ascoltato per voi
San Vito di Fagagna, 24 aprile 2004
Musica e Canto in Friuli dall'ottocento all'oggi - 2004 www.musicainfriuli.it
Processioni e rogazioni: litanie e canti rituali liturgici propiziatori Coro Giuseppe Peresson di Arta Terme Il CORO G. PERESSON si č costituito a Piano d'Arta nel gennaio 1964 con la denominazione "Coro Giuseppe Peresson". I fondatori vollero cosģ onorare la memoria del musicista pianese non vedente, scomparso nel 1959, del quale erano stati allievi; tra di essi Arnaldo De Colle, che č stato ed č tuttora il direttore. Il coro si segnala per l'originalitą delle proposte nel settore canto popolare di tradizione orale inteso come espressione dell'animo che fluisce spontaneamente in una fioritura di vera poesia. Questa produzione, anche moderna, continua il ripensamento dei fatti comuni eppure cosģ rilevanti dell'esistenza umana come la nascita, l'amore, il lavoro, la religiositą, la sofferenza, ecc Ma anche in molte altre occasioni (rassegne, concorsi, convegni) e con un repertorio diversificato, il Peresson sa offrire motivi di convinto apprezzamento come entitą emergente a livello di coralitą amatoriale. I cantori, oltre una trentina, provenienti da diversi paesi della Valle di San Pietro di Carnia, in particolari circostanze indossano il caratteristico costume d'epoca ('700), su disegno custodito nel Museo delle Arti e Tradizioni Popolari di Tolmezzo.
ARNALDO DE COLLE - Arnaldo De Colle, gią allievo di Giuseppe Peresson, si č successivamente formato alla scuola dei maestri R. Simoniti, B. Cervenca, N. Antonellini, G. Kirschner, G. Pressacco, frequentando per diversi anni corsi di specializzazione in musica corale e direzione di coro. Lattivitą musicale di Arnaldo De Colle si identifica principalmente nel coro G. Peresson, complesso a voci miste da lui fondato nel 1964. Negli ultimi ventanni, lesperienza maturata con il coro e le conoscenze acquisite nei rapporti di collaborazione con varie istituzioni ed ambienti musicali, lo hanno avvicinato alla composizione e alla elaborazione corale. Il materiale sonoro č diventato cosģ, per De Colle, corpo da plasmare per renderlo idoneo a ricevere unanima; unanima semplice, schietta, ma straordinariamente viva: lanima popolare. Nei suoi lavori, la parola cantata, uscita dal grembo della terra friulana, inventa nuovi codici di comunicazione verbale e musicale insieme, in base a coefficienti diversi di spettacolaritą e di qualitą.
Processioni e rogazioni: litanie e canti rituali liturgici propiziatori Il progetto presenta brani ispirati a rituali che hanno radici profonde nel passato e conservano la memoria e le modalitą originarie. Lo spirito antico si rigenera e riaffiora sensibilmente in luoghi ove la natura e l'ingegno dell'uomo mantengono vivi segni e testimonianze di vita e di fede religiosa, che per l'uomo d'oggi rappresentano il fondamento di una tradizione destinata a durare nel tempo perché in essa risiede il germe della saggezza dei padri, fulcro vitale di cultura e di identitą specifiche, in una societą che appare evanescente, sempre pił globalizzata e multietnica. I riti si svolgono alternando momenti di spiritualitą privata a manifestazioni che testimoniano il sentire collettivo e un ritrovato senso di appartenenza, in un «convegno» inusuale per i tempi moderni, dove la presenza del singolo interferisce vicendevolmente e in maniera costruttiva nel processo di irraggiamento degli obiettivi comuni, con conseguente esaltazione dell'effetto complessivo sia dal punto di vista strettamente religioso, sia per tutto ciņ che stimola, incuriosisce e orienta il pensiero alla ricerca delle origini, della storia locale e della propria identitą culturale. Traviārs el bōsc, del poeta udinese Enzo Driussi, descrive i contorni di unalba radiosa che sintravede dietro gli abeti, su, in montagna. Momento ideale e affascinante per la riflessione delluomo che, riconoscendosi manchevole nei riguardi della natura e del suo Creatore, si pente e medita propositi di ravvedimento e riconciliazione. "Sedendo e riposando lanima diventa sapiente" (Aristotele). 'O viōt traviārs el bōsc le To presinze, Signōr, che sflandorōse si palese
cul nassi de zornade. Gčis - Il testo di Celestino Vezzi di Piano dArta (Ud), racconta le vicende delle "Portatrici carniche", in «processione» lungo gli scoscesi sentieri del Monte Pramosio, con le gerle cariche di munizioni. La straordinaria vicenda delle Portatrici carniche si colloca nella storia della prima guerra mondiale come fatto unico, forse, nella storia dei conflitti armati. Lesercito italiano era contrapposto a quello austriaco. Il valore strategico della "Zona Carnia" consisteva nel fatto che essa costituiva un anello di congiunzione tra le Armate schierate alla sua sinistra (in Cadore e attorno al saliente Trentino) e quello alla sua destra (nelle prealpi Giulie e sul Carso); soprattutto, rappresentava la chiusura al nemico di due delle vie di facilitazione che segnano le grandi direttrici di movimento: quella del Passo di Monte Croce Carnico e quella del Fella. La preziosa opera delle portatrici, protrattasi dallagosto 1915 fino allottobre 1917, si svolse su una linea di combattimento che aveva unampiezza frontale di circa 16 chilometri e si estendeva al Monte Coglians (m.2780), Cresta Collinetta (m.2188), Passo di Monte Croce Carnico (m.1360), Pal Piccolo (m.1886), Freikofel (m.1757), Pal Grande (m.1809), Pizzo Timau (m.2117), Cima Avostanis (m.2193), Passo Pramosio (m.1804), Monte Questalta (m.2198), Monte Cullar (m.1794), Monte Terzo e Lavareit. Gčis, su schčnes di fčmines cunsumądes dal lavōr, ējamāz di muniziņns si
pičrdin pai trois e pai boscs das nostes monz; e su fin dulą che i paesąns, i
familiārs, i soldāz ai tegnin bot al nemī. Pensā -
Maria Di Gleria Sivilotti Pensā gucjā curiandui a misdģ da vite e ridi cuindtristomi tanche sorźi
slaparotās d'ingjustri. La madonute dai Algers
- Arnaldo De Colle La storia di questo manufatto si perde nei tempi remoti. Lo studioso Giovanni Marinelli, nel suo libro Guida della Carnia, Ed. A.Forni, la cita annotando che " essa sorge a circa 616 m.s.l.m., presso la sommitą superiore del talus di Alzeri, sul sentiero da Piano a Paluzza." Lo stesso autore ricorda la tradizione popolare secondo la quale sull'ancona degli Alzeri " c'era un tempo effigiata la frana del monte Cucco, con data del 1435." Considerando la posizione dell'ancona posta sulla riva destra del rio Randice, collegata a vista con gli scoscendimenti e le erosioni del monte Cucco, da cui sono venute innumerevoli alluvioni, la pił disastrosa delle quali si ritiene risalente ai primi decenni del secolo XV, si puņ desumere che l'ancona stessa sia stata costruita in quel periodo quale gratificante segno per l'aiuto divino ricevuto dalle popolazioni di allora, o in occasione dell'alluvione, o delle pestilenze ad essa seguite. Dal Bollettino Parrocchiale di Piano d'Arta N.21, Pagine di storia locale - Dicembre 1981 Al ere dut sot āghe Dimpląn tal lāt di Cuc (2); girąvin malatģes, 'nemāi
crepāz par dut.
Timp di rogazions - Il poeta Gjso Fior, originario di Verzegnis (Carnia-Ud), in Timp di rogazions fa una descrizione viva e affettuosa di un'usanza e di un rituale da tempo scomparsi (salvo qualche rara eccezione) e si rivela attento osservatore della natura e uomo di fede. Testimonianze orali A l'alba il respirā da tičra si prent sui cjamps adōr da
strada. I prāz plan plan a' młdin sičra strafonz di plņa e di rosada. La bussade das Crous
- Arnaldo De Colle La dģ da Sense 'nus clame su ogni an, vistide cui colōrs di mont in
primevere. E pai biās muarz un Requie. Pas animes santes dal Purgatori un Pater Ave Glorie! Bundģ, Māri, " 'sči a chi!", sei tornāt d'in ca' 'č une dade; la spietavi dģ par dģ ch'a rivąs cheste zornade. I ąi sintude la tō vous e no ąi plui vūt padģm. I ąi ējapąde su la crous: vele a chi te pōi tal grim. Tu seis biele, Māri, e fine in curējčl sul spič da mont, duč ti clame, duč s'inchine e ti pant afiet profont. Velu, il Cuc, che intor s'indrece enfre il Tenēje e Valbedąn, smontče il Būt e 'ti ējarece, ti travuarde il tor di Plan. Fūr pal troi da Madonute 'l ven su il ējant da Rogazion:"Sante Gjeltrude, prče par nou". Il prevost ie la met dute: "Crous !" al clame, non par non. "Dal folc e da tampieste, liberainus Domine!" Po' dal cīl, inflochetade, sōre un nčul di mil colōrs, a si pōe une "bussade" su la polse, a vuāl das crous. "Alleluja! Lait e istruīt i popui, dissal il Signōr. Iņ o soi cun voātis ogni dģ, fin e fin dal mont". 'L'č un rituāl di antīghe storie, che da Fźde al ą il savōr, al rinfresēje la memorie e il ricuąrt di tanč di lōr. "Vignīt a cene, fradis, cun me, sentāsi insieme ce biel ch'al č". "Faisi dongje, Sanz di Diu Compagnąiu voātis in te ējase dal Pāri". Cu la māri in tun grant trop sglonfe il cūr la mārilenghe, ingrumāz 'tor dal stčss ciņc par scoltā la sō ličnde. "Contąit la buine gnove, berląile afuart par che la sģntin, il Signōr al ą liberāt il so popul e al vīf in mieč a nō par simpri". Lait a contā ator che vuei a "chi su la mont, tenare, si busse dute la Cjąrgne!" Nota: i testi in «grassetto» sono tratti dal libretto dei canti del rituale proprio, che vengono riproposti dal coro con le melodie tradizionali.
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