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  Cividale del Friuli, 12 Giugno 2005

CAP: 33043 - Altitudine (s.l.m.): m. 135
Abitanti: 11.387 - Superficie: Kmq. 50,57

   
 Una veduta di Cividale e del Natisone

      Arroccata sulle rive del fiume Natisone, Cividale del Friuli ha sviluppato e mantenuto intatta nei secoli un'impronta nobile e austera, degna di una capitale dalla grande importanza strategica, segnata e arricchita dal passaggio di popoli stranieri. La scelta del luogo per la costruzione di un "Castrum" fu motivata da ragioni strategiche: si trovava sul percorso che fin dalla preistoria, snodandosi lungo la sponda sinistra del Natisone, congiungeva i territori alpini e transalpini alla pianura.
     "Forum Julii" (Cividale) sorse dunque, attorno al 50 a. C., a difesa delle strade di accesso ad Aquileia. Dell'antico sistema difensivo cividalese attualmente restano le costruzioni di epoca patriarcale costituite dalle mura con torrione rotondo e torre d'angolo sul Natisone di Borgo S. Pietro, tratti della cinta muraria veneziana sul versante nord dell'abitato e la cinta difensiva nella zona Est. Durante il restauro di Castello Canussio sono stati riportati alla luce i resti delle mura romane di Cividale e di due torri romane. Cividale conserva altresì moltissime testimonianze artistiche dei tre periodi più importanti della sua storia: quello romano, quello longobardo (nel 568 d.C. è occupata dai Longobardi, guidati dal re Alboino, che vi fonda il primo dei 35 ducati italiani con a capo il nipote Gisulfo) e quello patriarcale (dal sec. VIII al XIV fu sede del patriarcato di Aquileia).
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Prima di iniziare l'Eucaristia, è stato battezzato il piccolo Tommaso,
che era attorniato da un folto gruppo di amici e parenti.

La Santa Messa, era animata dal Coro dell'Associazione "Bertrando"
di San Giorgio della Richinvelda diretto da Olinto Contardo.


         


Alla fine della cerimonia, mons Guido Genero ha posato per una foto ricordo con genitori e padrini del
piccolo Tommaso, e con il Coro dell'Associazione "Bertrando" di San Giorgio della Richinvenda

     Vasta e complessa è la storia del Duomo che, nelle sue linee compositive attuali, pur con notevoli e sostanziali modifiche subite nel corso dei secoli, rispecchia la costruzione eretta a partire dalla metà del secolo XV. Nel 1448, infatti, un grave terremoto aveva completamente distrutto la precedente costruzione che sullo stesso luogo doveva esistere fin dal 737, da quando cioè il Patriarca di Aquileia, Callisto, trasferitosi da Cormons a Cividale, come tramanda Paolo Diacono, aveva fatto quivi edificare una chiesa dedicata alla Vergine e, accanto ad essa, quella dedicata al Battista, contenente il battistero. L'incarico della ricostruzione della chiesa venne affidato a Erardo da Villaco (che aveva da poco portato a termine il ponte sul Natisone) ed alla morte di questi (1453) a Bartolomeo delle Cisterne il quale, dopo aver progettato una chiesa di tipo gotico-internazionale con l'interno a tre navate divise tra loro da robusti pilastri capaci di sostenere alte arcate ogivali, non riuscì a concludere l'impresa (morì nel 1480) ma eresse almeno la parte inferiore della facciata per la quale, nel 1465, ordinò a Venezia, a maestro Jacopo Veneziano, il bel portale maggiore che l'adorna.
La facciata fu ultimata da Pietro Solari detto Lombardo (1435-1515), chiamato a Cividale nel 1502. Meno decisivo fu il suo intervento per quanto riguarda l'interno del duomo (da lui comunque diviso in navate). Infatti nel 1766 Giorgio Massari assunse l'incarico di ristrutturare l'interno e ne stese il disegno. Alla morte del Massari, avvenuta nello stesso anno, spettò al suo allievo e collaboratore Bernardino Maccaruzzi por mano al lavoro, a partire dal 1767, realizzando cinque altari, costruendo la volta a botte nella navata centrale mentre, per l'avversa decisione dei canonici, non poté attuare completamente nelle navate laterali il progetto originale che prevedeva la ricostruzione a tutto sesto dei gotici archi divisori delle campate, sostenuti alle pareti con gruppi di pilastri rinascimentali.
     All'interno la chiesa conserva alcune interessanti opere d'arte: un Vesperbild del XV secolo riconducibile a scuola della Germania sud orientale (statua in pietra arenaria dipinta raffigurante la Pietà, detta in tedesco "Vesperbild" in quanto immagine sacra intorno alla quale ci si riuniva di sera a pregare), una Madonna in trono e Santi del dalmata Matteo Ponzone (Matej Poncun, 1617), una pala di Antonio Grimani (1619), due tele di Palma il Giovane (Lapidazione di S. Stefano e Ultima Cena, 1606), una bella pala con l'Annunciazione eseguita dal friulano Pomponio Amalteo nel 1546 ed inoltre dipinti a fresco e ad olio di Giuseppe Diziani (1760-1771) in sagrestia.
     Pure degni di nota sono, nella navata sinistra, il Monumento funebre del Patriarca Nicolò Donato dovuto al lombardo Giovanni Antonio di Bernardino da Carona (1513), uno dei rarissimi esempi di monumenti sepolcrali del Rinascimento nella regione, ed un Crocifisso ligneo di grande dimensione (secolo XVIII).
Sul muro interno della facciata, in alto, è collocato il Monumento equestre di Marcantonio da Manzano, nobile cividalese che cadde il 2 luglio 1671 durante la guerra di Gradisca (o degli Uscocchi). È scultura in legno laccato di bianco, posta in una nicchia entro un altarolo in marmo, datata 1621: viene attribuita all'udinese Girolamo Paleario.
     L'altare maggiore contiene uno dei gioielli dell'arte orafa italiana, la pala d'argento di Pellegrino II, tanto famosa da essere stata esposta, nel 1953, a Parigi, nella "Mostra dell'arte del medioevo". Una scritta ed una epigrafe, entrambe a punzone, ci fanno sapere che fu eseguita durante il patriarcato di Pellegrino II (1195-1202) che, essendo cividalese di nascita, volle farne dono alla sua città. È un lavoro imponente (m. 1,02 x 2,03) in spessa lamina d'argento sbalzata e dorata a fuoco, fissata su una struttura lignea. È costituita da quattro parti armonicamente fuse tra di loro: il trittico centrale, due scomparti laterali ed una cornice che racchiude l'intera composizione.
     Nel trittico centrale, tra arcatelle separate da tenui colonnine, sono rappresentati la Vergine Maria in trono che tiene sulle ginocchia il Bambino benedicente ed i Ss. Michele e Gabriele. Negli scomparti laterali, figure di Santi assai venerati in tutto il Friuli. Nella cornice, in basso, il ritratto di Pellegrino II genuflesso. Ignoto è il nome degli autori di questo capolavoro di oreficeria: lo stile veneto bizantineggiante fa pensare ad artisti veneti e forse addirittura cividalesi o comunque friulani.
     Nella navata destra, una piccola porta introduce nel Museo Cristiano il cui ambiente fu costruito nel 1946: in esso trovano collocazione affreschi (XI-XV secolo) strappati dal Tempietto Longobardo e montati su telaio; lastre e frammenti di decorazioni marmoree, la cattedra patriarcale (opera dell'XI secolo, composta con frammenti erratici di marmo greco antico, di epoche e provenienze diverse: trono sul quale ventisei patriarchi, dal 1077 al 1412, ricevettero la solenne investitura) e due tra i maggiori monumenti della scultura altomedioevale italiana: l'Ara di Ratchis e il Battistero di Callisto.
      L'Altare di Ratchis è certamente la scultura più conosciuta di Cividale ed una delle più note di tutto il periodo alto medioevale. È un parallelepipedo in pietra carsica adorno di bassorilievi su quattro lati: fu donato, come si rileva da una scritta posta sul bordo superiore, ad una chiesa di S. Giovanni di Cividale (probabilmente S. Giovanni in Valle) da Ratchis, figlio di Pemmone, duca del Friuli dal 739 al 744, anno in cui, morto Liutprando, divenne re d'Italia.
L'altare in epoca imprecisata passò nel battistero di S. Giovanni ed in seguito venne portato nella chiesa di S. Martino di Cividale da dove recentemente è stato trasferito al Museo Cristiano. È opera bellissima e di notevole levatura artistica, basilare anzi per la comprensione di quell'arte che da taluni viene chiamata longobarda o barbarica e da altri più semplicemente alto medioevale.
Nella facciata anteriore è scolpita la scena della Maiestas Domini, cioè del Cristo in Maestà, in atto di insegnare, con il rotulo nella sinistra, fiancheggiato da due cherubini e chiuso nella mistica mandorla sostenuta da quattro angeli in volo; nella faccia laterale sinistra è rappresentata la Visitazione, in quella destra l'Adorazione dei Magi, nella posteriore una semplice cornice a treccia racchiude due croci con bracci riccamente ornati.
      Quando Callisto, alla corte di Sereno, venne eletto patriarca (730-756), trasferì la sede patriarcale da Cormons a Cividale (737) e si diede con fervore alla costruzione di monumenti che potessero abbellire la città. Nacquero così, sull'area dell'attuale duomo, la Chiesa patriarcale, il palazzo e probabilmente altri edifici che col tempo andarono distrutti. Di tutto questo complesso oggi non rimangono che il Pozzo di Callisto ed il Battistero di Callisto, modesta opera la prima, eccezionale pezzo d'arte, invece, il secondo. All''inizio il fonte battesimale fu allogato nel Battistero, ma nel Quattrocento, quando il Duomo fu ampliato e il battistero dstrutto, passò nella chiesetta di S. Giovanni Battista e quando quest'ultima fu demolita per far posto al campanile del Duomo, fu trasportato all'interno del Duomo stesso e posto entro il nicchione che si apre nella navata destra (1645). Ivi rimase fino al 1940, allorché, per timore di eventuali danni, fu smontato e portato al sicuro. Nel 1946 fu infine collocato nel luogo in cui ora si vede e ricomposto in maniera tale da riprendere, per quanto possibile, il presunto aspetto originale, con l'integrazione di lastre marmoree per le parti mancanti e dei gradoni all'interno della vasca: tutti i pezzi aggiunti, ricavati da antichi marmi greci, portano incisa la data MCMXLVI ad evitare ogni possibile confusione. Non è stata invece rifatta la copertura, non essendo rimasta alcuna documentazione relativa alla sua condizione originaria.
     Il Battistero si presenta nell'insieme elegante, agile e ritmicamente armonioso, per il felice rapporto ottenuto fra le due parti di cui si compone. Quella inferiore, ottagonale, a forma di vasca con tre gradini discendenti, serviva per il battesimo ad immersione.
     Il parapetto presenta soltanto due facce scolpite all'esterno, denominate l'una Paliotto di Sigvaldo e l'altra Lastra di S. Paolino, mentre all'interno è del tutto privo di decorazioni. Dal parapetto si alzano otto colonnine (probabilmente di spoglio), di marmo greco, con capitelli corinzi che sostengono il tegurio ad archetti, recante su sette delle otto facce interessanti decorazioni a bassorilievo ed iscrizioni che ricordano il patriarca Callisto e le sue benemerenze.      

Informazioni tratte da: 
GUIDA ARTISTICA DEL FRIULI VENEZIA GIULIA 
(
a cura di Giuseppe Bergamini )
dell'Associazione fra le Pro Loco del Friuli-Venezia Giulia
http://www.prolocoregionefvg.org