Principali monumenti e opere d'arte
Diventata tristemente nota in Italia e
nel mondo come la capitale del terremoto del 1976, Gemona, rinata
grazie alla solidarietà nazionale ed internazionale e al tenace
attaccamento alla propria terra dei suoi abitanti, è ora il simbolo
della rinascita del Friuli. La città si presenta rinnovata nel suo
aspetto architettonico, singolare intreccio di linguaggi innovativi
e di riproposizioni formali legate alla tradizione. L'opera di
ricostruzione ha mantenuto infatti il ricordo e la memoria del
preesistente attraverso la riproposizione delle relazioni tra gli
spazi urbani e degli elementi architettonici significativi Un
itinerario di visita della cittadina inizia dal Duomo,
salvato con un'attenta opera di restauro seppur gravemente
danneggiato dal sisma. Edifìcio tra i più significativi del periodo
gotico in Fnuli, venne costruito sul luogo in cui precedentemente
sorgeva una chiesa romanica dedicata a S. Maria della Pieve. Una
epigrafe sopra il portale ci ricorda che ne fu autore, nel 1290 lo
scultore architetto maestro Giovanni (Anno Domini Millesimo
CCLXXXX quod Magister Johannesfecit hoc opus). I lavori di
costruzione durarono, con varie interruzioni (dovute alle guerre con
Venzone ed alle minacce dei Conti di Gorizia), una cinquantina
d'anni finché 1'8 giugno 1337, giorno di Pentecoste, l'edificio potè
essere solennemente consacrato dal vescovo di Parenzo, Giovanni,
delegato dal Patriarca Bertrando. Numerosi furono i rifacimenti e
gli ampliamenti nel corso dei secoli: nel Quattrocento, allorché
venne rifatto il colonnato, nel Seicento e nell'Ottocento (1825-28)
epoca in cui si conferì una nuova «dimensione ottica» alla facciata
attraverso la tripartizione mediante paraste e lo spostamento di
alcune sculture. Nonostante questo e tanti altri importanti
rimaneggiamenti - comuni peraltro a tutti gli edifici gotici, ma
anche a quelli romanici e più raramente a quelli rinascimentali
della regione – il Duomo di Gemona rimane la migliore architettura
del periodo.
E’ protetto, a monte, da un robusto
muraglione che tiene lontane le frane del Glemine e che da il via
all'antico sistema difensivo della città. Su di esso è fondato il
campanile iniziato nel 1341 e terminato nel 1369 da
Nicolo e Domenico figli di Giovanni Griglio, completamente distrutto
dal terremoto del 1976 e ricostruito «pietra su pietra».
Il Duomo presenta una facciata a
salienti movimentata da tré rosoni; di essi, splendido è quello
centrale dovuto all'abilità dello scultore maestro Buzeta (1334-36)
e formato da due ordini di colonnine a raggiera e da due giri di
archi intrecciantisi, il tutto racchiuso entro un motivo decorativo
vitineo. Sotto la cornice marcapiano, nel corpo centrale, si apre
l'originale galleria ad archi trilobi nella quale sono collocate
nove statue raffiguranti due scene dell'Epifania: l'arrivo del
corteo dei rè magi con l'adorazione, l'offerta dei doni e il sonno
dei rè e il loro sogno comune, con l'angelo messaggero che li invita
a non ripassare da Erode.
Sono sculture che evidenziano i
caratteri di un sentire popolaresco, tipico della bottega locale:
robustezza plastica delle figure, espressione attonita dei volti su
cui aleggia un sorriso di reminiscenza campionese, marcato
piegheggiare delle vesti. Sono opere attribuite a maestro Giovanni
Griglio cui si deve pure la colossale statua di S. Cristoforo, alta
sette metri e composta da sei blocchi in pietra arenaria.
Architettura e scultura felicemente si integrano a formare un
armonico insieme.
Dell'interno a tre navate, divise fra
loro da robuste colonne in pietra rossa - delle quali si è mantenuta
la leggera inclinazione con gli opportuni adeguamenti antisismici a
ricordo e testimonianza del terremoto e sulle quali si impostano
archi a sesto acuto - con volta a crociera, sorprende oltre che
l'accentuato verticalismo e la sapiente distribuzione degli effetti
luministici, il carattere di omogeneità che l'informa, derivante in
primo luogo dal fatto che i numerosi rifacimenti furono sempre
operati nel rispetto della concezione originale.
Numerose le opere d'arte che
abbelliscono l'edificio: tra esse una vasca battesimale con
bassorilievi del IX-X secolo, ricavata da un'ara funeraria romana
del I-II secolo d.C., un tempo battistero, ed ora altare della
cappella feriale; un Crocifisso ligneo quattrocentesco, estratto
dalle macerie irrimediabilmente mutilato, divenuto simbolo della
distruzione del terremoto; dipinti di maestri di scuola friulana dal
XVI al XVIII secolo, tra cui una bella Adorazione dei Magi degli
inizi del 1500; le portelle d'organo con Visione d'Ezechiele, Ratto
d'Elia e Assunzione della Vergine, 1575, di Giovanni Battista
Grassi, pittore seguace del Pordenone e celebre per aver fornito al
Vasari le notizie relative agli artisti friulani; le tele della
cantoria dell'organo settecentesco (1774, Dacci) dipinte alla fine
del Cinquecento da pittore friulano vicino alla maniera dei Secante
e dei Floreani, un'Assunto ed una Natività della Vergine di Eugenio
Pini (secolo XVII), pala di S. Tommaso ed altri dipinti dello
svizzero Melchiorre Widmar che a lungo lavorò a Gemona (secolo XVII).
Inoltre, la bella ancona lignea di Andrea Moranzone, 1391, con
trentatré episodi del Vecchio e del Nuovo Testamento scolpiti a
bassorilievo, che si svolgono in quattro piani e sono contenuti
entro scomparti accennati da arcatelle ribassate e lobate
(l'originale doratura è andata quasi del tutto perduta).
Infine, una campana, addossata alla
prima colonna di sinistra, fusa sul sagrato nel 1423, di notevole
interesse perché riporta la prima terzina dell'ultimo canto del
Paradiso di Dante Alighieri, in onore della Vergine Maria (Virgine
madre figlia del tuo figliai Humile e alta più che creatura/ Termene
fixo delo eterno consegl/i MCCCCXXIII).
Durante i complessi lavori di recupero
statico (l'intero duomo risulta ora sorretto da una grande ossatura
d'acciaio e di cemento armato, completamente nascosta) e di restauro
sono emersi lacerti di affreschi romanici e gotici di qualche
interesse. Già conosciuti, invece, erano quelli dell'antico
Sacello di S. Michele e S. Giovanni Battista - quasi cripta
del duomo – eseguiti intorno alla metà del Trecento dal gemonese
Nicolò di Giacomo (Crocifissione di bell'effetto e figure di S.
Cristoforo e S. Michele che pesa le anime, interessante anche per
l'iconografia).
Nelle immediate vicinanze del duomo,
appena fuori dal sagrato, si trovano la Casa Gurisatti
(secolo XV) con trifora ed archi trilobi e l'edificio dell'ex
Canonica Vecchia, restaurato e ristrutturato dopo il sisma del 1976
e trasformato in Museo del Duomo e delle Chiese di Gemona.
L'edificio fu costruito nel 1360 dal pievano Giovanni de Recalcatis.
Ospita ora il Tesoro del Duomo,
composto da oreficerie di grandissimo livello, come l'ostensorio
dell'orafo udinese Nicolo Lionello (1434-1435) - in forma di
tempietto con base e piede esagonali, adorni di smalti, arricchito
da ben 102 tabernacoletti popolati da trenta statuine (di cui ora
rimangono 13), è un capolavoro in assoluto dove il persistere del
gusto gotico di tipo nordico viene mitigato da un'aura
rinascimentale che tocca soprattutto la parte inferiore -; i
reliquiari di rara bellezza, le croci, i calici e i vasi sacri.
Accanto a questi sono conservati gli antifonari ed i codici miniati,
acquistati a Padova dal 1343 al 1373, ricchi di numerose, splendide
miniature della fine del XIII - inizio del XIV secolo di scuola
bolognese-padovana, i libri battesimali - i più antichi che si
conoscano - che dal 1379 registrano tutti i battezzati gemonesi, i
paramenti e gli arredi più preziosi che però portano i segni
indelebili del sisma.
Casa Gurisatti e l'ex canonica,
unitamente agli edifici che prospettano su via Giuseppe Bini, la più
caratteristica del centro storico che conduce dal Duomo al
Municipio, sono stati sottoposti a interventi di restauro
conservativo che hanno previsto il mantenimento delle facciate e
degli elementi architettonici significativi. In questo modo la via
presenta tuttora l'antica fisionomia con lo snodarsi dei portici e
degli edifici rigida- mente serrati l'uno contro l'altro, ornati da
portali, decorati da lacerti di affreschi raffiguranti motivi
floreali e geometrici.
Questa parte costituiva l'antico
nucleo cittadino sorto ai piedi del Castello, oggi in fase di
ricostruzione, e che sorge sul colle che domina la cittadina, ricco
di un pregevole patrimonio vegetale che ne fa uno splendido parco
panoramico lietamente frequentato.
Procedendo lungo Via Bini è possibile
ammira- re la Casa Antonelli dove il terremoto ha
riportato alla luce elementi architettonici ed affreschi (secolo
XIII e XIV) di grande valore artistico seppelliti per anni sotto
spessi strati di intonaco, e il Palazzo Elti (secolo
XV), sede della Pinacoteca Comunale.
Si giunge quindi in Piazza del
Municipio, dove sorge il restaurato Palazzo Comunale,
costruito nel 1502 da Bartolomeo de Caprileis detto Boton secondo
schemi propri dell'architettura della provincia veneta con forti
connotazioni lombardesche (tré grandi arcate leggiate nel
pianoterra, trifora centrale con balconcino nel piano superiore).
Esso ospita al primo piano la Sala Consiliare con un soffitto a
cassettoni e una trifora ornata da balcone, e nella Loggia si ammira
un soffitto a travature scoperte, decorato con tavolette dipinte a
tempera; incastonati in parete sono iscrizioni e bassorilievi di
epoca romana. Lasciando sulla destra il Palazzo Comunale, si
incontrano delle scale che conducono in Via deiConti dove si trova
la Civica Biblioteca Glemonense «Don Valentino Baldissera», ed alla
piccola piazzetta di Possale, dove sorge la Chiesa di Santa
Maria di Fossale, completamente distrutta dal sisma del 1976
e ricostruita per anastilosi (per quanto è stato possibile) e
filologicamente con contributo volontario tra il 1990 ed il 1993 su
iniziativa di Mons. Giuseppe Della Marina, e su progetto dell'arch.
Gianpaolo Della Marina. Sulla base di quanto recuperato, dal rilievo
e dalla documentazione fotografica, si è proceduto alla stesura del
progetto di ricostruzione, cercando di riproporre la chiesa «com'era
e dov'era», collocando gli elementi litici nella loro posizione
originaria.
Durante i lavori di
ricostruzione-restauro sono venute alla luce le fondazioni della
chiesa preesistente a pianta poligonale, visibili ai lati
dell'ingresso, che fu fatta erigere originariamente tra il 1659 ed
il 1660 dal nobile gemonese Marc'Antonio Locatello, ampliata in
seguito dal nipote nel 1744, per conservare un affresco,
riproducente l'immagine della. Madonna allattante, ritenuto
prodigioso, perché nel 1655 dagli occhi della Madonna furono viste
sgorgare dalle lacrime. La sacra immagine è incastonata su un altare
ligneo del Seicento attribuito a Girolamo Comuzzo, di pregevole
fattura; la chiesa ospita un altro importante altare ligneo
proveniente dalla Chiesa della Madonna delle Grazie.
Scendendo lungo Via Patriarca si
giunge in Piazza Garibaldi, al centro della quale «troneggia» lo
stemma a mosaico della Comunità di Gemona; su di essa si affaccia la
moderna sede della Banca Antoniana Popolare Veneta di Gemona, opera
dall'architetto Luciano Gemin su idea di Carlo Scarpa (1978-1986).
Gemona ha visto trionfare nella maggior parte delle nuove
costruzioni un'architettura d'avanguardia (soprattutto
«postmoderna»), e conviene ricordare che la progettazione
urbanistica necessaria per la ricostruzione del centro storico è
stata affidata all'arch.Giovanni Pietro Nimis. Continuando lungo Via
Carlo Caneva, si giunge alla distrutta cinquecentesca Chiesa di
S. Maria delle Grazie, costruita alla fine del 1400 con
annesso un convento. Detta anche la piccola pinacoteca di Gemona in
quanto ospitava importanti opere pittoriche, alcune delle quali ora
esposte nella Pinacoteca Comunale di Palazzo Elti: tra esse la
Madonna con Bambino di Cima da Conegliano (1496), di grande valore e
più volte restaurata nei secoli, una pala di scuola salisburghese
del 1505 che raffigura S.Anna, tra i Ss. Gioacchino e Giuseppe, che
tiene in braccio Maria Bambina che sorregge sulle ginocchia Gesù, al
quale si rivolgono i Ss.Ruperto vescovo e Margherita regina; la
scena in basso è completata dai ritratti dei donatori Ruperto e
Margherita in atto di preghiera, un dipinto di Pellegrino da San
Daniele (1520 ca., Madonna con Bambino tra S. Giuseppe e S.
Elisahetta), dipinti di Pomponio Amalteo (Resurrezione), Vincenzo
Lugaro, Secante Secanti, Melchiorre Widmar, Giuseppe Buzzi. L'aula
presentava un aspetto barocco, accentuato dagli altari lignei tra i
quali il bellissimo altare dorato attribuito al Comuzzo, con la pala
raffigurante S. Pietro d'Alcantara attribuita al pittore Melchiorre
Widmar (1655), ora ospitato nella chiesetta di S. Maria di Fossale.
Quanto rimasto dell'importante
edificio, la monumentale scalinata, i resti della facciata con il
prezioso portale quattrocentesco, le murature perimetrali del lato
nord con le caratteristiche nicchie, è stato consolidato e
restaurato. L'intervento di mantenimento di quanto superstite con
l'innalzamento della nuova struttura della facciata e la copertura
in ferro e cristallo della zona d'ingresso e dell'abside
parzialmente violata dall'intervento dell'edificio retrostante a
est, sta a significare l'anelito alla sua completa ricostruzione, ma
anche ricordo del sisma del 1976 e unica testimonianza documentale
dell'evento. Scendendo lungo una gradinata sita di frontealla
chiesa, e percorrendo via S. Bartolomeo, si giunge alla Chiesa
di S. Rocco in Piazza del Ponte, la prima chiesa ricostruita
ad opera di volontari dopo il terremoto del 1976, rispettando i
volumi ed i caratteri precedenti, ed ufficialmente riaperta al culto
nell'agosto del 1982, a soli sei anni dal sisma; da qui proseguendo
a destra lungo Via della Cella si giunge al rico-struito Convento di
S. Maria degli Angeli, casa madre e sede della
Provincia Veneta delle Suore Francescane Missionarie del Sacro
Cuore, dove è visitabile la Chiesa del Convento con la Redenzione
dell'umanità e vetrate recenti dell'udinese Arrigo Poz, ispirate al
Cantico delle Creature.
Allontanandosi dal centro storico
imboccando Via Artico di Prampero o Via S. Leonardo, e poi Via Sant'Antonio,
si arriva ad uno dei più importanti edifici religiosi della
cittadina: il ricostruito Santuario di S. Antonio che
può essere considerato il più antico luogo di culto dedicato al
Santo. Infatti dai documenti risulta che la primitiva chiesetta,
fatta erigere dal Santo stesso in onore della Madonna delle Grazie
(1227 circa), fu consacrata a lui nel 1248, 17 anni dopo la sua
morte e alcuni decenni prima dell'inaugurazione della celebre
Basilica di Padova.
Andato distrutto, a causa degli eventi
sismici del 1976, il Santuario è stato ricostruito in linee
architettoniche moderne, ma al suo interno conserva ancora alcuni
ruderi della chiesetta duecentesca, e all'ingresso la cappella del
Rosario, in cui rimangono parti delle decorazioni a fresco di
Melchiorre Widmar (1682), ivi sepolto, che dipinse anche le due
grandi tele della Circoncisione di Gesù e dell'Adorazione dei Magi.
A colpire il visitatore sono senza dubbio le opere dell'artista
udinese Arrigo Poz: l'enorme mosaico della parete di fondo
raffigurante il Mondo e l'Universo attraversati da una meteora - la
luce di Cristo -, la Cappella Penitenziale, la serie delle 13
finestre di un vivace e brillante cromatismo raffiguranti figure di
Santi e lo splendido rosone laterale realizzato «a mosai-co»
utilizzando tessere di alabastro e vetro dove si «legge» il Cantico
delle Creature di San Francesco. Molteplici sono le ulteriori opere
d'arte che il Santuario conserva e da scoprire con un'attenta visita
che conduca anche alla preziosa collezione di ex-voto e alla
suggestiva e raccolta Cella del Santo.
Già prima del terremoto presso il
Santuario era stata allestita una piccola pinacoteca
ricca di pezzi di buon interesse: una lignea Madonna con Bambino
forse di scuola salisburghese (secolo XIV), dipinti di Giulio
Urbanis (la Madonna con il Bambino in gloria e S. Leonardo, 1606),
Vincenzo Lugaro (S.Francesco d'Assisi, inizio secolo XVII),
Melchiorre Widmar (Apparizione dell'angelo a S. Francesco d'Assisi,
fine secolo XVII), Pietro Antonio Novelli (S. Carlo Borromeo e il
Pentimento di Rè David, secolo XVIII), Antonio Duroni (l'immacolata,
S. Ludovico e S. Elisahetta, 1861) e di altri artisti veneti e
friulani. Oggi queste opere ben conservate sono visibili nel
Museo «Renato Raffaelli» assieme a molti altri interessanti
lavori del Seicento veneto.
Delle altre importanti chiese gemonesi,
è andata completamente distrutta quella trecentesca di
S.Giovanni, che conservava uno stupendo soffitto a
cassettoni dipinti nel 1533 da Pomponio Amalteo e fortunatamente in
gran parte salvati ed alcuni dei quali visibili nella Pinacoteca di
Palazzo Elti, quadri settecenteschi di Giovanni Battista Tiani
pittore gemonese, una bella pala d'altare di Sebastiano Secante
(1558), al momento conservata nel Museo Diocesano di Udine,
raffigurante la Madonna con Bambino tra i Ss. Ermacora e Fortunato.
Distrutta anche la Chiesa di Santa Lucia, in località
Pioveva (di fronte alla stazione FF.SS. di Gemona), recentemente
ricostruita in linee architettoniche moderne su progetto degli
architetti Augusto Romano Burelli e Paola Gennaro. Essa sorge a poca
distanza dal precedente sedime ed assolve anche alla funzione di
punto liturgico feriale e centro di formazione catechistica. La
facciata di questo complesso architettonico è sintesi stessa della
chiesa, ospitando il portale e l'abside in un gioco di comunicazione
e di sovrapposizione veramente originale, ulteriormente esaltato
dalle strutture essenziali del campanile che si innesta leggermente
arretrato. E istoriata com'è con incisioni riportanti passi biblici
in latino, friulano e italiano diviene anche il libro da cui trarre
spunti per meditazioni e preghiere.
Nella frazione di Ospedaletto, accanto
alla neogotica Chiesa di S. Spirito sorgeva l'antico
Ospitale di origini duecentesche, fatto costruire da Corrado
Marzutto della famiglia dei Signori di Gemona e vescovo di Trieste
per ospitare i pellegrini; divenne poi Priorato di Santo Spirito,
nucleo primitivo della Ospedaletto antica. Gravemente lesionato
dagli eventi sismici del 1976, è stato ricostruito conservando sulla
facciata principale una bifora appartenente alla costruzione
originaria del XIII secolo ed affreschi riproducenti alcuni stemmi
settecenteschi dei Priori, con i simboli dell'ordine di S. Spirito.
Oggi esso ospita la canonica e le opere parrocchiali. Situata lungo
Via Nazionale si trovala Chiesetta di Ognissanti dove
dopo il terremoto è emersa una bella serie di affreschi databili
alla fine del XIV ed all'inizio del XV secolo: tra le scene di
maggior significato, il Cristo apocalittico, la Vergine e Santi e
momenti della Passione di Cristo.
Dalla borgata di Gleseute, attraverso
il torrente Vegliato, si raggiunge la sella ove sorge Chiesa
di Sant'Agnese, alla quale era annesso un romitorio di
monache e la cui fondazione risale alla prima metà del XIII secolo.
La chiesetta, andata distrutta con il terremoto del 1976, è stata
interamente ricostruita. L'aula è quadrangolare con travatura a
vista in pietre squadrate, ai lati la sacrestia ed un portico ad
unico spiovente, di retro l'abside semicircolare; dal culmine della
facciata svetta il caratteristico campaniletto a vela. Di
particolare suggestione è l'ambiente naturale: dalla sella la vista
si allarga a nord sul conoide dei Rivoli Bianchi e a sud su Gemona e
la piana, ad ovest risalta il profilo arrotondato del monte Cumieli,
mentre ad est a stagliarsi è la cresta affilata della catena
Chiampon-Cuel di Lanis.
Informazioni tratte da:
GUIDA ARTISTICA DEL FRIULI VENEZIA GIULIA
dell'Associazione fra le Pro Loco del Friuli-Venezia Giulia
http://www.prolocoregionefvg.org