Beato Bertrando Patriarca di Aquileia Patriarca
D’origine e
formazione francese (nacque a Saint-Geniès), dopo aver ricoperto
vari incarichi presso la Curia avignonese, nel 1334 fu scelto a
reggere il patriarcato d’Aquileia. Visse in austerità, dedicandosi
alla riforma morale della sua Chiesa, nella quale indisse sinodi e
concili, fondò monasteri, promosse la cultura ; si distinse per la
carità verso i poveri. Rivendicò i diritti della Chiesa aquileiese,
attirandosi l’ostilità di nobili locali, che congiurarono contro
di lui e lo uccisero presso S. Giorgio della Richinvelda il 6
giugno 1350.
Nato verso
il 1260 a Saint Geniès nel Quercy, regione della Francia nel
bacino d’Aquitania, Bertrando studiò diritto civile e canonico
all’Università di Tolosa, divenendo nel 1316 ‘utriusque iuris
professor’.
Fu benvoluto da papa Giovanni XXII anch’egli del Quercy, che lo
nominò nel 1316 canonico d’Angoulême e nel 1318 canonico cantore
di s. Felice a Tolosa; poi ebbe la rendita come arcidiacono di
Noyon e quella di cappellano papale.
Insegnante di Diritto canonico all’Università di Tolosa, partecipò
al processo per la canonizzazione di s. Tommaso d’Aquino. Da
Avignone dove risiedeva la corte pontificia, fu mandato per tre
volte in Italia per missioni, l’ultima fu a Roma più lunga e
complessa, per dirimere i contrasti fra i Colonna e gli Orsini,
famiglie romane nobili e predominanti, decidendo di affidare il
governo della città a due senatori uno per famiglia; nel contempo
trattò degli affari anche con Roberto d’Angiò, re di Napoli.
Bertrando rientrò ad Avignone l’11 giugno 1334 e dopo pochi
giorni, il 4 luglio, fu nominato da papa Giovanni XXII patriarca
di Aquileia, la cui sede era vacante da quasi due anni, aveva
circa 74 anni. Il 28 settembre 1334 prese possesso della sede
patriarcale e nonostante l’età avanzata, dimostrò subito di voler
governare energicamente.
Il territorio su cui aveva competenza era molto vasto, il
patriarca di Aquileia era metropolita di una zona che comprendeva
tutto il Veneto con Mantova e parte dell’Istria, inoltre era
signore temporale della regione che si estendeva dal Livenza fino
alla Carniola, alla Carinzia e alla Stiria e infine marchese
d’Istria.
Questa doppia qualifica di responsabile spirituale e temporale
comportava l’esercizio di una autorità, spesso in contrasto con i
due principii. Si trovò nella necessità come principe di difendere
anche con le armi il paese su cui i vicini avevano mire ambiziose
e prepotenti vassalli avevano usurpato territori e diritti.
Perciò lo vediamo come protagonista nella lotta contro Rizzardo V
da Camino signore di Ceneda, sconfitto nel 1335 e poi contro il
duca d’Austria signore di Venzone, che impediva il libero transito
per il commercio transalpino, dopo averlo sconfitto in guerra,
Venzone ritornò al patriarcato e così Bertrando poté istruire i
processi contro quanti con la loro prepotenza, depredavano i
mercanti che trasportavano dal mare le mercanzie attraversando il
Friuli verso Oltralpe e viceversa.
Purtroppo a quell’epoca imperava una continua guerriglia da parte
di questi irrequieti castellani, sempre in lotta fra loro,
infestando le strade e rendendo insicuri i commerci. Pertanto
Bertrando, pur essendo per niente incline alle imprese guerresche,
fu costretto suo malgrado per far rispettare la legge e spezzare
violenze ed arbitrio, ad assoldare milizie mercenarie per domare i
ribelli e punire chi si era macchiato di gravi delitti.
Egli in questa opera di governo temporale fu affiancato dal
Parlamento friulano, composto dai tre ceti: nobiltà, clero e
comunità; fu in contrasto con i conti di Gorizia a cui si affiancò
la libera Comunità di Cividale, i quali forti dell’appoggio dei
grandi signori d’Oltralpe espandevano la loro influenza sui liberi
signori della regione e in parte sulle libere Comunità come Udine;
in quel tempo l’intera regione sembrava divisa in due: Gorizia e
Cividale da un lato e il patriarcato e Udine dall’altro; comunque
Bertrando ebbe il pregio di non favorire la sua famiglia e i
francesi del suo seguito erano in numero limitato.
In campo economico diede incremento all’olivicoltura e fece
sorgere un lanificio ad Udine, il 23 aprile 1342 il Parlamento
votò delle leggi contro il lusso dietro sua indicazione; favorì
l’apertura di scuole superiori a Cividale seguendo le orme del suo
predecessore Ottobono.
In campo spirituale egli sentì sempre alto il valore del suo
episcopato, convocò un primo Concilio di vescovi della sua
provincia ecclesiastica contro l’usura, il 29 maggio 1335 nel
castello di Udine; un secondo Concilio ad Aquileia nel 1339 e due
sinodi diocesani a Cividale ed Aquileia.
Favorì l’espandersi dei francescani e domenicani nei luoghi più
importanti, diede una residenza ai Celestini, si fece aiutare
nell’apostolato della vastissima regione dalle tante abbazie
benedettine presenti. Favorì ancora con fondazioni i vari
monasteri femminili delle francescane, domenicane e benedettine; a
S. Nicolò di Udine eresse un monastero per le penitenti.
Organizzò il clero dividendolo in pievi, arcidiaconati,
prepositure, capitoli presso le principali città. Nel 1346 a 86
anni dovette assumersi il disagio di un viaggio in Ungheria con il
compito di pacificare Luigi il Grande re d’Ungheria e la corte
angioina di Napoli.
Intanto nel 1345 si verificarono numerosi scontri in Friuli contro
i conti di Gorizia che esasperavano gli animi con il loro
arrogante comportamento. Nel 1347 Bertrando riconquistò il Cadore
che era caduto nelle mani di Lodovico di Brandeburgo, figlio di
Lodovico il Bavaro, mettendo al governo un suo fiduciario, mentre
l’imperatore Carlo IV confermò alla Chiesa di Aquileia il possesso
di quella regione.
Continuarono i feudatari a tramare contro il patriarcato e nel
1348 organizzarono una rivolta e nonostante i tentativi di
pacificazione del cardinale legato pontificio Guido di Monfort, le
ostilità proseguirono con alti e bassi fino al 1350, quando il 6
giugno, Bertrando accompagnato da alcuni più fedeli vassalli si
recava da Sacile ad Udine, sulla piana della Richiunvelda fu
sorpreso e attaccato dagli uomini di Enrico di Spilimbergo che
dispersero o catturarono le guardie della scorta, uccidendo il
quasi novantenne patriarca.
Il suo cadavere fu trasportato ad Udine e lì sepolto, tuttora si
trova in un sarcofago nel coro della cattedrale. Il suo cappellano
Giovanni di lui disse: ”Come un secondo Maccabeo difese il campo
della Chiesa, non solo con la spada materiale, ma anche con quella
spirituale…. Mentre i suoi combattevano egli pregava e vinceva,
mostrandosi un secondo Mosè”.
Papa Clemente XIII nel 1760, confermò il suo culto che i cittadini
udinesi da subito gli tributarono, con la festività al 6 giugno
giorno della sua morte. (Antonio
Borrelli - www.santiebeati.it) |