La radiosveglia
che ogni giorno puntualmente si accende alle ore 06.00, mi aveva
avvertito che quella di Sabato 19 Novembre sarebbe stata una giornata
con una buona visibilità e quindi adatta per il viaggio nella bassa che
avevo intenzione di effettuare. Il motivo di questo viaggio non era solo
il solito servizio fotografico al paesaggio che varia con il mutare
delle stagioni, ma aveva come obbiettivo anche i gustosissimi frutti di
un “cacâr”, piantato chissà quando nel cortile dei Mion a Sant’Andrat
del Cormor, uno dei tanti paesi disseminati lungo la “napoleonica”, la
strada che collega Palmanova a Codroipo, fatta costruire dal turbolento
imperatore all'inizio del 1800.
...su e jù par Mortean...
Ero andato a
dormire “alle ore piccole” (l’ultimo aggiornamento del sito segnava le
ore 02.25) e sebbene ci mettessi tutta la mia buona volontà, non
riuscivo a staccarmi dal letto tanto che sono arrivato in prossimità di
Mortegliano verso le 10.15, come si vede dalle lancette dell’orologio
del campanile più alto del Friuli. A differenza dell’ultimo viaggio
effettuato, oggi la punta del campanile si disegnava molto chiaramente
nel cielo blu, e si distingueva chiaramente anche attraverso i varchi
dei rami di quel cacâr che avevo ancora avuto occasione di
fotografare qualche anno fa.
...i
cacos di Mortean...
Dieci minuti più
tardi stavo attraversando Castions per proseguire per Sant’Andrat del
Cormor, puntando direttamente verso l’abitazione dei Mion, infilando il
portone sempre aperto per portarmi fino in fondo al cortile dove la
signora Anita (cognata di Gustavo e Luigi Mion) ed un giovane suo vicino
di casa, stavano preparando le damigiane per riempirle con il vino
novello di produzione propria. Sebbene non mi trovassi in buona
posizione di luce, non ho resistito alla tentazione di cogliere quella
scena che chissà quante volte si è ripetuta nel tempo. La signora Anita
è stata particolarmente gentile e voleva a tutti i costi che assaggiassi
il vino nuovo o un caffè o qualche cos’altro… non ho voluto
assolutamente interrompere i lavori in corso, ho accettato la
disponibilità di Daniele di prendere la scala e salire sull’albero per
cogliere quello che si era salvato dalla voracità di merli e stornelli,
che da veri intenditori avevano preso d’assalto “i cacos dei Miôns”.
Sono comunque riusciti a raccogliere una decina dei frutti migliori,
quelli che non erano ancora completamente maturi e che i volatili
avevano momentaneamente risparmiato.
...a Sant'Andrat del
Cormor...
Dopo aver ringraziato
e salutato quelle brave persone, sono uscito dal cortile di casa Mion e
fatti poche decine di metri ho parcheggiato davanti all’abitazione di
Giovanna, una delle sorelle Mion, che mi ha accolto con un caloroso
abbraccio, chiedendomi subito se rimanevo per il pranzo, ma avendo altri
programmi ho gentilmente rifiutato, accettando però volentieri un buon
caffè cu le sgnape…!
...in compagnie di Gjovane...
Tra un sorso di caffè
e l’altro Giovanna si lamentava di aver superato una certa età,
traguardo che mi ha sorpreso veramente, dato che da tempo osservando la
giovialità di questa simpatica signora… vèdue e galandine come une
fantate, quasi quasi ci avevo fatto un pensierino…! Naturalmente
questo complimento ha divertito enormemente la signora Giovanna, che
dopo aver controllato il contenuto di una padella che bolliva, mi ha
accompagnato alla porta salutandomi con lo stesso caloroso abbraccio con
cui ero stato accolto. Mentre salivo in vettura sentivo Giovanna che
diceva: Ma cjale ce elegànt… ce ben vistût… ce biêi bregôns… ce biele
machine…
...la glesie, il platano e il
morâr di Walter a Cjasteons...
Superando il
ponte sul Cormor ho potuto gettare lo sguardo verso i monti,
distinguendo molto chiaramente (anche se in versione mini), le sagome
del Matajur e del Monte Nero. Mi sentivo bene, perché avevo avuto ancora
una volta prova della simpatia che queste genti hanno nei miei riguardi,
e che spiega anche perché quando leggo i nomi di questi paesi, sento un
calore che mi entra nel cuore. Attraversando Castions non ho potuto non
pensare agli amici che li ci vivono ed a quelli che non ci sono più.
Avrei salutato volentieri Clelia, Adelmo, Angela ed altri ancora, ma
ormai mezzogiorno era troppo vicino e non volevo che il mio sembrasse un
trucco per scuedi il gustà. Ho sentito una stretta al cuore
passare vicino alla casa di Armida, ora completamente vuota e fredda…
...i cacos de Badie...
Per la strada
del ritorno ho scelto un percorso nuovo, attraversando Griis e Cucana
prima di ritornare sulla solita: Lavariano, Risano, Lauzacco, Percoto
ecc… Prima di tornare a Leproso in tempo per il solito brût e vin
neri, ho voluto fare un’ultimo giro intorno all’Abbazia di Rosazzo,
per cogliere alcune inquadrature con i cacos che ne ha valso
veramente la pena…