Mortegliano (UD), 4 Giugno 2006
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CAP: 33050 -
Altitudine (s.l.m.): m. 41
Abitanti: 5.092 - Superficie: Kmq. 30,00 |
MORTEGLIANO - Storia e Descrizione
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Il nome Mortegliano, grosso centro agricolo della bassa pianura
friulana, potrebbe derivare dal nome di un colono romano, Mortilio, che
ebbe dei possedimenti terrieri nella zona. Certo è che sia qui sia
nell'odierno e vicino comune di Castions di Strada sono stati ritrovati
reperti di epoca romana. L'esistenza di Mortegliano è comunque
confermata già in un documento del 453 d.C., anno in cui gli abitanti di
Aquileia, in fuga per le invasioni barbariche degli Unni guidati da
Attila, passarono per l'abitato di Mortilianum. Altra data certa è il
1321, quando avvenne l'infeudazione del territorio da parte dei Signori
di Strassoldo, che fa seguito a quella non ben documentata da parte dei
Conti di Gorizia. Tra XIV e XV secolo si registrano numerose liti tra
Mortegliano, Castions, Carlino e Muzzana per questioni di rivendicazioni
territoriali e di pastorizia. Nel 1411 furono distrutte tutte le
fortificazioni del paese ad opera delle truppe udinesi in guerra con
Cividale. Con l'arrivo della Repubblica Veneta (1420) l'investitura
feudale morteglianese tornò ai Conti di Gorizia. Pochi anni dopo però lo
stesso comune chiese ed ottenne di essere annesso alla cittadinanza
udinese e di fatto alla Repubblica di Venezia. La forma di governo
municipale, consistente nella presenza di un decano e due giurati per
deliberare sull'ordinamento interno, durò fino alla caduta di Venezia
(1797). Durante la Prima Guerra Mondiale Mortegliano fu in prima linea
nei combattimenti seguiti allo sfondamento di Caporetto.
CAMPANE
CANTI
CANTO FINALE
MORTEGLIANO - Arte e Cultura
Il Duomo di Mortegliano è un vasto edificio in stile
neogotico costruito a partire dal 1864 (architetto Andrea Scala di
Udine) sul luogo in cui si trovavano la "cortina" (l'antico luogo
fortificato), la quattrocentesca chiesa di S. Paolo (della quale si
conservava il campanile che fu demo lito solo nel 1913) e la "torate",
la vecchia torre di difesa.
Costruito in mattoni ha forma ottagonale con piccole
piramidi al sommo a segnare i lati: la copertura avvenne - mancando
nella progettazione dello Scala - agli inizi del Novecento su idea del
capomastro morteglianese Vittorio Bigaro. La posizione elevata in cui si
trova e l'ampia scalinata di accesso gli conferiscono ancor maggiore
monumentalità.
Moderna interpretazione dello spirito ascensionale
dell'architettura gotica è il campanile che affianca la chiesa, una
delle più singolari opere dell'architetto udinese Pietro Zanini
(1895-1990), costruito tra il 1955 ed il 1959): interamente in cemento
armato, alto più di 113 metri, è divenuto ormai il simbolo di
Mortegliano.
All'interno della chiesa, altare maggiore di Giovanni
Rampogna (secolo XX: le belle statue dei Ss. Pietro e Paolo sono
settecentesche e si devono alla mano maestra di Giuseppe Torretti),
dipinti e vetrate (istoriate eseguite in questo secolo, altari in marmo
di Carlo Picco (1852, altare del Cuore di Gesù) e di Giovanni Battista
Cucchiaro (1733, altare della Beata Vergine del Rosario) provenienti
dalla chiesa della SS. Trinità. Il
piacevole fonte battesimale, con figure di putti addossati al fusto, è
del 1571.
L'opera d'arte di maggior prestigio è tuttavia il
grande altare ligneo cinquecentesco dipinto e dorato, recentemente
restaurato e riportato al primitivo splendore. È opera di Giovanni
Martini, udinese, che lo terminò nel 1526 e che fu pagato, per
l'imponente lavoro, la cifra per allora enorme di 1180 ducati.
Ricco di una sessantina di statue di varia grandezza, oltre a essere il
capolavoro del Martini va considerato la più alta espressione della
scultura lignea rinascimentale. Abbandonato lo schema tradizionale della
ripartizione in tanti campi quante sono le figure, lo scultore adotta
una struttura a tre piani separati da ornate cornici e sostenuti da
eleganti colonnine, culminanti con una ricca trabeazione ed un'ampia
lunetta: in ognuno dei tre una scena glorificante la vita della Vergine
e precisamente, a partire dal basso, la Pietà, la Dormitio, l'Assunzione
e l'Incoronazione di Maria. Fanno da cornice alle scene, in armonica
sintesi, assieme alle strutture architettoniche, le molte statue di
Santi cari alla devozione popolare, i quattro Dottori della Chiesa
sull'aggetto delle cornici, S. Giorgio e il drago e S. Martino a cavallo
all'estremità della trabeazione più alta.
Anche se il recente restauro, oltre ad aggiungere
fascino all'insieme, ha permesso di rilevare nell'opera una tecnica ed
una qualità artistica ben più alte di quanto prima si pensasse, evidenti
risultano gli sbalzi stilistici che hanno fatto pensare al possibile
intervento di un'attiva bottega.
Nella vicina Chiesa della SS. Trinità, un tempo
parrocchiale, dall'aspetto barocco gradevolmente moderato, gli affreschi
del soffitto sono dovuti all'udinese Pietro Venier (1673-1737) che
dipinse la volta del presbiterio con il Paradiso e Figure di Apostoli,
Evangelisti, Profeti e Santi e quella della navata con la Trinità, S.
Nicolò e S. Girolamo, mostrando talora modi ed iconografia tradizionali,
talaltra un fare largo pienamente rinascimentale. Il barocco altar
maggiore è del gemonese Sebastiano Pischiutti (1737) con tabernacolo
coevo del tricesimano Biagio Valle; altare laterale del Rosario con bei
bassorilievi raffiguranti i quindici Misteri del Rosario; pale d'altare
di Giovanni Pietro Fubiaro (1643, Incoronazione della Vergine con bel
paesaggio sullo sfondo) e di Pietro Bainville (1729, Transito di S.
Giuseppe).
L'organo settecentesco (anch'esso da poco restaurato) è
preziosa opera (1778) del veneziano Francesco Dacci (1712-1784).
A Lavariano la settecentesca chiesa parrocchiale
conserva numerose qualificate opere d'arte, in primo luogo il
cinquecentesco altare in pietra, proveniente dal precedente edificio,
eseguito nel 1527 dal lapicida Carlo da Carona. Al di sopra della
predella in cui sono scolpiti in bassorilievo i dodici apostoli (oggi
ridotti a dieci) l'altare si presenta diviso in tre fasce da robuste
cornici marcapiano, le prime due tripartite da lesene sormontate da
capitelli compositi.
Nelle sei concave nicchie ricavate dalle specchiature
si accampano la Madonna con Bambino e cinque figure di Santi. Nella
parte superiore, a mo' di timpano raccordato, il bassorilievo della
Pietà copre la parte centrale. Padre Eterno ed Angeli completano la
decorazione. Spiritualità medioevale, suggestivi giochi chiaroscurali,
accentuata plasticità rendono l'altare una delle maggiori realizzazioni
di Carlo da Carona, alla cui mano spetta anche il portale laterale.
Per quanto riguarda la decorazione pittorica andranno
ricordati gli affreschi del coro (Evangelisti di Titta Gori e parte
ornamentale di Giacomo Monai, entrambi pittori di Nimis, nella volta,
1930; Cristo re nella lunetta di fondo, opera di Giuseppe Barazzutti,
1937) e della navata (nella volta, S. Pietro tra nubi, Adorazione dei
Magi e Madonna del Rosario, di Valentino Zorzini di Artegna, metà circa
del XVII secolo).
Sull'altare maggiore della chiesa di Chiasiellis, le due belle statue
dell'Annunciazione in legno dipinto di bianco dell'intagliatore udinese
Francesco Catone risalgono al 1868.
L'affresco della vecchia chiesa (ora sala parrocchiale)
raffigura l'Annunciazione ed è datata 1718. Per la sua ariosa
impostazione, può essere attribuita all'udinese Pietro Venier.
Informazioni tratte da:
GUIDA ARTISTICA DEL FRIULI VENEZIA GIULIA
(a cura di Giuseppe Bergamini
)
dell'Associazione fra le Pro Loco del Friuli-Venezia Giulia
http://www.prolocoregionefvg.org
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