MULINO SCARBOLO
6
Settembre 2005
L'antico Borgo San
Domenico di Cividale, si estende fino alle vecchie cinte murarie, ma la
strada prosegue con altri nomi in direzione di Rubignacco, Faedis e
Tarcento, mentre altre strade si
disperdono nella campagna alle falde del Mont dei Bus. E' qui che
scorre una piccola roggia, appena visibile su una mappa
1:25.000 della Tabacco, che partendo addirittura dalla periferia di Torreano non va a scaricarsi nel vicinissimo Torrente chiarò, ma
prosegue solitaria il suo cammino "alimentando" durante il percorso
altre pale di mulini oramai quasi tutti scomparsi, ed aggirando il "Mont
dei Bus" arriva fino al Mulino Scarbolo in località Çucula. La Roggia dei Mulini
proseguirà poi attraversando il centro storico Forum Juli, dando forza
motrice ad altri mulini prima di finire nelle profonde acque del
Natisone.
Per la strada che porta al vecchio Castello (ora
trasformato in moderno ristorante) ci sono passato diverse volte ma
pur notando l'interessante manufatto, non avevo mai trovato il tempo e la voglia di
fermarmi. Questo è segnalato dal cartello della Provincia di
Udine, che riporta le principali informazioni sulle opere da essa
tutelate e controllate anche dal Ministero per i Beni Culturali ed
Ambientali. Attraversando frettolosamente quella via, avevo sempre
tirato dritto ma oggi, sebbene le curve dei miei bioritmi non fossero a livelli molto
alti e non mi sentissi in forma perfetta, arrivato all'altezza del
mulino ho inconsciamente rallentato passando vicino ad una signora
intenta a ramazzare l'asfalto, viaggiando avanti e indietro per due
volte prima di fermarmi. Da quella posizione e in quella fase della giornata, mi trovavo in
una fastidiosa posizione di controluce, tuttavia, ho scattato qualche foto al mulino ripromettendomi di tornare in orari più favorevoli...
Non ho avuto il tempo di risalire in auto perchè la signora mi si è avvicinata
salutandomi, e con fare molto gentile mi
ha chiesto se ero interessato a scattare qualche
foto all'interno dei locali. Con la scusa di non portare con me una macchina
fotografica più efficiente (il che era vero), le ho assicurato che
sarei tornato un'altra volta...
Devo ringraziare la sua cortese
insistenza perchè, visto che... del doman non v'è certezza...
forse mi sarei persa la gioia trovarmi immerso in uno scenario con
immagini e antichi profumi di farina, che mi
hanno riportato indietro di almeno sessant'anni... quando anche a
Leproso avevamo un mulino di questo tipo, anche se notevolmente più grande...
Approfittando della squisita cortesia della signora Elena,
proprietaria del Mulino Scarbolo, penso che tra qualche giorno tornerò
a Cividale per completare il servizio fotografico... Per il momento utilizzerò il materiale raccolto...
Motivazioni
per cui il Ministero dei beni Culturali e Ambientali ha
decretato che l’immobile “Molino Scarbolo” è un patrimonio
che ha tutti i diritti sanciti dalla Legge 1° giugno 1939,
n. 1089.
Trattasi di due edifici di
antica fondazione, pervenuti alla famiglia Scarbolo negli
ultimi decenni del XIX secolo, adibiti l’uno alla
macinazione del frumento e delle granaglie, l’altro –rara
testimonianza superstite in regione- alla battitura del
merluzzo stagionato: eretti sugli argini della roggia dei
Mulini nella fascia esterna al centro storico di Cividale e
attivi fino a pochi anni fa. Essi costituiscono una
testimonianza storica rilevante nella complessità degli usi
dello sfruttamento della forza motrice dell’acqua per la
vita economica dell’importante centro friulano e documentano
l’esercizio di un mestiere ormai estinto. Un unico sistema
di pale collegate da un asse centrale aziona sia gli
ingranaggi che muovono la macina del mulino sia il pesante
pestello di rovere che aritmicamente pressava i merluzzi
stagionati sulla base di pietra.
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MULINO SCARBOLO
Relazione storica
Il mulino, pervenuto alla famiglia Scarbolo negli ultimi decenni
del XIX secolo è rimasto in funzione fino a pochi anni fa, è
formato da due edifici di antica fondazione (una iscrizione ora
scomparsa pare ne facesse risalire l'origine al 1570), posti
parallelamente sugli argini della roggia dei Mulini, ai margini di
borgo S.Domenico, nella fascia esterna al centro storico di
Cividale. I due edifici erano adibiti, uno alla macinazione del
frumento e delle granaglie, l'altro alla spillatura del 1'orzo e
-rara testimonianza in regione- alla battitura manuale del
merluzzo stagionato. Un unico sistema di ruote con le pale (ROT)
posto sul corso d'acqua e montate su di un'asse centrale (MÉL)
azionava sia il meccanismo per la macinazione del grano sia quello
per la battitura del baccalà.
L'edificio del mulino, di forma quadrangolare e tetto a capanna,
una falda del quale copre un'ampia tettoia un tempo aperta e
sorretta da pilastri ancora visibili, è costruito in muratura
mista e mostra,-sul lato verso la roggia, fondazioni in pietra che
ne costituiscono l'argine. Esso mantiene al suo interno, pressochè
intatto, il sistema per la macinazione. L'asse delle pale esterne
è collegato ad una ruota verticale munita di denti cilindrici (PARMULIS)
che servono a far azionare la macina (MUELE) formata da due pietre
circolari, in pietra piasentina, quella sottostante fissa e quella
superiore rotante, la cui interdistanza, regolabile, consentiva
diverse dimensioni di macinatura. Sopra la macina è posta la
tramoggia (TRAMUELE o TREMOZE), in legno, nella quale veniva posto
il cereale destinato alla macinazione. Il funzionamento per la
caduta dosata dei cereali veniva regolato da uno strumento in
legno chiamato S'CIASSUL che, strisciando sulla ruota rotante
della macina, faceva cadere, a causa delle vibrazioni della
pietra, in modo continuativo e costante, il cereale nel foro
centrale della ruota (GOLE). Sulla parte sovrastante la tramoggia
è posto un pezzetto di legno sagomato avente la forma di una
colomba, dalla parte posteriore della quale pende una funicella
con un pomello che veniva posto al di sotto del cereale
all’interno della tramoggia. Quando il cerale stava per terminare
questo pomello, liberandosi, dava modo alla 'colomba' di mutare
posizione facendo sbattere la catena collegata alla parte
anteriore di quest'ultima contro la pietra della macina
richiamando così l'attenzione del mugnaio sull'avvenuta
macinazione. Il cereale macinato cadeva sul piano orizzontale di
legno (MOLESTAZ) attorno al quale gira una sponda (TALZ) che
impediva alla farina di disperdersi. Il prodotto veniva rifinito
mediante utensili quali i setacci (DRAZ) e preparato per la
vendita con l'utilizzazione di unità di misura particolari (S'CIF).
Durante i primi decenni di questo secolo il mulino è stato
potenziato di un sistema di macinazione a cilindro, azionato sia
ad acqua che elettricamente.
Sulla riva opposta della roggia è ubicato il
piccolo edificio per la spillatura dell'orzo e la battitura del
baccalà. La spillatura dell'orzo avveniva mediante la rotazione di
un'elica di ferro che frantumava il cereale fino a scamiciarlo.
Successivamente veniva setacciato e quindi era pronto per l'uso.
Per la battitura manuale del merluzzo veniva utilizzato un grande
pestello costituito da un grosso maglio di rovere del peso di
circa un quintale posto verticalmente sopra una pietra
rettangolare incastrata nel pavimento della stanza. Esso veniva
sollevato ed abbassato ritmicamente dalla forza motrice
dell’acqua. I merluzzi venivano posti sulla pietra a due per
volta, spostati e girati in modo tale che i colpi del maglio
cadessero dalla testa alla coda di entrambi i lati lasciandone
integra la pelle. Questa attività è stata svolta dalla famig1ia
Scarbolo per un intero secolo, fino a quando, nel 1981, è mancato
Luigi Scarbolo, padre dell'attuale proprietaria. Gli edifici che
compongono il mulino costituiscono dunque una testimonianza
storica rilevante della complessità degli usi dello sfruttamento
della forza motrice dell'acqua per la vita economica friulana e
documentano l'esercizio di un mestiere ormai estinto. |
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