biel lant a Messe a...

Monte Quarin (Cormòns), 26 Luglio 2005
Glesie de Beade Vergjne del Socòrs
 
 
Feste di San Juachìn e Ane, nonos del Signôr


Il Monte Quarin visto dall'Abbazia di Rosazzo
Sulla cima si intravede il castello, più sotto Madone d'Aiût e ai piedi del monte a destra, Cormòns


La chiesa della B.V. del Soccorso vista da sotto...
...e da vicino...
 


 La Messa per la "Fieste dai Nonos" è stata celebrata nello spiazzo erboso al fianco
 della chiesa, officiata dal suo ideatore mons. Trevisan, concelebrata dal titolare della
 Parrocchia di S. Adalberto di Cormòns mons. Sergio Ambrosi e dal diacono Marco Braida.


                   
 Inizio Messa ed estratti dall'omelia...


    

La liturgia era accompagnata dalla corale "Sant'Adalberto" e seguita da una nutrita rappresentanza
di arzilli nonni e graziose nonnine, alcuni dei quali molto impegnati a contenere la vivacità dei loro nipotini...

Dopo la Messa...

 

...mentre una parte dei pellegrini si recava nel lato opposto della chiesa per il rinfresco...



...altri si intrattenevano per salutare il loro "vecjo plevan"...

     Beata Vergine del Soccorso, Madonna del Monte, in friulano Madone d’Aiût, è la più scenografica tra le chiese cormonesi, che cede a Sant’Adalberto per imponenza, ma la sopravanza per la impareggiabilità della posizione.
     Il concetto del barocco (Giovanni Valentini) è uno dei suoi elementi costitutivi, ma vi intervengono anche altre componenti: simbolico presidio della città subito sotto il castello; devozione alla Vergine in funzione non necessariamente controriformistica; sincero soccorso nel consolidamento dell’opera di riaffermazione pastorale della Chiesa.
     Il suo fondatore, il barone pievano di Comròns, Luca Del Mestri, poi anche arcidiacono (svolgeva le funzioni pastorali di un vescovo nel territorio di Gorizia e Gradisca), prosegue, agli inizi del Seicento, la chiara volontà manifestata dal suo predecessore Pietro Ragno di conferire al pievano di Cormòns tutti gli strumenti per esercitare le sue prerogative. Nel contempo, offre a tutti i Cormonesi la possibilità di adempiere ai loro doveri di cristiani con la costruzione della chiesa, realizzata a sue spese nel 1636 (pure a sue spese volle dotarla convenientemente).
     Di armonica bellezza con il suo campanile, alla facciata era addossato un porticato; demolito verso la fine dell’Ottocento, togliendole qualcosa di determinante. Il tempio per un periodo venne interdetto (non vi si poteva celebrare) al tramonto del Seicento (come spesso capitava per altre chiese, forse non era tenuta in ordine). Il Del Mestri è pievano dal 1606; con questa chiesa vuole rispondere ad una allarmata lettera da Graz (1612), dell’arciduca d’Austria Ferdinando, la quale descrive come "…nella borgata di Comròns non si curi anzi tutto spiritualmente il timor di Dio, poi anche secolarmente la obbedienza alle leggi…". Sulfureo il panorama spirituale dei Nobili; "…La giustizia viene poco rispettata, come pure vi sono ivi banditi ed altri, i quali… poco curano il divieto di portar pistole. Ed anzi tutto gli assassinii ed omicidi divennero così frequenti, che in due anni ne vennero commessi più di venti e fra questi delinquenti –si osserva con involontario umorismo- parecchi non ebbero altro castigo che forse le spese di cancelleria del processo…".
     Di certo la situazione non migliora dopo la Guerra di Gradisca (1615-1618), così la chiesa può essere un segnale di invocazione e di ripresa, inserito in un’organica visione di riforma dell’arcidiacono.
     Egli visita l’intero territorio della sua giurisdizione arcidiaconale; introduce i Cappuccini a Cormòns, e pensa anche ai Domenicani proprio per la chiesa da lui fondata, in cui un altare è intitolato a San Domenico.
     I Cappuccini saranno a Cormòns, dal 1614 al 1785, una presenza numerosa (erano in 16 nel 1765); i Domenicani verranno un secolo più tardi.
     Nello scorrere degli anni, la Chiesa della B.V. del Soccorso avverte, direttamente o indirettamente, la temperie politica: nel 1787, in piena età Giuseppina, viene salvata per poco dalla confisca (non aveva una funzione precisa) col sottolineare il compito, per cui era nata, di facilitare la partecipazione alla messa dei contadini che abitavano nei dintorni. Durante l’occupazione dei Francesi, i primi dell’Ottocento, ne è spogliata.
     Dopo la terza guerra di indipendenza, che aveva portato Brazzano entro i confini austriaci, i Brazzanesi cambiano con questa meta il pellegrinaggio a Castelmonte.
     Il fondatore riposa nella chiesa da lui voluta, come altri Del Mestri, tra i quali il vescovo di Trieste, e conte, Luca Sartorio (+ 1739), e l’ultimo arcidiacono di Gorizia Sartorio (+ 1750).
     Le spoliazioni sono continuate fino a soglie che si credevano impossibili; così nel paesaggio, ora impoverito della casaforte che le era compagna.
(tratto da "Chiese del Collio" Ferruccio Tassin - Trascrizione di Andrea Nicolausig)