Codroipo,
28 Luglio 2002

CODROIPO
(Ud)
43 metri s.l.m. - 74,60 km² - 14.334 abitanti - C.a.p.: 33033
Frazioni/Località:
Beano - Biauzzo - Goricizza - lutizzo - Lonca - Muscletto -
Passariano - Pozzo - San Martino - San Pietro - Rividischia -
Rivolto - Zompicchia.
Informazioni turistiche: Pro Loco Villa Manin, Codroipo, tel.
0432-904721 - Pro Passariano, v. dei Dogi 20, Passariano, tel.
0432-906290
Biblioteche: Biblioteca Civica, v.le Duodo 1, tel.
0432-906991 (apre tutti i giorni feriali dalle 15 alle 19)
Musei e archivi: Mostra Armi antiche e Mostra di carrozze,
Villa Manin, Passariano, tel. 0432- 906657 (apre matt. e pom. - lu.
chiuso) – Centro di catalogazione e restauro di Villa Manin, Villa
Manin, Passariano, tel. 0432-906496
Escursioni: Parco naturale delle Risorgive - Parco di Villa
Manin, Passariano - Villa Manin, Passariano

CAMPANE
Alcune
immagini durante la Santa Messa


Principali monumenti e
opere d'arte
La Chiesa
parrocchiale di Codroipo risale al XVIII secolo. Nel 1731 i
capomastri Francesco e Pietro fu Luca Andrioli diedero il via alla
ricostruzione (la consacrazione si ebbe nel 1752) realizzando un
edificio ad unica navata, mosso da ampie cappelle laterali. La facciata
liscia, timpanata, tripartita da quattro lesene, tiene conto delle
modifiche che vi furono apportate nel 1847 dai conti Rota.
All'interno,
altare maggiore disegnato da Luca Andrioli e materialmente realizzato
dall'udinese Francesco Zuliani nel 1765, arricchito dalle statue
marmoree dei Santi Pietro e Leonardo che il vicentino Angelo Marinali
aveva scolpito intorno al 1700 per la chiesa della Carità di Venezia,
dove furono acquistate nel 1821.
L'altare
della Madonna del Rosario, ricco di marmi policromi, venne eseguito su
progetto dell'architetto veneziano Giorgio Massari (secolo XVIII):
l'alto fastigio sovraccarico di statue crea un senso di pesantezza tale
da far pensare che il portogruarese Giambattista Bettini, scultore
altarista che terminerà il lavoro nel 1763, abbia almeno in parte
alterato il disegno originario. Al Bettini spettano anche gli altari di
S. Giovanni Battista (1758) e di S. Antonio da Padova (1760); mentre
Voltare di S. Antonio abate venne realizzato da Pietro Balbi di
Portogruaro nel 1758; Voltare del Crocifisso, neoclassico, fu costruito
su progetto dell'architetto Andrea Scala tra il 1850 ed il 1851.
Pregevoli
il serrato gruppo ligneo della Pietà nell'altare maggiore (volti
nobilissimi, volumi torniti) di ottimo scultore del secolo XVI, ed il
così detto Cristo nero - nell'altare del Crocifisso - della metà del
secolo XV, scolpito per la chiesa di S. Fantin a Venezia, e portato a
Codroipo all'inizio dell'Ottocento: lo scultore dovrebbe essere un
maestro nordico: certamente non è quell'Alessandro Vittoria cui
tradizionalmente è attribuito il lavoro. Tra le sculture in pietra,
merita menzione una Madonna con Bambino, posta nell'atrio della porta
ovest, di scuola lombardo-friulana dell'inizio del Cinquecento, secolo
al quale appartengono anche l'acquasantiera ed il fonte battesimale.
La
pittura è ben rappresentata da dipinti di Pietro Politio allievo dell'Amalteo
(Madonna dei Battuti, 1550, con interessanti note di abbigliamento nel
gruppo delle devote), Gaspare Diziani (S. Giuseppe che appare ai Ss.
Giovanni Evangelista, Pietro e Giovanni Battista, ca. 1765), Giuseppe
Tominz goriziano (ritratto di mons. Gaspardis, in sagrestia, secolo XIX),
Michelangelo Grigoletti (S. Francesco d'Assisi, 1838). Giovanni De Min
di Belluno (affreschi nelle pareti laterali del coro, 1845: Orazione
nell'orto e Resurrezione), Lorenzo Bianchini (Cuori di Gesù e di Maria,
1883, e pala con i Ss. Biagio e Rocco), Renzo Tubare (Assunta, 1958, nel
lunettone del coro).
Attira
l'attenzione il recente dipinto del pittore milanese Gianfranco Brusegon
(1990) raffigurante nei termini di un realismo fotografico mons.
Giovanni Copolutti arciprete di Codroipo, il primate di Polonia Glemp ed
una folla di fedeli in cui si riconoscono alcuni cittadini di Codroipo.
Nelle
altre località del Comune molti i luoghi di culto con opere d'arte. A Goricizza
la Parrocchiale conserva un portale con intagli e
bassorilievi del 1525, un fonte battesimale del 1518-20 ed una bella
statua di S. Bartolomeo in pietra dipinta (ca. 1520) di Giovanni Antonio
Pilacorte, oltre all’affresco di Renzo Tubare (1949) con il Martirio
di S. Bartolomeo; nella Chiesa di lutizzo affreschi di
Francesco Barazzutti nella volta del coro (1913, Gloria di S. Marco); a Biauzzo,
nella Parrocchiale, Madonna del Rosario di Francesco
Fontebasso (secolo XVIII), a Pozzo affreschi cinquecenteschi
(Annuncia-zione) nel portico della Chiesetta votiva di S.Rocco,
che conserva anche lavori di intaglio dell'inizio del XVI secolo, in
parte rubati in parte collocati altrove; settecenteschi nella Chiesetta
della Madonna di Loreto (processioni, con importanti notazioni
di vita di popolo) nella quale si trovano alcuni gradevoli ex voto e
novecenteschi nella Parrocchiale di S. Giustina
(decorazione di Mario Sgobaro, 1938-39, completata nel 1941-42 dagli
affreschi di Giovanni Saccomani); a Beano, nella Chiesa
parrocchiale di S. Martino, portale (1509) e splendida
acquasantiera (1519) di Giovanni Antonio Pilacorte, notevole per il
senso delle proporzioni, la bontà dell'ideazione e della realizzazione
(specie nei putti musicanti addossati al fusto); a Lonca
affreschi del primo Cinquecento (tracce) all'esterno della Parrocchiale
e buon trittico ligneo con figure dipinte firmato dall'udinese
Bernardino Blaceo (1537; Madonna in trono con Bambino, e i Santi
Giovanni Battista e Caterina; nella cimasa l'Eterno Padre, nelle volu-te
due angeli); a Rivolto due buoni lavori sia nella Parrocchiale
che nella Chiesetta di S.Cecilia. Nella prima, l'altar
maggiore settecentesco è di Giuseppe Torretti mentre i due angeli a
lato sembrano essere di mano di Orazio Marinali; l'altare di S.
Valentino, in legno dorato e dipinto, è una delle opere più
rappresentative dell'intaglio barocco in Friuli. Risale al 1676 ed è
dovuto al gemonese Giovanni Vincenzo Comuzzo: fastoso nella sua
struttura, sovrabbondante nell'ornamentazione, ricco di elementi
fitomorfi, e di putti, telamoni, angioletti, stupefacente per lo
scintillio dell'oro e la complessa architettura a doppio frontone, è
«cornice» del dipinto del camice Osvaldo Gortanutti che campeggia
all'interno e che rappresenta la Madonna con Bambino, S. Valentino e
Santi. Nella chiesa, anche una bella pala di Antonio Balestra veronese
(Immacolata, primo e secondo decennio del secolo XVIII).
Nella
Chiesetta di S. Cecilia, altare con pala marmorea
raffigurante S. Cecilia che suona, per anni ritenuta opera del Torretti,
buon lavoro, invece di Adeodato Parlotti (1796) ed affreschi nelle vele
del coro con gli Evangelisti (Antonio da Firenze, fine secolo XV). Tra
le numerose ville della zona, Villa Colloredo Mels a Muscletto
di Codroipo (secolo XVII). Villa Kechler a S.
Martino (secolo XVII), con barchesse, giardino con statue ed
ampio e suggestivo parco e soprattutto Villa Manin a Passariano,
una delle più note del Veneto, divenuta di proprietà pubblica in
quanto acquistata con legge del 1969 dalla Regione Autonoma
Friuli-Venezia Giulia. Il primo nucleo della costruzione risale al
secolo XVI, allorché Antonio Manin, entrato in possesso della gastaldia
di Sedegliano, fece erigere a Passariano una casa padronale, rispondente
più alle esigenze della vita agricola che di rappresentanza, sfruttando
un edificio preesistente che rimase così inglobato nella barchessa di
sinistra. Spettò al nipote Ludovico, secondo la tradizione, nel secolo
successivo, il compito di apportare una sostanziale trasformazione
all'edificio, tenendo presente la lezione del Palladio che era riuscito
a rendere accessibili e cordialmente umane le sue classiche
architetture, facendole vivere nella luce atmosferica in armonioso
rapporto con l'ambiente naturale. È comunque probabile che il Manin si
sia avvalso della consulenza di Baldassarre Longhena o di Giuseppe
Sardi, zio di Domenico Rossi, l'architetto che nei primi anni del
Settecento attuerà la definitiva e geniale sistemazione del complesso,
imprimendogli un andamento del tutto nuovo per vivacità ed
articolazione. È sua infatti l'idea di sopraelevare il nucleo
gentilizio e le barchesse che da questo si dipartono, di creare
l'esedra, in forma di ferro di cavallo, raccordata alle barchesse
mediante quinte scenografiche con portali e nicchioni. Elemento
dominante sul grandioso insieme è la casa padronale a tre piani con
terminazione timpanata al centro, la cui facciata acquista una gradevole
animazione luministica in virtù delle semicolonne che sostengono la
bella balconata, delle cornici aggettanti, delle profilature in pietra,
delle parti rientranti. Al salone, che si sviluppa per un'altezza di tre
piani, si accede dall'ampia scalinata che digrada nel cortile d'onore
chiuso anteriormente da un muretto nel quale si apre l'elegante e
maestoso cancello in ferro battuto e bronzo. La facciata posteriore
della villa guarda su un vasto parco, realizzato secondo il gusto
francese, dove i verdi prati, le maestose piante e le tante statue e
fontane che lo animano rievocano uno scenario caro al mitico mondo
dell'Arcadia. All'esterno della villa, addossata alla barchessa
orientale, sorge la cappella a pianta centrale (ot- tagono irregolare),
la cui facciata con colonne binate, architrave e timpano, riflette i
caratteri dell'arte palladiana. Eretta nei primi decenni del Settecento,
molto probabilmente dallo stesso Domenico Rossi, è un esempio di come
architettura, scultura, pittura, se perfettamente integrate, possano dar
vita ad un armonioso insieme. Oltre che come pregevole opera
architettonica, Villa Manin è importante anche per le opere d'arte
settecentesche che conserva. In una sala a levante, nel 1708, il
parigino Ludovico Dorigny affresca nel soffitto, entro il tondo
centrale, il Trionfo della primavera e nei quattro ovati minori che lo
attorniano l’Allegoria dell'Amore, della Gloria, della Ricchezza,
dell'Abbondanza. La sua pittura dai colori freddi e smaglianti che
predilige figure eleganti su sfondo di limpidi cieli ed adotta soluzioni
spericolate (amorini e ninfe su nubi che vanno al di là della cornice)
risulta nel complesso accademica e convenzionale.
Alle
pareti, in monocromo su sfondo dorato, dipinge alcune scene con Apollo e
Marte, Venere e Bacco, Giudizio di Paride, e Pan e Siringa tra varie
figure allegoriche. Rese gradevoli dal chiaroscuro di gusto francese,
dalla precisione linearistica, da un mirabile equilibrio, ad esse si
ispirerà il giovane Tiepolo chiamato ad operare nell'Arcivescovado di
Udine nel 1726-30.
Nella
Cappella Manin il veneziano tiepolesco Fontebasso dipinge
in due quadroni monocromi Scene della vita di Adamo ed Eva. Ma più
importante è la decorazione in marmo realizzata nella cappella da
Giuseppe Torretti, il maggior scultore veneto del Settecento, che tanti
scolari o seguaci lasciò anche in Friuli dove a lungo operò. A lui si
debbono l'altare di destra con un Miracolo di Sant'Antonio e quello di
sinistra con il Transito di S. Giuseppe, armonica sintesi di linea e
volume. L'altare maggiore, con Madonna con Bambino e i Ss. Ludovico e
Andrea ai lati, rivela sicura padronanza della materia e nitore
classicheggiante della forma: è stato di recente attribuito a bottega
dei Marinali. In precedenza lo si riteneva eseguito dal Torretti al
quale comunque spetta lo scenografico velario. Nella splendida Sagrestia
lo scultore lascia ancora un Crocifisso nel quale rinuncia
all'esuberanza formale esteriore, una Madonna con Bambino che
rappresenta nel linearismo concitato e scattante e nel panneggio morbido
e fluente una delle sue migliori realizzazioni, e due pannelli
raffiguranti l'uno l'Immacolata Concezione con i suoi effetti, l'altro l’Addlorata
con le sue cause. La Villa Manin, che è divenuta sede di manifestazioni
d'arte di grande prestigio (basti pensare alle Mostre del Tiepolo del
1971 e dei Longobardi del 1990), contiene anche una zona museale di
qualche interesse per il turista, comprendente una raccolta di carrozze
antiche e un'armeria con pezzi provenienti dalla Casa della Contadinanza
di Udine; le varie sale sono state arredate con mobili d'epoca (ad
esempio la così detta Camera di Napoleone, che qui firmò il trattato
di Campoformido nel 1797) e con dipinti del Museo di Udine. La Villa
ospita inoltre l'importante Centro regionale per l'inventario e la
catalogazione del patrimonio culturale ed ambientale del Friuli-Venezia
Giulia, cui dopo il terremoto è stata annessa una Scuola di restauro,
con laboratorio, allo scopo di preparare quel personaggio tecnico
specifico di cui la Regione (ma meglio sarebbe dire l'Italia tutta)
sente urgentemente bisogno.
Informazioni tratte da
GUIDA ARTISTICA DEL FRIULI VENEZIA GIULIA
dell'Associazione fra le Pro Loco del Friuli-Venezia Giulia
con sede a Villa Manin - 33030 Passariano - Codroipo (UD) |
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