Non basta più il “siộr plevan”
di Grazia Fuccaro e Roberto
Pensa
Sempre più “laiche” le domeniche
dei friulani. Eucaristia due volte al mese: capita in 84 paesi del
Friuli… Un dramma? Affatto. L’assenza del sacerdote alla domenica
crea certo disagi e sofferenze ma le comunità reagiscono. Oltre
all’apporto dei diaconi si punta a far crescere la ministerialità
laicale
Comunità orfane della
Messa. Sono 84 in diocesi i paesi che a turno non hanno assicurata
la celebrazione eucaristica domenicale, e altre decine a breve
sperimenteranno la stessa situazione. Una situazione che genera
sofferenza, ma che è anche una occasione preziosa per ripensare a
come vivere la ministerialità e la corresponsabilità di tutti i
battezzati nella propria comunità. Ancora, a far riscoprire la
domenica come il giorno del Signore da solennizzare
comunitariamente, se non sempre «con la celebrazione della
frazione del pane, almeno con la proclamazione della parola di Dio
e con opere di carità e assistenza». Non è forse vero che il
valore delle cose si riscopre quando esse vengono meno? C’è anche
una certa resistenza da parte di molti paesi a comprendere le
ragioni del prete che veramente non riesce a coprire tutte le
esigenze del territorio che gli è stato affidato e che non ci sta
a fare il «forzato» delle Messe. A questo proposito, un
orientamento diocesano dice: «Si faccia in modo che i celebranti
abbiano un tempo sufficiente tra una celebrazione e un’altra
(almeno un’ora e mezza) per poter iniziare e terminare una
liturgia con ritmi rispettosi della celebrazione stessa e delle
persone. Non celebrino normalmente più di due 5. Messe nello
stesso giorno». Inoltre ogni forania è invitata ad assicurare la
celebrazione dell’Eucaristia con equità tra i diversi paesi
tenendo conto delle parrocchie da servire, dei paesi con le loro
chiese, delle tradizioni e delle esigenze effettive e delle
persone disponibili alla ministerialità. Da ultimo si raccomanda
che in ogni giorno festivo in tutti i paesi, anche se piccoli, si
tengano aperte le chiese per favorire la preghiera e si fissi un
orario per la celebrazione dell’Eucaristia o della Parola.
Suor Fides, della
congregazione delle Rosarie, dal terremoto a Bordano, anima la
celebrazione della Parola in assenza di presbitero. Un percorso
iniziato otto anni fa, portato avanti con pazienza. Ora è
«normale» che la gente si ritrovi ogni domenica in chiesa,
nell’orario fisso. Non ce un calo di presenza quando non si
celebra la messa, ossia ogni 15 giorni. La liturgia della Parola è
gioiosa, partecipata, con i bambini che con meno paura degli
adulti si rendono protagonisti della celebrazione con la preghiera
dei fedeli. Accanto a Sr. Fides ad animare la liturgia una giovane
di Gemona, Lisetta Contessi. «Una presenza importante, segno della
disponibilità dei laici ad esercitare questo ministero». Non è,
questa, una celebrazione improvvisata: durante la settimana, ogni
giovedì alle 20.30, un piccolo gruppo si incontra per preparare la
liturgia riflettendo sulle letture della domenica. Anche in molti
altri paesi che non hanno assicurata ogni domenica la Messa,
gruppi di laici stanno assumendosi la responsabilità di animare la
celebrazione della Parola nel «Giorno del Signore», offrendo così
ai credenti la possibilità di ritrovarsi in assemblea a pregare. È
la bella novità che sta affacciandosi nella Chiesa Udinese e che
sta impegnando diverse foranie nella proposta di corsi di
formazione ad hoc e nella sperimentazione di celebrazioni della
Parola in assenza di presbitero. In questa fase di passaggio il
rischio dell’improvvisazione, della confusione e dell’anarchia
liturgica, è in agguato. Per questo da più parti si chiede che ci
sia un unico orientamento diocesano che accompagni coloro
-diaconi, religiose e laici- che si mettono al servizio di queste
celebrazioni domenicali.
A Villanova del Judrio
ormai da 5 anni la gente si ritrova a vivere il giorno del Signore
una settimana con la Messa e la successiva con la celebrazione
della Parola di Dio. Lì la comunità non ha il parroco residente,
ma ha comunque una figura di riferimento, il «curatore pastorale».
È Renato Zof, diacono, sposato, con un figlio. Zof coordina tutta
l’attività pastorale di questa comunità e garantisce la liturgia
della Parola a domeniche alternate. Non si potrebbe trovare un
prete che garantisca anche a Villanova ogni domenica la 5. Messa?
E sufficiente che un prete qualsiasi che non ha relazioni profonde
con la comunità venga a celebrare la Messa? Ed è umano oltre che
ecclesiologicamente corretto far correre i presbiteri da un paese
all’altro senza dar loro il tempo di celebrare con dignità
l’Eucaristia e di vivere con calma le relazioni con la comunità
che incontra? Zof si rende conto che la preoccupazione di diversi
preti e fedeli è quella di fare il possibile per garantire ad ogni
paese l’Eucaristia, «però ci dobbiamo attrezzare perché ormai
siamo al limite; basta che un prete si ammali che va in tilt tutta
l’organizzazione”. In altre parole si deve passare dal tamponare
l’emergenza al costruire gruppi di persone preparate che, con un
preciso mandato del vescovo, animino la liturgia domenicale della
Parola. Non c’è il pericolo di creare confusione e di fare l’alter
ego del sacerdote? Zof risponde con la sua esperienza personale:
«La gente ormai sa il contenuto della celebrazione perché
l’abbiamo scoperto e maturato assieme; sto bene attento a non
usare paramenti che possono creare confusione e, soprattutto, non
uso l’altare».
LA VITA CATTOLICA
- sabato 4 dicembre 2004 |