Carpacco di Dignano, 23 Agosto 2005
Festa per i 100 anni della
parrocchiale
e del suo parroco mons.
Giovanni Olivier
SCAMPANOTADA
...canto d'inizio e benvenuto
del vicario foraneo...
...estratti audio dall'omelia
del vescovo, del sindaco, del parroco di Dignano e benedizione finale di
mons. Brollo...
Monsignor Olivier, nato il 23 agosto 1905, è
parroco di Caporiacco dal 1944
(di Maurizio Cescon - Il
Messaggero Veneto del 21 Agosto 2005)
DIGNANO. L'emozione
per le tante attenzioni e gli attestati d'affetto, in questi
giorni di vigilia del compleanno numero 100, aggiunti agli
acciacchi dell'età gli hanno giocato un brutto scherzo. Monsignor
Giovanni Olivier, il sacerdote in attività più anziano d'Italia, è
stato male nella notte tra venerdì e ieri, così è costretto a
letto, per recuperare le energie. Ma se la salute di quest'uomo è
ormai fragile, lo spirito è indomito e la lucidità eccezionale. E'
quasi dispiaciuto di farsi trovare nella sua stanza, come un
convalescente qualsiasi. Ma poi il suo sorriso, le sue parole
asciutte e mai fuori luogo, gli occhi scuri e acuti, ti fanno
dimenticare di avere davanti una persona giunta sulla soglia del
secolo. Non deve affaticarsi monsignore, così c'è tempo solo per
scambiare poche battute. Nato il 23 agosto 1905 a Palazzolo dello
Stella, ha conosciuto nove Papi, da Pio X a Benedetto XVI. Nel suo
cuore sono rimasti vivi i ricordi di due pontefici che forse la
grande massa dei cattolici ha un po' dimenticato, o giudicato in
maniera controversa e frettolosa. «Papa Pio XII è una figura di
santità - dice il parroco di Carpacco -, l'ho sempre ammirato. E
poi Paolo VI, è stato il papa della sofferenza, sia fisica che
spirituale, ha portato a conclusione un lavoro immane, quello del
Concilio, che aveva preso a metà». Nella casa canonica non mancano
nemmeno i ritratti di papa Giovanni, ne gli attestati che gli ha
inviato papa Wojtyla per celebrare i 70 anni di sacerdozio.
Dal Vaticano il filo dei ricordi si srotola fino al
Friuli, la terra nella quale monsignor Olivier ha sempre vissuto e
operato. Da 73 anni con l'abito talare, da 61 è titolare della
parrocchia di San Michele Arcangelo, dopo essere passato per
Tarcento (primo incarico da cappellano) e aver svolto le mansioni
di vice rettore al Tomadini. «Ho cominciato nel '44 -racconta
sereno- celebrando tre matrimoni e un battesimo. Poi ho continuato
per tutti questi anni e quando posso lo faccio ancora, ho
conosciuto tutti quelli che abitano qua, giovani e anziani. E'
stata un'avventura meravigliosa, con l'aiuto di Dio».
E proprio una fede d'acciaio ha fatto superare a don
Nin, come lo chiamano i più intimi, le disavventure e gli
imprevisti della vita e gli ha consentito di attraversare un
intero secolo. Prima il mitra dei tedeschi puntato alla schiena,
durante la ritirata alla fine della Seconda guerra mondiale. Poi
il grande dolore, nel '74, della morte in un incidente stradale
del fratello, della cognata e del nipote, che erano venuti a
trovarlo dalla Svizzera. Quindi i problemi di salute: un infarto,
vent'anni fa e, in tempi più recenti, la frattura del femore, che
lo costringe sulla sedia a rotelle, e una broncopolmonite che a
intervalli regolari continua a dargli noie respiratorie. Eppure
monsignor Giovanni non ha mai gettato la spugna, non si è ritirato
in qualche casa per religiosi, ma ha continuato la sua opera di
pastore di anime, giorno per giorno, Pasqua, Natale e feste
comandate, unico prete così vecchio in tutta Italia e forse
addirittura in Europa. Nella cappella della canonica ha detto
messa anche venerdì mattina e conta di farlo di nuovo non appena
riprenderà le forze.
«Nelle prediche l'ho visto sempre parlare a braccio -
osserva Dina Ganis che, con i suoi figli, si prende cura da
decenni del vecchio parroco -. Commenta i fatti della cronaca,
spiega la morale e vive di esempi. Per lui sono importanti gli
insegnamenti delle famiglie, solo così i giovani restano integri.
Si è molto impressionato per quel fatto, l'omicidio dei coniugi di
Brescia. "Ma da dove viene tutta questa crudeltà", ha detto
sospirando. Vede la tv e non gli piace quando ostenta tanta
violenza, lui raccomanda sempre di avere rispetto, fede e timor di
Dio. Tutte le sere prega il rosario per la sua gente, per il
paese, per gli infermi e per i defunti. Si è tanto dispiaciuto
quando mesi fa sono morti alcuni ragazzi del paese, in drammatici
incidenti della strada, nei suoi pensieri c'è sempre la sua gente
e la sua chiesa».
E proprio la chiesa di San Michele Arcangelo, con un
imponente colonnato esterno, molto grande per un paese che oggi
conta 900 anime, ha beneficiato delle attenzioni del sacerdote.
L'ha restaurata dopo il terremoto, l'ha arricchita, ha conservato
la cantoria che risale al '600. Ha disposto di mettere a norma
tutti gli impianti. Ha speso anche di suo, monsignor Olivier, per
dare decoro alla casa del Signore di questo piccolo centro della
collina friulana. «Per lui non si è tenuto mai niente - aggiunge
la signora Ganis -, ha dato tutto agli altri. E' sempre stato
attivo e generoso con le opere parrocchiali. Basti pensare che
negli anni Cinquanta istituì la scuola materna, dove sono passate
generazioni di dignanesi. No-nostante la sua timidezza, la sua
riservatezza, si è fatto benvolere».
Ma il sacerdote, oltre che per la lunghissima attività
pastorale, fa notizia anche per la longevità. «Mangia di tutto,
come ha sempre fatto - racconta la signora Dina -. Gli piacciono i
dolci e il gelato. E poi la polenta con il formadi salat. Mezzo
bicchiere di vino rosso a ogni pasto, il tè al pomeriggio e acqua.
Non ha mai fumato, ne ha avuto altri eccessi. Tutto qua».
Adesso che in tanti lo curano (il medico dottor Amelio
Orlando, la badante) e i parrocchiani lo vezzeggiano in attesa
della festa del compleanno, monsignore si sente coccolato. Ha già
ricevuto tante visite, tra le più gradite quelle delle anziane
sorelle, di 92 e 93 anni, e i primi regali, come le 100 candeline
di biscotto fatte da un artigiano di Bertiolo, o la pergamena
della sezione dei combattenti e reduci che gli riconosce un'opera
importante durante la ritirata dei tedeschi nel '45. Monsignor
Giovanni Olivier è frastornato dai riflettori, ma l'affetto della
gente lo ripaga. E lui risponde con un sorriso e una benedizione,
proprio come un curato di campagna d'altri tempi.
"Io ho 105 anni e mi
ricordo quando arrivò"
(di Raffaella Sialino)
DIGNANO. La comunità
di Carpacco è in fervore per i preparativi dei festeggiamenti del
centesimo compleanno di monsignor Giovanni Olivier, il più anziano
prete in attività in Italia, l'unico ancora titolare di parrocchia
al traguardo del suo secolo d'età Monsignor Giovanni è a capo
della parrocchia di San Michele Arcangelo da 61 anni ed in paese
si può dire che conosca tutti: certi li ha battezzati, cresimati,
sposati e altri li ha accompagnati nel loro ultimo viaggio
terreno. C'è però una persona che ricorda molto bene il giorno
dell’arrivo in paese di don Giovanni e la sua prima messa: e
Giobatta Bisaro, il più anziano del Comune nato proprio a Carpacco,
che a ottobre compirà 105 anni. Bisaro è il nonno del sindaco di
Dignano ed è lui ad evidenziare come il secolo di vita di
monsignor Giovanni corrisponda ai 100 anni della chiesa di
Carpacco. Anche la parrocchiale di San Michele Arcangelo "nacque"
nel 1905 e Bisaro ricorda perfettamente la cerimonia inaugurale
dell'edificio sacro e pure l'unico prete che ha preceduto
monsignor Olivier in questo secolo, don Giuseppe Sant. Il nipote,
nonché sindaco di Dignano, Giambattista Turridano, quindi aggiunse
che «l’amministrazione comunale non può che essere orgogliosa di
avere tra i propri cittadini un cittadino come monsignor Giovanni.
Il parroco di Carpacco è una persona carismatica che per oltre 60
anni ha guidato un intera comunità. Si è saputo conquistare con la
sua umiltà, la stima della gente contribuendo con il suo carattere
forte, anche alla crescita della comunità stessa. Al parroco di
Carpacco va quindi, il ringraziamento dell’amministrazione
comunale e la riconoscenza perché in seno alla popolazione ha
svolto non solo un ruolo spirituale ma anche sociale, riuscendo a
rappresentare, infatti, in tutti questi anni un punto di
riferimento importante per i cittadini, nei loro momenti di gioia
e in quelli di dolore».
Il primo cittadino ricorda, inoltre, come monsignor
Giovanni nell'ormai lontano '45 abbia coraggiosamente svolto opera
di mediazione presso il Comando Truppe Tedesche in ritirata
andando incontro ai nazisti che minacciavano di bruciare Carpacco,
convincendoli che potevano passare senza che nulla accadesse, e
facendo loro strada fino al confine con Villanova seguito dai
soldati che gli puntavano le armi alle spalle. «Ma questo è solo
l'episodio più noto -precisa Turridano- perché monsignor Olivier
ha dato prova di coraggio ed attaccamento alla sua gente e alla
sua chiesa anche in altre occasioni, specialmente nel dopo
terremoto».
Martedì nel corso dei festeggiamenti ufficiali per il
suo centesimo compleanno, dopo la santa messa concelebrata
dall'arcivescovo di Udine monsignor Pietro Brollo e dai sacerdoti
della forania, don Giovanni Olivier riceverà un Diploma di
fedeltà, rilasciato dall'Associazione Combattenti e Reduci -
sezione di Dignano - da parte del presidente provinciale cavalier
Giuseppe Lizzi. |
Udine in festa per il parroco centenario
(Di
Francesco Dal Mas
www.db.avvenire.it)
Cento anni di vita, proprio oggi. 73 dalla prima Messa. 61 da
quando regge la comunità di Carpacco, in quell'anfiteatro naturale
che è San Daniele del Friuli. Monsignor Giovanni Olivier è quel
che si dice un parroco centenario. Ancora in carica, ben
s'intende. Un motivo in più per l'arcivescovo di Udine, Pietro
Brollo, di festeggiarlo: con una solenne concelebrazione insieme
ai parroci della forania. Il testamento, monsignor Olivier, lo ha
già fatto. Ed è uno squisito atto d'amore per la sua gente. «Ho
fatto il testamento in chiesa, avevo anche il notaio, il parroco
di San Daniele. Quando muoio, ho detto ai miei parrocchiani, tanto
è il bene che vi voglio, che lascio il cuore qui. Ma vi continuerò
a voler bene anche da lassù e di lassù guarderò quello che fate,
pregherò perché veniate lassù anche voi. E faremo lassù la Chiesa,
tutti insieme. Chiederò di avere una finestrella per guardare
sempre giù e aiutarvi per tutto quel che mi sarà concesso».
Nato il 23 agosto 1905, a Palazzolo dello Stella, primo
di 5 figli di una famiglia di mezzadri, sacerdote dal 25 luglio
1932. Olivier guida la parrocchia di Carpacco dall'11 gennaio
1944. Da qualche tempo vive sulla sedia a rotelle, ma è lui ad
organizzare la vita pastorale della parrocchia, a celebrare ogni
giorno la Messa nella cappella della canonica e, di domenica, in
chiesa. Per le celebrazioni più importanti viene aiutato dai
sacerdoti della forania, nell'ambito di quella «pastorale di
comunione» che l'arcivescovo Brollo sta promuovendo.
La vocazione? «Ero chierichetto. Il parroco monsignor
Pilutti, rientrato dalla prima guerra mondiale, mi chiese se
volevo entrare in seminario. La famiglia, di 22 persone, era molto
povera. Chiesi il permesso alla mamma, lei al nonno. «Se il plevan
a là dit cussì, bisugne ubidi» (se il parroco ha detto così
bisogna ubbidire) fu la sua risposta in friulano. Mi pagarono la
retta metà il parroco e metà il vescovo di allora, monsignor
Rossi. Ho un bel ricordo del seminario, perché la disciplina non
mi ha mai pesato».
L'ultimo battesimo è di soli due mesi fa. Sono già
nonni molti dei friulani da lui battezzati e sposati. Si commuove
al solo ricordarlo. Mai nessuna crisi, in 73 anni?. «Questa non
l'ho mai tradita», risponde, indicando la tonaca. «Mi son fatto
prete per far il prete non per scappare poi. Ho sempre amato la
vita di prete. E ad ogni Messa dico al Signore: aiutami. E lui mi
aiuta».
La parrocchia gli deve molte opere, ma Olivier è anche cavaliere
ufficiale della Repubblica. Nel 1945 salvò il paese dall'incendio
dei tedeschi in fuga. «La mia vita? E' sempre stata a contatto con
la sofferenza umana, per dare un po' di conforto. Anche a Tarcento,
dove ho fatto il cappellano prima di arrivare a Carpacco, ero
sempre in bicicletta a incontrare i malati, i sofferenti, e poi i
vecchi, e poi i giovani. È bello, straordinario. Si sente e si dà
un po' di vita, perché si partecipa alla vita degli altri. Ogni
sera dico due rosari, uno per i vivi e uno per i morti». Il
terremoto del Friuli nel 1976 ha colpito anche la sua comunità,
per fortuna non in misura devastante. La ricostruzione ha un po'
cambiato i friulani. Ed ecco la preoccupazione del parroco
centenario: «Il Friuli che ha una lunga storia di fede cristiana
radicata nel Vangelo. La riprenda in mano per continuare ad essere
sempre credente come sono stati i nostri avi nel vivere secondo
quanto Gesù Cristo ci ha insegnato, per portare a tutti la pace,
la bontà l'onestà e vivere la giustizia voluta dal Signore».
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