrati friulani. Gli emigrati friulani, visti dall’altra parte del
confine, diventano, infatti, immigrati».
In diverse canzoni di «Borderline
» – da «Canecutters» a «Ellis Island» – racconti dei frequenti fenomeni
di intolleranza che i migranti friulani/ italiani hanno subito in
passato nelle terre di arrivo: il trattamento riservato oggi in Italia a
molti immigrati… -
«Il keniano-americano Obama è
il nuovo presidente degli Stati Uniti. Questo dovrebbe farci riflettere.
In Friuli e in Italia c’è una emergenza xenofoba, dobbiamo recuperare il
tempo perso e lavorare sodo per una positiva integrazione reciproca tra
migranti e locali. Ricordare che anche noi siamo stati, e siamo un
popolo di migranti non è così scontato. Cantare del razzismo contro gli
italiani è come guardare le cose da un altro punto di vista… dall’altra
parte del confine».
(Integrazione al servizio fotografico di Jenco)
Il percorso sulle rotte
della migrazione continua anche nella scelta grafica. -
«La scelta di utilizzare
vecchie mappe di Friuli, Russia, Iraq, Stati Uniti, Australia, perfino
del Tibet, ha il duplice scopo di ricordare quanto i confini siano
labili e di evocare in qualche modo i luoghi legati alle canzoni. Si
parla di migrazione, ma anche di guerra, che modifica i confini. Quante
volte, nell’ultimo secolo, il confine è passato sopra la testa di noi
friulani».
In «DaviAnnan» inviti alla
consapevolezza sociale.Canti di «confetti-bomba», di «friulani che fanno
da palo», di «giustizia a maglie larghe », che «non si deve sopportare
». Come si raddrizza questo «mondo a rovescio»? -
«La canzone parla della base
di Aviano, insediamento militare che, mai utilizzato, proprio come
Aquileia e Palmanova, durante la guerra nella ex-Jugoslavia alla fine
del secolo scorso, a decenni dalla sua costruzione, è stato “inaugurato”
come base logistica per i bombardamenti in Iraq. Da bambino, durante uno
show di acrobazie aeree, ricordo di essermi chiesto perché alcuni carri
armati erano color sabbia in una terra verde come il Friuli. La risposta
è arrivata qualche anno dopo. Noi cittadini abbiamo il diritto di non
farci abbindolare, di mantenerci informati e di manifestare sempre la
nostra preoccupazione. Con qualche decina di bombe atomiche sepolte
sottoterra, il Nord Est deve farsi sentire».
«Per dietro» è una
rivisitazione/collage di diverse lettere, tra cui una di tuo zio Guido,
morto durante la campagna di Russia. Per non dimenticare? -
«La spedizione russa, la
spedizione in Bosnia… queste guerre sono tuttora un tabù in Italia.
Dobbiamo ricordare il delirio di quelle spedizioni militari per non
lasciarci più abbindolare dalle parole/propaganda dei nostri “sorestants”.
E cantare significa anche ricordare».
ESTRATTO DAL FINALE
Un ringraziamento ad Alessandro Barbina
busedaiveris@libero.it
l'operatore Audio-Service che gentilmente mi ha collegato al suo mixer |