60° di Sacerdozio di Mons.
Vittorino Canciani
(Tratto dal numero unico Ottobre 2008
della Fondazione Mons. Vittorino Canciani di Mortegliano)
Alle 10.30 di domenica 6 luglio
u.s., preceduta dalla croce astile, usciva la processione dalla
grande Sacrestia della Basilica, passando per il centro del
massimo tempio della cristianità, gremito di migliaia di turisti e
pellegrini che scattavano i loro flash in continuazione.
Dopo uno stuolo di chierichetti, venivano una ventina di canonici,
con le loro insegne, ed una quarantina di concelebranti, seguiti
da Mons. Vittorino Canciani che aveva ai sui lati due arcivescovi.
Chiudeva il corteo il Card. Angelo Comastri, Arciprete di S.
Pietro, affiancato da due vescovi, mentre, tra i fedeli,
partecipavano al rito in forma privata anche due cardinali.
Contemporaneamente, la cappella musicale della Cattedrale di
Udine, scesa a Roma per la circostanza e diretta dal M° Gilberto
Della Negra, eseguiva 1’ “Exultate Deo” di A. Scarlatti.
Davanti all’altare della Cattedra, in posti riservati, stavano gli
invitati tra i quali si contavano ambasciatori, personalità dell’O.N.U.,
autorità di ogni ordine e grado, il Sindaco di Mortegliano
(Udine), paese natale del Festeggiato, il Dott. A. Degano,
presidente del “Fogolar Furlan” della capitale, uomini di scienza,
ex parrocchiani della ”Garbatella” - Roma, ex alunni ed amici di
Monsignore.
Egli, dopo l’incensazione dell’altare, raggiungeva il seggio
presidenziale sito nella vasta abside che accoglie la poderosa
“gloria” del Bernini nella quale risalta la Cattedra che esprime
il suo profondo significato universale.
All’inizio della celebrazione il Card. Angelo Comastri dava
lettura d’un significativo e caldo telegramma inviato a Mons.
Vittorino Canciani da Sua Santità Benedetto XVI, a firma del Card.
Tarcisio Bertone, Segretario di Stato.
Lo stesso Card. Arciprete, con appropriate parole, porgeva al
Festeggiato le felicitazioni e gli auguri a nome degli Ecc.mi
Canonici. Il Monsignore lo ringraziava dichiarando di sentirsi
onorato di appartenere al Capitolo Vaticano.
Dopo la proclamazione del vangelo, il celebrante si recava
all'ambone per tenervi l'omelia che fu pure interrotta da
applausi.
Egli, prendendo lo spunto dal brano evangelico di Matteo (11,
25-26) dove Gesù loda il Dio del cielo e della terra perché ha
nascosto "queste cose ai sapienti ed ai dotti" e le ha rivelate
"ai piccoli", cioè alle persone semplici della Casa d'Israele, con
accenti lirici colti dal libro dei Salmi, sottolineava il verso di
quel poeta: "L'amore di Dio è il fiore e la misericordia è il
frutto", ed aggiungeva ai presenti alcuni versi augurali della
seguente benedizione tradizionale irlandese e gaelica: "Possano le
strade farsi incontro a te, soffi il vento alle tue spalle,
benedica la pioggia i tuoi campi (oggi si direbbe il tuo lavoro) e
che Dio possa sempre tenerti nei palmo della sua mano".
Poi proseguiva: "Oggi in mezzo agli allettanti richiami d'una
cultura laicista che presenta progetti di vita a prescindere da
Dio, molte persone, volendo dare alla loro esistenza un senso che
la sola ragione non è più in grado di offrire, si rivolgono ancora
al sacerdote con le loro confuse domande.
E lui, anche a coloro che hanno messo la pietra della dimenticanza
sul sepolcro glorioso di Gesù di Nazareth, cerca di far capire che
la fede non è un ornamento, né tanto meno una moda, ma è la vita.
Non è sufficiente, pertanto, un'interpretazione laica del Vangelo.
Non basta cioè che l'uomo moderno sappia che le molecole subiscano
cento miliardi di urti al minuto/secondo e che lo scienziato
riesca a penetrare molti segreti della natura. Per salvare la
nostra anima bisogna riconoscere il Cristo del Vangelo, colui che
cambia radicalmente, con la sua grazia, il cuore dell'uomo. I
predicatori debbono fare il loro dovere; è Dio però che converte.
I1 sacerdote, pur nella sua fragilità, si sente, con la
definizione di S. Paolo, "ministro di Cristo e dispensatore dei
misteri di Dio" (1 Cor 4, 11)." Quindi aggingeva: "In tutte le
cose c’è sempre una spiegazione. Se noi leggessimo nel profondo
dell’anima d’un prete, scopriremmo il suo dono nascosto ed il
fuoco che brucia dentro… Egli, perciò, avvicina le persone , come
faceva Gesù, per le vie misteriose del cuore ch’è la lingua più
capita dagli uomini d'oggi, chiusi nel loro egoismo.
Le parole del Nazareno, infatti, non erano fredde come quelle dei
matematici e dei filosofi greci, dei sapienti di Babilonia, città
famosa in tutto l'Oriente, o dei farisei e dei dottori della legge
che ripetevano freddamente i versetti del libro di Mosé. Cristo
vedeva gli uomini immersi nel mistero del Padre che lo aveva
mandato sulla terra.
È vero che la Bibbia ai nostri giorni fa il suo ritorno nella
grande cultura. È necessario, tuttavia, per "trovarvi dentro" i
pensieri dell'Eterno, scendere nell'intimità della propria
coscienza e rimanervi in silenzioso ascolto.
I1 maestro di tutto ciò è il sacerdote che, alle volte, fa
balenare, quasi in filigrana, le cose segrete di Dio, nei momenti
facili ed in quelli diffìcili della vita.
In un momento storico come il nostro, secondo molti pieno di
future incertezze, si può osservare come vi scorra un intimo nesso
tra l'interiorità del ministro di Dio, affascinato dall'irruzione
del divino nella sua umile vita, e l'autenticità che vibra nella
sua predicazione, preceduta da una gestazione di preghiera e
segnata dal mistero arcano dell'Altissimo che passa tra le sue
mani." Volgendo verso la fine, il prelato ricordava: "Qualche anno
fa, trovandomi in Inghilterra, lessi sulle magliette di alcuni
ragazzi queste parole: "Nessun futuro". Per noi cristiani, invece,
c'è il grande futuro delle Beatitudini. Per questo, S. Pietro,
nella sua prima lettera (3, 15), ci esorta: "Siate sempre pronti a
rispondere con dolcezza a chiunque vi domandi la ragione della
speranza che è in voi".
I seguaci del Vangelo sono gli uomini della speranza, anche nel
domani della Chiesa.
Oggi si parla tanto di carenza di vocazioni: non è Dio però che è
in crisi, ma la risposta dei giovani alla Sua chiamata. Bisogna,
pertanto, sostenerli ed incoraggiarli, se il Signore li chiama, a
dirGli di si perché "La messe è molta, ma gli operai sono pochi" (Mt
9, 37)."
All'Offertorio i coristi friulani eseguivano 1' "O sacrum
Convivium" di L. Perosi ed alla Comunione il "Gustate et Videte" e
1' "Ave Verum Corpus" di W.A. Mozart.
Per rendersi conto della moltitudine di persone presenti alla
solenne celebrazione, basti pensare che una decina di canonici
hanno distribuito l'Eucarestia.
Il sacro Rito si è poi concluso con 1' "Hlallelujah!" di Haendel,
eseguito magistralmente dal coro già citato ed accompagnato
all'organo dalla prof.ssa Claudia Petrazzo.
Alla fine si è ricomposta la processione verso la Sacrestia dove
moltissime persone sono corse a congratularsi con il Festeggiato.
Gl'invitati si sono poi trasferiti nel Palazzo dei Canonici ov'era
stato allestito un distinto e ricco rinfresco che ha avuto inizio
con l'ingresso del Card. Comastri che accompagnava Mons. Vittorino
Canciani. A quel punto il M° Gilberto Della Negra ha offerto
l'esecuzione d'un tipico canto friulano cui ne seguirono altri. La
sentita partecipazione, l'affetto dimostrato a Monsignore ed il
clima di amicizia e di festa creatosi rimarranno per tutti come il
ricordo di un grande giorno.- |