Abbazia di Rosazzo (UD), 6
Gennaio 2009
l'antica abbazia
fortificata, ripresa da angolazioni insolite...
Messa dell'Epifania
con la tradizionale benedizione
dell'acqua e del sale
Non era la prima volta che
seguivo questa cerimonia ma di questa Messa forse ci sarebbe trovato
traccia, ne non mi fossi incuriosito al punto di fare qualche ricerca su
internet. Ho avuto modo quindi di scoprire che in numerose località del
Friuli e delle zone limitrofe, la pratica della benedizione dell'acqua e
del sale all'Epifania era molto diffusa, tanto che sebbene con qualche
modifica ed integrazione resiste al trascorrere dei secoli...
Come si può intravedere nelle foto, all'acqua e al sale
(che in qualche modo potevano avere attinenza con il sacro), sono stati
aggiunti altri elementi decisamente... più profani e di probabili
lontane origini pagane... Niente di male... ora come allora, con la
pancia piena si prega meglio...!
ESTRATTI AUDIO
La Messa
era accompagnata dalla Schola Cantorum Abbaziale
diretta dal tenore Franco Pellegrini con suor Fernanda all'organo
ed in alcuni brani il supporto del flauto traverso di Debora Driutti
deboradriutti@libero.it
Benedizione dell'acqua all'Epifania
(estratto da
http://www.istrianet.org/)
La vigilia
dell'Epifania, o dei Tre re, era attesa per la solenne benedizione
dell'acqua (collocata dalla liturgia preconciliare prima della
messa), in una quantità da non credere: se ne riempiva, infatti,
una grossa tinozza.
Il rituale romano prevedeva anzitutto il canto delle
Litanie dei Santi e di salmi, cui seguivano, da parte del
celebrante, un primo lungo esorcismo contro satana e gli angeli
ribelli (cessate - si diceva - di ingannare le creature umane, e
di propinare loro il veleno della perdizione...), un secondo sul
sale ed un terzo sull'acqua (dove sarà aspersa quest'acqua sia
tenuta lontana ogni insidia del nemico...). La lunga funzione si
concludeva con il canto del Te Deum. Le rubriche
specificavano anche sull'impiego che si doveva fare di quest'acqua,
benedetta con tanta solennità: che i fedeli la usino nelle loro
case e per aspergere gli infermi. Non si parla d'altro; la gente,
però, ne attingeva bevendola subito come medicamento sicuro per il
corpo e lo spirito. A casa poi ne portava dei fiasconi,
ritenendola molto efficace contro tutte le diavolerie (ad
abigendos demones), contro le malattie misteriose (sit
sumentibus salus mentis et corporis) e contro l'onnipresente
malocchio (liberetur a noxa).
A Montona, l'acqua benedetta veniva portata nelle case
più abbienti (e forse meno credenti) dai chierichetti, cui veniva
consegnata dal parroco. Ne ricevevano una mancia.
Una nota ottocentesca ricorda che gli slavi istriani
«hanno divozione grandissima per l'acqua benedetta nella vigilia
dell'Epifania. I più vecchi di casa aspergono con quella le loro
case, le loro campagne, e ne tengono in serbo, massimamente per
cospargerne i loro malati».
Durante la messa parrocchiale dell'Epifania era
particolarmente atteso, dopo il canto del Vangelo, l'annuncio
solenne, prima in latino e poi in volgare, delle feste mobili
dell'anno (il calendario nelle case era una rarità), lo stato
demografico della parrocchia (nati, morti e matrimoni) e quello
morale, con commenti anche pepati. Nel pomeriggio, brigate di
giovani visitavano le famiglie per cantare la lauda della stella o
dei Tre re, che veniva ascoltata con raccoglimento, in piedi. Alle
parole «questo Santo è il vero Messia», si levavano il cappello
inchinando il capo, come il prete in chiesa all'Et incamatus
del Credo. La compagnia era formata dai tre re (Baldassar,
Melchior e Gaspar) e da uno stelante, che in cima ad
un'asta portava una stella luminosa, posta in continuo movimento
da una cordicella, perché la candela posta sull'asse interno non
la incendiasse. Era, questa stella a cinque punte, modellata su di
un'intelaiatura di legno, rivestita di carta bianca, punteggiata
da tante stelline colorate. Gli altri personaggi della brigata
erano il cassiere o capo, che chiedeva rispettosamente il permesso
di entrare e di cantare, ed i mussi, che trascinavano
dietro due damigiane per raccogliere le offerte di vino, bianco o
rosso, e dei canestri per le uova e le salsicce. Faceva colore
anche il codazzo dei ragazzini. Nessuno avrebbe chiuso la porta a
questa specie di sacra rappresentazione: essa rinverdiva di anno
in anno una tradizione che ab immemorabili aveva esercitato
un suo fascino sui piccoli e sui grandi, riuscendo ad affratellare
i paesani con la storia della nascita del Redentore e della visita
dei Tre re.
Riportiamo anche il cerimoniale particolareggiato di
Cittanova che ci sembra notevole per i sentimenti che vibrano
nella descrizione. «Fra Natale e l'Epifania i Cantori del coro
parrocchiale, reggendo una grande stella illuminata, visitavano le
case del paese e cantavano la venuta dei Re Magi a Betlemme.
Quando si sentivano arrivare, tutti scendevano nell'atrio e in
silenziosa ammirazione ascoltavano l'annuncio di quell'importante
fatto storico. Di solito ai cantori si offriva un bicchiere di
vino e la "bona man" (una piccola mancia) prima che riprendessero
il percorso per le vie del paese. Tutti li ricordano con tanta
simpatia e conservano nei loro confronti una sorta di gratitudine
per il momento magico e la dolce emozione offerta quasi a
coronamento di un indimenticabile periodo di festa che allietava
lo spirito ed il corpo».
La Benedizione dell'acqua nella vigilia dell'epifania
http://www.cjargne.it
BENEDICTIO MAJOR
SALIS ET AQUAE - La solenne benedizione dell’acqua e
del sale già agli inizi del 1300 era celebrata a Cividale del
Friuli, il giorno della festa di San Marco, evangelizzatore di
Aquileia.
Il rito aveva la struttura tipica della messa sicca,
ovvero di quella celebrazione, tipica della pietà medioevale, che
riproduceva la struttura della Messa, omettendo però l’Offertorio
e la Consacrazione. L’uso di benedire l’acqua la vigilia del
giorno dell’Epifania è invece di origine palestinese. Molto presto
infatti (IV sec) si era consolidata in Oriente l’usanza di
battezzare i catecumeni, oltre che nella notte di Pasqua, anche in
questo giorno, che nella tradizione orientale coincideva anche con
la festa del Battesimo di Gesù.
In seguito il rito si diffuse nell’area aquileiese,
forse tramite la chiesa di Grado, che restò a lungo sottoposta ai
Bizantini (anche in Calabria,zona a lungo legata a comunità di
origine greca si trova un rito analogo), anche se alcuni studi
ipotizzano la presenza di tale rito già in epoca precedente al
dominio bizantino. Nel 1890 il rito fu abolito dalla Santa
Congregazione dei Riti.
In seguito alle proteste dei fedeli delle diocesi, anche se
radicalmente abbreviato e privato di ogni accenno al battesimo di
Cristo, fu in qualche modo ristabilito. Il rito, oggi, utilizza la
stessa struttura del rito antico. (Da A. Persic, Benedizione
dell’acqua nella vigilia dell’Epifania, Arcidiocesi di Udine)
Testimonianza raccolta ad Arta dalla signora
Caterina Cossetti (1914)
La vê da Befane, prime ch’al vegnìss not, a si lave ducj
in gleisie cuntun gondul di aghe, une prese di sâl vuluçât intune
cjarte… chei ch’a stavin miôr a lu puartavin poât suntun platut di
crep o, chei ch’an podevin vei tant, an puartavin encje un capuç
intîr; a si puartave encje cualchi melut e cualchi cocule. A si
poave dut su pai scjalins dal coro, su dut ator a tor dal altâr
maiôr (in chê volte a nol ere l’altar piçul tal mieç) e po i si
sentavin intai bancs. Il preidi al ere vistît di blanc, cul piviâl,
e chei fruts a puartavin sîs cjandeles impiades e il turibul cul
incens: a ere une funzion lungje parce che prime a si cjantave
gjespui, dopo il preidi al faseve un toc di messe, fint a predicje,
dopo a si cjantavin las litanies e finalmenti il preidi al
benedive il sâl e cun chel al benedive l’aghe… das pomes j no m’impensi
ce ch’al faseve…
Il sâl e l’aghe i ju puartavin a cjase: l’aghe a si la meteve a
cjâf dal jet par insegnâsi e un tic a si la tignive par cualchi
mâl, cul sâl a si faseve la mignestre e un tic a si lu meteve
encje tal bevaron dai anemai |
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