Monte di Ragogna (UD),
30 Marzo 2008
Commemorazione dei Caduti del
fronte Greco - Albanese
nel 66° Anniversario dell'Affondamento della nave "Galilea"
Chiesa di San Giovanni in
Monte
[SECOLI XIII (?); XVIII; XX (1947); XX (1986)]
La chiesa di San Giovanni ha una storia antica: nel 1298 ai due
eremiti Dietrico e Lurico fu concesso di formare una confraternita
sul luogo in cui esisteva una chiesa dedicata al Santo. Ricordata
in più documenti, nel 1745, dopo la visita del patriarca, la
chiesa fu interessata da lavori di restauro sulla facciata e nel
campanile a vela.
Durante la guerra del 1915-1918 l'edificio fu distrutto
da una cannonata e solo dopo la Seconda Guerra Mondiale
iniziò la ricostruzione. La nuova chiesa (1947) fu dedicata agli
Alpini del Friuli e della Julia e nel 1952 agli Alpini del
battaglione Gemona morti a causa dell'abbattimento della nave
Galilea.
Distrutta dopo il terremoto del 1976, la chiesa è stata
ricostruita mantenendone l'originario aspetto duecentesco.
L'edificio presenta un'aula rettangolare alla quale si
affianca, sul lato sinistro, la sacrestia. La semplice facciata è
sormontata da una bifora campanaria, mentre i muri laterali sono
caratterizzati, sotto la gronda, da una teoria di archetti
pensili. All'interno vi sono alcuni affreschi trecenteschi,
ricollocati nella loro sede dopo la ricostruzione.
|
La cerimonia si è
svolta nell'ampio spiazzo rialzato di fronte alla chiesetta, a cui si
accede
attraverso ad una scalinata, in fondo al quale è stato collocato il
monumento ai soldati
del Battaglione Gemona, ed i cippi dedicati agli altri soldati che
perirono insieme agli alpini...
...l'arrivo dei partecipanti alla commemorazione e la loro
disposizione...
...con lo scambio dei saluti tra commilitoni e rappresentanti dei
gruppi...
...con Carabinieri in lta uniforme, la Banda della Brigata Alpina Julia...
e un reparto armato in servizio, che comprendeva alcune giovani donne...
...accompagnava la Messa il Coro "Amici della Montagna" di Ragogna...
...e presenziavano numerose autorità politiche, militari ed
istituzionali...
Si è
rinnovato ieri il pellegrinaggio
sul monte di Muris: rievocato il naufragio avvenuto 66 anni fa
(Giovanni Melchior - Messaggero Veneto del 31/03/08)
RAGOGNA.
È stato rinnovato ieri il pellegrinaggio sul monte di Muris per
commemorare il naufragio del piroscafo Galilea avvenuto la notte
fra il 28 e 29 marzo 1942, nel quale persero la vita oltre mille
militari, mentre riportava in patria i reparti militari dopo la
difficile campagna sul fronte greco-albanese. Circa 900 erano
alpini del Battaglione Gemona e con loro carabinieri, bersaglieri
e marina. Sono trascorsi 66 anni da quella tragedia, ma il ricordo
di quel fatto è sempre vivo nella gente che e non mancano mai di
ritornare sul monte di Muris per ricordare quanti persero la vita
mentre ritornavano ad abbracciare i propri cari nei loro paesi di
origine.
Anche ieri, favoriti da un sole primaverile, fin dalle
prime ore della mattinata hanno incominciato a salire sul monte
centinaia di alpini, familiari, congiunti e compaesani per
commemorare e ricordare quanti perirono nelle acque dello Jonio,
ed è stato ricordato come avvenne il tragico fatto. Il Galilea
faceva parte di un convoglio partito dai porti della Grecia, e
dopo poche ore è stato gravemente colpito da un siluro lanciato
dal sommergibile inglese "Protheus" che causò un migliaio di
giovani vittime.
I partecipanti si sono riuniti sul piazzale antistante
la chiesetta di San Giovanni, salutati dal sindaco di Ragogna,
Mirco Daffarra dal presidente dell'Ana di Udine, Dante Soravito de
Franceschi, e da Adriano Candusso capogruppo degli alpini di Muris
che custodiscono questo sacro luogo, la crimonia ha avuto inizio
alle 11 con il saluto del sindaco Daffarra, che ha sottolineato
come oggi questa cerimonia si a di monito contro ogni violenza e
onore ai caduti per la difesa della Patria in varie nazioni. Sono
poi seguiti gli interventi del presidente della sezione Ana di
Udine Dante Soravito e di Giuliano Chiofalo, consigliere nazionale
dell'Ana, i quali hanno messo in evidenza l'esempio e l'impegno
degli alpini nella società, gli alpini in servizio impegnati in
missioni di pace, gli alpini in congedo ricordando i morti per
causa delle guerre combattute nel secolo scorso e oggi prestando
soccorso a chi è in stato di bisogno. Ha chiuso gli interventi, il
generale Bruno Petti. È seguita la messa celebrata da don Giuseppe
Gangiu. |
La cerimonia è iniziata
con i salutati dal sindaco di Ragogna Daffarra, del presidente dell'Ana di Udine Soravito,
del consigliere nazionale dell'Ana Chiofalo, ed ha chiuso gli interventi
il comandante delle truppe alpine generale Petti.
...è quindi iniziata la Messa, che ha avuto momenti di commozione...
...quando il coro ha intonato "Stelutis alpinis" e la
banda "Signore delle cime"...
...quando un
reduce ha letto la...
PREGHIERA DEL NAUFRAGO
...e dopo la deposizioni delle corone d'alloro, con l'Inno Nazionale...
...e tutto il resto...
...lo speaker ufficiale
ha poi dichiarata chiusa la cerimonia..
...mentre la banda
eseguiva l'ultimo brano, la gente si disperdeva...
...venti minuti più
tardi, solo io e pochi altri si aggirava tra cippi e corone...
...tra i quali tre
reduci che hanno vissuto quella tragedia...
...ed un baldo alpino che ha posato con entusiasmo per una foto ricordo...
...durante la discesa ho ripreso questa suggestiva "finestra" sul fiume
Tagliamento...
Affondamento del piroscafo Galilea il 28 marzo, 1942
(Di Cristiano D'Adamo -
Gentilmente concessa da
www.regiamarina.net)
Ragogna
(UD) 30 Marzo 2008
I tre anni
di guerra navale nel Mediterraneo che videro a confronto l’Italia
e la Gran Bretagna furono, in gran parte, una guerra di convogli.
Le battaglie navali, gli scontri e gli altri episodi che hanno
caratterizzato questi tre anni pieni di eventi furono,
direttamente o indirettamente, causati dal trasferimento di
personale e materiale da e per il fronte.
Generalmente, il peso delle perdite, spesso gravi,
ricadde su coloro che effettuavano i trasporti. Il primo
grossolano errore commesso dalle forze italiane, a parte gli
aspetti morali dell’episodio, fu l’invasione della Grecia. Quest’improvvisazione
richiese il trasferimento di vaste quantità di personale e
materiale verso l’Albania. Nonostante la brevità del passaggio,
l’Albania non aveva infrastrutture portuali tali da poter
permettere lo sbarco delle merci in gradi quantità.
Il secondo errore, e questi può essere giudicato
in un modo o nell’altro, fu la mancata occupazione della Tunisia.
Dopo la resa della Francia, si pensò che potendo utilizzare i
porti Tunisini la rotta per L’Africa Settentrionale Italiana
sarebbe diventata più sicura e naturalmente più breve. Questa
proposta d’occupazione fu ostacolata da Hitler anche se, dopo lo
sbarco degli Alleati in Africa Occidentale, fu comunque eseguita.
L’unica alternativa all’occupazione della Tunisia era
l’occupazione di Malta che non si realizzò mai. In questo modo, la
Regia Marina fu lasciata con l’arduo compito di provvedere al
trasporto di materiale per la Libia attraverso rotte lunghe e
pattugliate da aerei e navi di base a Malta. Lo stesso si può dire
per gli altri fronti.
Questi viaggi pericolosissimi, condotti da un numero
decrescente di navi in circostanze sempre più difficili, sono la
vera storia di un conflitto che, in maniera molto tragica, costò
le vite di così tante persone. Uno di questi viaggi di miseria e
morte cominciò al Pireo, per poi continuare via Lutraki fino a
Corinto. Qui la nave Galilea lasciò il porto la sera del 27 marzo,
1942 in convoglio con le navi Crispi e Viminale. Nelle vicinanze
di Patrasso, al convoglio si aggiunsero i piroscafi Piemonte,
Ardenza e Italia. Il convoglio lasciò Patrasso alle 13:00 del 28
marzo scortato dalla Nave Ausiliaria Città di Napoli, al comando
del Capitano di Fregata Ciani, il cacciatorpediniere Sebenico e le
torpediniere San Martino, Castelfidardo, Mosto e Bassini. La Regia
Aeronautica si occupò della ricognizione aerea difendendo il
convoglio con dei caccia fino all’imbrunire.
Una scorta così limitata può essere spiegata dagli
avvenimenti bellici del periodo, che videro la Regia Marina in una
crisi profonda a causa della mancanza di unità di scorta. Prima
della guerra, l’Italia aveva costruito una nuova serie di
cacciatorpediniere, ma questo programma navale era scarso e
tardivo. Molte delle unità in servizio avevano già accumulato
molte ore di moto ed i macchinari erano suscettibili ad avarie.
Come se non bastasse, le armi antisommergibile erano limitate ed
il numero delle unità, soprattutto verso la fine della guerra,
divenne drammaticamente esiguo.
La Galilea era una nave passeggeri della Adriatica
Società Anonima di Navigazione con uffici a Venezia e Trieste.
Costruita dai cantieri San Rocco di Trieste nel 1918 con il nome
Pilsa, fu venduta alla compagnia Triestina nel 1935 e ribattezzata
Galilea. I documenti del Lloyd di Londra descrivono la nave come
una "passeggeri" con due eliche e motori a turbina, 8,040
tonnellate di stazza lorda, lunghezza 443 piedi e 8 pollici,
larghezza di 53 piedi e 2 pollici ed un pescaggio di 25 piedi e 11
pollici. La velocità nominale era di 13.5 nodi con una portata di
47 passeggeri in prima classe e 148 in seconda.
Durante questo periodo, la Galilea era stata
riclassificata come nave ospedale. In questa funzione fu adibita
al trasporto di parte del Battaglione Gemona della famosa
Divisione Julia (Alpini). Precisamente, furono ospitati a bordo
tra i saloni della prima e seconda classe ed i vari ponti, gli
ospedali da campo 629, 630, 814, la 8a sezione sanità e l’8°
nucleo assistenza. Questo battaglione, dopo la campagna greca, fu
assegnato alla difesa del canale di Corinto e da qui sarebbe
dovuto diventare parte di un’altra disavventura Mussoliniana; il
corpo di spedizione Italiano in Russia.
La navigazione proseguì regolarmente nonostante le
frequenti e ritmiche esplosioni di bombe di profondità. Alle ore
18,30, il convoglio passò Capo Ducati mentre il tempo cominciava a
peggiorare con l’aumento della pioggia e banchi di foschia marina.
Alle 19:00, le navi lasciarono la formazione in linea di fila e si
divisero in due righe con la Viminale di testa a dritta e la
Galilea a sinistra e circa 600 metri l’una dall’altra. Malgrado il
convoglio fosse nella più completa oscurità , questi divenne preda
del sommergibile inglese HMS Proteus comandato dal Lt.Cmd. Phillip
Steward Francis. Questa unità aveva lasciato Alessandria il 12
marzo per una missione di perlustrazione nel golfo di Taranto.
Alla fine di questa missione, senza aver avuto risultati di
rilievo, l’unità fu trasferita nello stretto d’Otranto dove
affondò la Galilea. Dopo questo successo, il Proteus continuò la
perlustrazione affondando, il 30 dello stesso mese, il Bosforo
(3.648 t.). Il sottomarino rientrò ad Alessandria il 4 Aprile.
L’attacco fu veloce. Alle 23:45 la Galilea fu colpita
da un siluro sulla sinistra che causò uno squarcio di circa 6
metri per 6, subito sotto il ponte di comando, nel secondo
compartimento. La nave cominciò immediatamente a sbandare
raggiungendo un inclinazione di circa 15 gradi. Il comandante
immediatamente cercò di portare la nave verso le isole di Passo e
Antipaxo che erano alla distanza di circa 9 miglia. A causa delle
intemperie e delle avarie questa manovra fallì. Come molte navi
adibite al trasporto truppe, la Galilea non aveva abbastanza lance
e giubbotti di salvataggio per tutti i passeggeri. Le condizioni
meteorologiche avverse peggiorarono la situazione. Il resto del
convoglio si allontanò velocemente dal luogo dell’attacco mentre
la torpediniera Mosto cominciò il lancio delle bombe di
profondità.
L’agonia della nave continuò fino alle 3,50 del 29
marzo quando finalmente affondò. Il luogo del naufragio è
ufficialmente riferito sulle coordinate 04.93 N 20.05 E. Anche se
la nave non affondò fino al 29, la data ufficiale della perdita è
il 28 di marzo, 1942. La torpediniera rimasta con la Galilea cercò
di salvare alcuni dei sopravvissuti, ma le acque fredde del
Mediterraneo e la presenza del sommergibile nemico forzarono
quest’unità al moto continuo. La mattina, intorno alle 8:30
arrivarono dalla base di Prevesa il MAS 516 e due dragamine.
Immediatamente dopo arrivò un idrovolante della Croce Rossa da
Brindisi che si capovolse durante il tentativo d’ammaraggio. Le
opere di soccorso continuarono fino all’avvistamento di scie di
siluri. Le unità di scorta riportarono il danneggiamento di un
sommergibile che però non può essere riscontrato negli annali
della Marina inglese (la storia ufficiale non cita questo evento).
Dei 1.275 uomini imbarcati sulla Galilea solo 284
furono salvati. Il battaglione Gemona fu decimato con la perdita
di 21 ufficiali, 18 sottufficiali e 612 alpini. Con gli alpini
perirono anche alcuni carabinieri e dei prigionieri di guerra
greci. Il resto del convoglio raggiunse Bari il 29 marzo.
Tra il maggio 1941 e l’agosto 1943 durante il periodo
d’occupazione della Grecia, la Marina trasportò 377.425 uomini e
870.625 tonnellate di materiale bellico tra l’Italia ed i porti
greci ed albanesi. Di questi, 1,546 uomini e 6,224 tonnellate di
merci andarono perduti. Anche se la percentuale delle perdite
italiane è relativamente bassa (0,2%), si può facilmente
comprendere la mole di questa tragedia.
La notizia del disastro presto raggiunse il Friuli,
regione di origine di molte delle truppe alpine. Il dolore e la
disperazione di quei giorni si può ancora trovare a tutt’oggi.
Molti dei soldati non furono mai trovati mentre i corpi di altri
furono trascinati dalla risacca sulle coste greche. Ancora una
volta il macchinario bellico aveva divorato valorosi soldati
italiani cosi come aveva fatto prima e farà ancora dopo. Truppe
dell’asse e alleate condivisero quest’orribile sorte per tutta la
guerra.
Tratto e gentilmente concesso da:
http://www.regiamarina.net/others/galilea/galilea_it.htm
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Monte di Ragogna (UD),
30 Marzo 2008
Commemorazione dei
Caduti
nel 66° Anniversario dell'Affondamento del "Galilea"
Coro "La voce della montagna" di Ragogna
Fanfara della Brigata Alpina Julia
|
01 |
0.48 |
Campanella della chiesetta |
02 |
0.59 |
Benvenuto dello speaker ufficiale |
03 |
8.30 |
Saluto del Sindaco di Ragogna |
04 |
4.13 |
Presidente Sezione A.N.A. di Udine |
05 |
2.56 |
Consigliere Nazionale A.N.A. |
06 |
7.54 |
Comandante delle Truppe Alpine |
07 |
0.44 |
Inizio Messa |
08 |
2.01 |
Breve omelia del celebrante |
09 |
2.01 |
Ave Maria (coro) |
10 |
1.35 |
Consacrazione |
11 |
2.14 |
Ài preât (coro) |
12 |
3.10 |
Stelutis alpinis (coro) |
13 |
1.54 |
Signore delle cime (banda) |
14 |
1.55 |
Preghiera del Naufrago (letta da un Reduce) |
15 |
3.36 |
Resa degli onori e chiusura |
16 |
1.44 |
Dissolvenza con banda |
|