Ruttars (Dolegna del Collio -
GO), 18 Febbraio
2007
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La storia del borgo fortificato
di Ruttars non è sufficientemente documentata per fornirci una
conoscenza neppure sommaria delle vicende che lo toccarono nel corso dei
secoli perché mancano le fonti cui attingere ed anche perché fu spesso
confuso con il vicino castello di Trussio.
Dell' antica fortificazione, citata nel XII sec., è
stata restaurata la torre quadrangolare con funzione di porta, detta la
torre di Marquardo, collegata ai pochi resti superstiti del muro di
cinta originario. Il complesso cintato aveva scopi preminentemente
difensivi: all'interno degli alti muri si riparavano le genti ed il
bestiame in occasione di scorrerie e invasioni di popoli nemici.
Ciò che ancor oggi sopravvive dell'opera munita è il
muro di cinta, lungo circa duecento metri e racchiudente le case del
borgo, e la torre portaia, di forma quadrata e ben conservata, con il
piccolo ponte che la precede, un tempo sicuramente provvisto di
levatoia.
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CAMPANE
Santa Messa in onore di
San Valentino, con
la partecipazione della
corale "Tor Antighe"
Nel corso della cerimonia è
stato benedetto il pane, che alla fine era disponibile per essere
condiviso in famiglia.
Il ricavato di tutte le offerte
raccolte durante la festa era destinato alla onlus Via di Natale di
Pordenone.
CANTI E OMELIA
CANTO
... è seguita la processione per
le vie del paese...
...accompagnata dagli
scampanotadôrs di Mossa...
SCAMPANOTTATA
...prima parte eseguita dal Gruppo
Scampanotadôrs di S. Lorenzo del Collio (Slovenia),
il rimanente è stato eseguito dal Grup Cultural Furlan Scampanotadors di
Mossa...
...la cerimonia si è conclusa
con la benedizione dall'alto del sagrato...
...una panoramica verso ovest,
in direzione di Corno e di Rosazzo...
SAN VITO, TRA VIGNE E CASTELLI
Ferruccio Tassin (in “Chiese del Collio”)
Ruttars, con una faria (bottega di fabbro) in basso, a
mezzacosta mette in mostra il duecentesco castello di Trussio
(ricostruito dopo la distruzione del 1511); in alto, in cima al
colle, ancora una torre, assai più antica.
Dalla strada di fondovalle, il panorama presenta in
primo piano lo spazio ricamato dai vigneti, punteggiato di
crollanti case del Collio (veri restauri pochi, ancora, e nuove
costruzioni spesso astratte dal contesto); su su, spunta la
sagoma del campanile, che affianca la chiesa dei santi Vito e
Modesto.
La dedicazione ai patroni, l’origine del nome,
richiamano ancora una volta queste terre come superficie di
contatto tra mondo friulano, slavo, con influssi culturali
tedeschi.
La chiesa attuale è del 1866 (consacrata 24 anni più
tardi), ma esisteva già dal Cinquecento, nello stesso luogo,
quando venne riconciliata dal vicario patriarcale Luca Bisanzio,
vescovo di Cattaro (24 maggio 1573).
Nella prima metà del Settecento aveva ancora il
cimitero tutt’intorno, con due grate agli ingressi per impedire
che entrassero gli animali. Era povera, come dote (“Le rendite…
sono incerte, consistenti in vino solamente, et altre bagatelle
di poco momento…”), eppure dotata non senza decoro. La
costruzione ottocentesca viene ricordata con più date, e tutte
vere.
Iniziata nel 1864, “Per cura del vicario di allora don
Antonio Toros”, tre anni più tardi, il parroco di Brazzano
Pietro Fain, chiede all’arcivescovo di benedirla: “il coro… è
terminato… fatto il pavimento, collocato in mezzo il suo altare…
non così la navata, dove sono solamente sgrezzati i muri, manca
la stabilitura, il soffitto e il pavimento, che un poco alla
volta col ajuto di Dio si porterà a compimento….”.
La grande ora della consacrazione avviene nel 1890. Don Domenico
Veliscig è vicario; decano di Brazzano, don Adamo Zanetti.
Hanno contribuito all’impresa gli instancabili abitanti
del paese, con prestazioni d’opera, offerte, col patrimonio
comunale; e diversi “illustri benefattori”, come le loro Maestà
Elisabetta, Ferdinando Marianna della Casa d’Austria.
Un passo avanti si è fatto con la cantoria, le
gradinate esterne, il miglioramento dell’altare maggiore.
Arriva di sabato il principe arcivescovo mons. Luigi
Zorn, accolto trionfalmente con archi e corteo.
La sera, fuochi artificiali “serpentelli, piogge
colorate, ruote varianti, tra gli spari dei mortaretti e dei
cannoncini”:
Al corrispondente dell’Eco non par vero di poter
piazzare la sana, moralistica, osservazione: “La sobria
popolazione di Ruttars piuttosto che nelle feste di ballo spende
cure e denari pel decoro delle sacre funzioni”.
La domenica mattina, l’atto solenne, il pontificale,
con messa cantata dai mansionari di Cividale, accompagnati
dall’harmonium dal m.o. Tomadini, evidentemente non il grande
Jacopo, morto nel 1883.
Eseguirono parti da Messe del Candotti e di Tomadini,
riformatori di musica liturgica.
I confini erano solo sulle carte; la storia aveva il
suo peso; Gorizia era troppo lontana, e i legami più stretti
erano con Cividale. (TNX Andrea Nicolausig)
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