Il testo si
riferisce al 60° anniversario di ordinazione
sacerdotale di don Igino Paroni,
scritto da lui stesso per bollettino parrocchiale di
San Quirino nel lontano giugno 1998,
dove racconta le principali tappe della sua vita.
60 anni di sacerdozio! Un “grazie” adorante a Dio Padre,
infinito nella bontà e ricco di misericordia, perché “ha
fatto in me cose grandi e santo è il suo Nome” (Lc 1,49).
Un primo impulso è di
chiudermi nel silenzio ed adorare Dio, dirgli un GRAZIE
senza fine. E implorare la sua misericordia per la
meschinità della mia risposta. Ma insieme una spinta
prepotente a gridare al vento, col salmista: “Venite,
ascoltate voi tutti che temete Dio, quanto per me ha fatto!”
(Salmo 65,16). Vorrei gridare al mondo la gioia di essere
sacerdote.
Gioia di avere offerto
questi 60 anni al Signore e di aver servito la Chiesa di
Dio. Dovessi ricominciare mille volte non
farei altra
scelta. Vorrei cantare per sempre “Il Signore è buono e
grande nell’amore” e tutto il Salmo 102. 24.720 Ss. Messe
celebrate; milioni di Ss. Comunioni distribuite, Battesimi,
Assoluzioni, Catechesi di fanciulli ed adulti, soddisfazioni
e delusioni, gioie pastorali ed amarezze sofferte (queste,
forse, le più valide cosa da offrire a Dio), vita liturgica
vissuta e… sudate in varie Comunità.
Ero un bimbo di otto
anni. Prima Comunione. Chierichetto. Un giorno sono lì, in
ginocchio, dietro il celebrante. Alla Consacrazione sollevo
la pianeta e guardo il mio parroco che alza l’Ostia santa
verso il cielo! Che momento straordinario!... Qualcosa di
nuovo, indicibile, troppo bello…! Che sarà? Certo è, per me,
un inizio di vita nuova, vita eucaristica. Da quel giorno in
poi, salvo malattia, non mancherà mai alla Messa, quotidiana
s’intende. La fortuna è quella di essere nato in una
famiglia geneticamente cristiana, che non sa negare nulla al
Signore: nove figli, due sacerdoti, due suore. E Dio fa le
cose in grande. E’ il 3 novembre 1925. La nascita del
Seminario di Castellerio. Quello di Udine non basta più per
accogliere i nuovi entrati. Sono 88 gli alunni di prima
ginnasio; tra quelli ci sono pure io. Dodici anni di
seminario, sotto la guida illuminata di santi sacerdoti; una
disciplina ferrea, oggi inconcepibile , ma a quei tempi
efficacissima ottenevano una formazione, un allenamento, una
selezione ottimale. Di questi 88, 44 raggiungeranno il
sacerdozio e saranno… perseveranti. Grazie, Signore, di
essere tra quelli …!
E’ il 16 giugno 1938. Ho
superato, lo scorso luglio, tutti gli esami, ma mi manca
ancora l’età canonica. Aspettare! Ma la salute è molto
provata. Dopo lungo iter burocratico arriva da Roma la
dispensa per l’età. L’Arcivescovo mons. Giuseppe Nogara
consente di venire a Codroipo, dove abito in casa dello zio
mons. Manzano, per l’Ordinazione. È una novità, un
privilegio per uno che… tanto non guarirà! Ma la gioia
indescrivibile di quel giorno ripaga in esuberanza tutti i
sacrifici sostenuti. Sei giorni dopo sono ricoverato al
Sanatorio del Clero di Arco. Non cose gravi; ma i progressi
tardano ed il morale è giù. “Signore…! Almeno fino a
trent’anni, tanto da poter ricambiare il Dono che mi hai
fatto!”.
Ma Lui ha i suoi piani. Dimesso da Arco, rimesso in
piedi dalle cure più efficaci, quelle della mamma, ricevo
l’incarico di cappellano curato di Tissano. 1941-1947: sono
gli anni della guerra. Ragazzi che partono per il fronte:
alcuni non torneranno. Famiglie provate, ansie, paure,
tedeschi in casa, pressioni partigiane, requisizioni,
bombardamenti, tesseramento… Le sofferenze comuni hanno
creato un tale legame con le famiglie, che durerà per
sempre. Poi la “liberazione”, la pace.
1947. Lo zio mons.
Alberto Manzano, attempato e ammalato, ha bisogno di me.
Duole lasciare una comunità – famiglia, ma non posso tirarmi
indietro. Si tratta di un atto dovuto: lui mi ha sostenuto e
guidato nel mio sacerdozio. Lo assisto fino all’ultimo ed ho
la gioia di consegnarlo al Signore. Ora l’ho sempre davanti
agli occhi con tanta riconoscenza e spero di rivederlo
quanto prima. Preparo poi l’ingresso al nuovo arciprete,
mons. Luigi Ganis (1949). Assolto il mio incarico posso
lasciare il posto.
Novembre 1949. Sono
nominato cooperatore della parrocchia del S. Cuore in Udine.
Vi resterò solo cinque anni, ma ne riporterò un ricordo
vivissimo. I giovani GIAC “M.C.” (Gioventù Italiana di
Azione Cattolica “Mario Chiarandini”) e la G.F. “S. Cuore”
mi hanno fatto lavorare sodo ed hanno dato a quella
parrocchia, da poco fondata, un’impronta nuova. Sono i primi
anni della ricostruzione dopo la guerra: nasce la Scuola
materna, fiorisce il gruppo corale, la catechesi, la vita
liturgica. Grazie ragazzi! Ora sono tutti nonni.
4 settembre 1954.
Cooperatore ad Artegna per nove anni, con il parroco mons.
Carlo Englaro assieme al cooperatore don Pietro Selvaggi.
Con un parroco zelante ed autentico lavoratore non si può
restare inattivi. È un cantiere vulcanico: Catechesi e
Liturgia. Nasce il grande organo “Zanin”. Cresce il gruppo
corale liturgico, rifiorisce la Banda “Mattiussi”. Qui devo
riconoscere la parte che ha la musica nella mia vita
sacerdotale. Sarà forse un’attitudine congenita, ma per me è
sempre stata un sostegno, una forza traente. Capisco poco di
musica profana, ma quella liturgica mi ha sempre pervaso ed
entusiasmato, sostenuto nella vita pastorale. Cantare la
fede con una comunità preparata, educata, è per ogni pastore
una necessità ed una gioia.
Remanzacco. Da tempo
l’Arcivescovo mons. Giuseppe Zaffonato mi pungolava, finchè
un giorno mi fa: “Concorra a Remanzacco”. “Se proprio lo
vuole …!” così profittando di un periodo di convalescenza,
qui a Udine preparo l’esame di concorso. Non era uno
scherzo! Gli “esaminatori sinodali” mi approvano e mi
propongono all’assemblea del Capitolo di Cividale,
competente per la nomina a Remanzacco. Qui c’è qualche
opposizione: “non ha salute…”. Alfine la cosa passa, e così
mi trovo parroco a Remanzacco. Vi resterò 14 anni. È un
cantiere inesauribile di attività: completamento della Casa
della Gioventù con apertura della Scuola media statale. Nove
ore settimanali di Religione. Restauro della chiesa; organo
nuovo,
attività corale, liturgia, “pueri cantores”,
catechesi… Preziosa la collaborazione di don Rinaldo Fabris.
Infine il terremoto ed i suoi dolorosi strascichi. Così via
via la macchina si logora; c’è un intermezzo all’ospedale,
piuttosto pesante. Tutto bene, ma chiedo al vescovo di
essere alleggerito ed assegnato ad una parrocchia più
piccola.
Iutizzo 1977-1991. È una
lavoro più tranquillo, ma non privo di soddisfazioni
pastorali. Un piccolo ma fedele gruppo corale – liturgico
“S. Marco”, l’organo nuovo con ben tre organisti a
disposizione per le varie esigenze, restauro della chiesa e
della sacrestia, “gruppo del Vangelo” e catechesi. Sono 14
anni intensi, coronati con la festa del 50° di sacerdozio.
Grazie ai carissimi fedeli di Iutizzo.
Gli anni aumentano e le
forze vanno giù. Un complesso di circostanze mi spingono a
restituire il mandato. Nel 1991 approdo a S.Quirino. è un
po’ un ritorno a casa. Sì, per i forti legami di amicizia,
prima col compianto mons. Raffaele Liani col quale divisi
alcuni anni di seminario (fui alla sua prima Messa a
Codroipo), poi con mons. Luciano Nobile, che mi accolse con
tanto affetto e squisita fraternità, fino all’attuale
parroco don Claudio Como che lo supera in pazienza e
tolleranza dei miei
limiti, sempre più evidenti col tempo e
con gli inevitabili acciacchi. Il 4 maggio 1993
l?arcivescovo mi invita a far parte del Capitolo
Metropolitano. Non ho mai capito il perché. Ma ora gli sono
molto grato. Per due motivi: innanzitutto l’occasione di
esercitare assiduamente il ministero della Confessione,
compito squisitamente sacerdotale. È il contatto più
autentico, più umano, realisticamente pastorale, con una
larga fascia di fedeli nelle più disparate situazioni, che
danno al sacerdote la gioia di porre le anime alla diretta
azione di Cristo e di sperimentare in prima persona la bontà
del Padre che perdona. Altro che “crisi della Confessione”…!
È poi bello trovarsi ogni giorno uniti con un gruppo di
fratelli nel rito della Preghiera Liturgica ufficiale della
Chiesa, sentendosi così in vera comunione. Così tra il
servizio capitolare ed il modesto contributo alla vita
parrocchiale mi sento più legato di prima al mio sacerdozio.
Sono profondamente grato ai fedeli di S. Quirino che per la
loro bontà e comprensione accolgono la mia modestissima
parola e si uniscono alla mia preghiera. Sono una comunità
molto distinta, che reca evidente l’impronta di zelantissimi
sacerdoti, che in passato l’hanno forgiata nella fede,
terreno fertile in cui è agevole operare.
A questo punto dovrebbero
parlare di me tutti quelli che ho incontrato nel corso del
mio sacerdozio, e dire la verità: ossia tutto ciò che non ho
fatto e che invece avrei dovuto fare. Il Signore lo sa e
nella sua misericordia pongo le mie speranze. A quanti mi
sono vicini in questo sessantesimi chiedo un favore:
-
1. Aiutatemi a dire
GRAZIE al Signore;
-
2. Implorate per me il
perdono per le mie mancanze;
-
3. Pregate con me il
Signore perché mandi ancora tante vocazioni sacerdotali,
perchè vengano in molti a prendere il posto di quanti
come me stanno per partire. E… auguratemi, nel Signore,
BUON VIAGGIO!!
Mons. Igino Paroni
...un
grazie a Simone Mei per il prezioso materiale in testo e
foto...
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