Manzano - Fede e tradizione nella festa di San Valentino
(Walter Peruzzi -
La Vita Cattolica
del 9 Febbraio 2008)
LA PARROCCHIA DI MANZANO si appresta a festeggiare il compatrono,
San Valentino, con un ricco calendario di appuntamenti. Il
programma, predisposto dal parroco, mons. Nino Rivetti, inizierà
domenica 10 febbraio con la Messa solenne celebrata alle 11, nel
corso della quale il sindaco accenderà un grande cero, offerto
dall’amministrazione comunale, a nome di tutta la comunità
manzanese, come simbolo di collaborazione per la crescita della
stessa. Durante la celebrazione sarà consegnato il «Credo» ai
giovani cresimandi. Seguirà un momento di festa sul sagrato e la
distribuzione del pane di San Valentino.
Il culto di San Valentino a Manzano, e in altre
località, ha, dunque, radici profonde. La tradizione narra che San
Valentino, sacerdote romano, visse tra il 203 e il 268 sotto
l’imperatore Claudio, mentre dilagavano corruzione, sfascio delle
famiglie, lotte fratricide e persecuzioni contro i cristiani.
Valentino, incurante del pericolo, predicava il Vangelo, visitava
e consolava gli ammalati di epilessia e i contagiati di peste.
Chiamato dall’imperatore, non rinnegò la sua fede. Condotto
davanti al giudice Asterio, questi anziché condannarlo, si
convertì assieme alla sua famiglia, dopo che Valentino aveva fatto
riacquistare la vista alla figlia. Il santo venne condannato da
altri giudici e decapitato sulla via Flaminia il 14 febbraio 268.
Subito, si diffuse il suo culto.
Dalla Confraternita, l’organizzazione della festa
manzanese è passata alla parrocchia. La sagra è sempre stata
vissuta intensamente dalla popolazione, fin dalla sera del
mercoledì quando i giovani salivano sul campanile e iniziavano il
tradizionale scampanio.
Nelle sere di giovedì, venerdì e sabato, la chiesa si
riempiva di gente per il triduo di preghiere e di invocazione in
onore del santo. La domenica la Messa solenne era accompagnata
dalla cantoria e celebrata da tre sacerdoti («Messe in tierç»),
vestiti con i paramenti sacri migliori.
Anche per i vesperi la chiesa era gremita e la
processione che seguiva, si snodava tra le strade addobbate con i
pali di robinie piantati e ricoperti di edera e sempreverdi,
attraversati da file di bandierine colorate, mentre dalle finestre
delle case pendevano dei drappi rossi. Si portavano in processione
lanterne, stendardi, gonfaloni, gagliardetti. Molta gente arrivava
anche dai paesi vicini. Al termine della processione si rientrava
in chiesa per la benedizione finale e, all’uscita, la banda teneva
un breve concerto.
Era, quindi, d’obbligo andare alle giostre (quella più
vecchia era di legno dipinto) nell’attuale piazza Chiodi e in
quella dell’ex municipio. Altra attrazione erano le bancarelle,
dove si trovavano «luvins» (lupini), «sucar di Gurisse»
(liquirizia), «pevarins» (biscottini scuri di sapore dolciastro
pepato), «vues di muart» (grissini a forma di X) e zuccherose
paste alla crema.
L’essenza della festa, oggi come allora, non è mutata.
E nei manzanesi permane l’auspicio che San Valentino continui a
vegliare sulle loro famiglie, conservando in esse accesa la fiamma
dell’amore, a preservarle dalle malattie dell’anima e del corpo e
a mantenere viva la fede. |