Organo Callido
(Tratto dal libro “Cortale, Paese del
Rojale” di Luciano Berini)
Il patrimonio storico-artistico della chiesa di Cortale
vanta, fra le sue opere d'arte più importanti, l'organo di
Gaetano Callido costruito nel 1801, opera 378 del suo elenco
sotto la voce: "Cortale (Friuli)-Rejana del Rojale". Nato ad
Este (PD) il 14 gennaio 1727, a quattordici anni passò come
garzone alle dipendenze dell'abate Nacchini di Venezia,
celebre costruttore d'organi. Qui i due geni lavorarono
insieme per circa vent'anni e furono, a ragione, considerati
i capiscuola dell'arte organara veneta. L'attività
prodigiosa del Callido si espresse e si espanse non solo nel
Veneto ma anche in Italia e all'estero. Morì l'8 dicembre
1813, a 86 anni. Anticamente non v'era chiesa delle Venezie
che non desiderasse un Callido, com'è attestato dalla
massiccia presenza di tali strumenti in queste regioni,
testimonianza oltretutto di un'attività prodigiosa condotta
per oltre vent'anni in collaborazione col suo primo maestro
e collaboratore abate Nacchini di Venezia
La chiesa di Cortale ebbe
questo privilegio. Collocato sopra l'ingresso principale
della chiesa, l'organo ha accompagnato per oltre due secoli
di vita gli eventi religiosi, gioiosi e tristi, facili e
difficili della comunità Cortalese. La sua "voce" antica e
melodiosa continua a suscitare sempre nuove emozioni nel
cuore dei fedeli, forse quelle stesse sensazioni che ebbe a
provare Robert Schuman quando disse: "Quando entri in una
chiesa e senti suonare l'organo, fermati. Ascolta e prega".
Come precedentemente
ricordato, gli eventi bellici del 1915-18 non lo
risparmiarono, allorché le truppe tedesche depredarono come
bottino di guerra gran parte delle preziose canne in stagno
dello strumento. I Cortalesi dovettero assistere con senso
di rabbia di impotenza di fronte all'arroganza nemica, che
depredava non solo un bene storico ma anche di grande valore
affettivo. Per diversi anni quella "voce" restò muta. Solo
nel 1926, dopo aver sanato con molti sacrifici le ferite
della guerra dando voce alle nuove campane come segno di
rinascita e di fiducia, la popolazione ebbe i mezzi per
provvedere anche al restauro dell'organo. La fabbrica
d'organi Beniamino Zanin di Codroipo rifece tutte le canne
interne mancanti (191) e quelle di facciata (27) in zinco
verniciato perché la popolazione non aveva i mezzi
sufficienti per rifarle in stagno come le originali. La
spesa fu allora di lire 4.390.
Lo strumento riprese
vita, ritornò ad impreziosire con le sue armonie le funzioni
liturgiche, a ricreare la vecchia cantoria parrocchiale, ad
essere l'orgoglio dei fedeli. Finché il tempo e l'usura
contribuirono di nuovo a rendergli la vita difficile. Il
primo campanello d'allarme venne dato nel 1973 dai tecnici
I. Paroni e O. Barbina, che consigliarono un urgente e
radicale intervento poiché il tarlo del legno e quello del
metallo ne avevano minato la solidità e la sonorità. Se ne
occupò, nel 1976, l'organaro Gustavo Zanin di Codroipo,
smontando e trasportando tutto lo strumento nei suoi
laboratori di Codroipo. Nel frattempo, si abbattè sul Friuli
il disastroso terremoto che causò notevoli danni anche al
patrimonio storico-artistico delle nostre chiese ed impegnò
Zanin nell'opera di ricupero di altri organi delle chiese
disastrate.
Solo nel 1982 lo
strumento venne definitivamente restaurato, grazie anche al
contributo dell'Assessorato regionale ai beni ambientali e
culturali, che ne aveva preteso il restauro "storico" nel
senso che l'organaro doveva rispettare e ripristinare tutti
i pezzi originali: sia quelli in metallo da rifare nella
lega originale in stagno, sia quelli in legno sanando tutte
le parti tarlate e mantenendo il vecchio meccanismo di
azionamento a mano delle "carrucole" e del "folo" (avendo
però sostituito il loro impiego con un ventilatore
elettrico). Le canne dell'organo sono 546, di cui 520 in
metallo e 26 in legno. In seguito a questo restauro, a
giudizio dei tecnici, l'organo ha riacquistato tutte le sue
primitive caratteristiche di dolcezza, brillantezza,
pastosità e forza peculiari della scuola organara Veneta.
Ecco alcune note tecniche
sullo strumento. L'organo, strumento a vento, è un
meccanismo piuttosto complicato. Le valvole, chiamate
ventilabri, sono collegate ad un sistema di trasmissione a
tastiera. Premendo uno o più tasti, si comanda l'apertura
delle valvole e l'aria che è contenuta in un serbatoio,
detto somiere, spinta nelle canne, produce in base ad una
legge fisica un suono. A seconda della forma e della
dimensione delle canne, vengono prodotti suoni diversi.
L'organo è chiamato il "re degli strumenti", il più
completo, perché riesce a riprodurre la voce degli strumenti
di un'intera orchestra, più altre nuove voci originali come:
il principale, la voce umana, il ripieno.
"Uno splendido Callido"
lo ha definito il critico musicale prof. Renato Della Torre,
intervenuto al concerto inaugurale dell'organo,
sottolineando che "si sono potuti vagliare il timbro
inconfondibile proprio della scuola veneta, i suoni delicati
e pastosi, potenti ed incisivi dello strumento, che è stato
apprezzato in tutto il suo splendore ritornando ad essere,
come in passato, un capolavoro d'arte organaria" (da "Il
Messaggero" 20 settembre 1983).
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