ABBAZIA DI
ROSAZZO ED ECUMENISMO
(Dino Pezzetta)
Chi si affaccia sul Belvedere dell’Abbazia di Rosazzo, quella
grande terrazza dove lo sguardo spazia dalla corona dei monti
della prima guerra mondiale fino al mare di Trieste ed al
campanile di Aquileia, capisce subito la vocazione della Badia,
oggi.
Se per mille anni della sua storia il monastero
rosacense è vissuto all’estrema periferia dell’impero, nei primi
giorni di maggio del 2004 Rosazzo si è trovato nel cuore della
nuova Europa dei popoli.
Lo scorso maggio è caduto infatti anche l’ultimo
diaframma che ancor divideva l’est dall’ovest, l’oriente
dall’occidente, i cristiani ortodossi dai cristiani cattolici, il
mondo del vecchio “socialismo reale” dal mondo del nuovo
“capitalismo liberale”. La dirimpettaia Slovenia, con i suoi paesi
ad un tiro di schioppo da quel balcone, è entrata a far parte
dell’Unione Europea, ed a ruota seguiranno gli altri Paesi
chiamati a formare l’Europa allargata: per l’1 gennaio 2007 è
previsto l’ingresso nella UE della Bulgaria, paese che da cinque
anni a questa parte vive in stretta relazione con Rosazzo.
Ecco spiegata la vocazione “ecumenica” della nostra
Abbazia. Ecumenismo è una parola difficile ma che esprime un’idea
molto semplice: è voler dialogare a livello planetario, abbattere
i pregiudizi e dare spazio e fiducia a tutti gli uomini di buona
volontà.
L’Abbazia di Rosazzo, da secoli confinante con il mondo
slavo e quello germanico, è da sempre luogo d’incontro di popoli e
di culture. E lo è ancor di più oggi, trovandosi all’epicentro e
non più alla periferia dei grandi sommovimenti europei.
Fin dai primi mesi di attività del “Progetto Rosazzo”,
fortemente voluto da mons. Alfredo Battisti e inaugurato l’1
ottobre del 1994, l’Abbazia ha aperto le porte a gruppi di
intellettuali cristiani di Carinzia e Slovenia, impegnati, insieme
a noi friulani, nella riflessione sull’Europa delle diversità
etniche, culturali, politiche, religiose. E il dialogo è
proseguito durante le guerre balcaniche, nell’impegno ad
approfondire il significato di quei conflitti, le vere radici
della violenza e dell’intolleranza, le possibilità di
riconciliazione e sviluppo.
Qualche anno più tardi, nei primi mesi del nuovo
millennio, lo sguardo si è allargato sulla Bulgaria, dove è nata
quell’impresa umanitaria che vede ancora impegnato un compatto
gruppo di volontari del manzanese a favore di un centinaio di
bambini abbandonati e l’Abbazia in dialogo diretto con i fratelli
ortodossi con i quali da quasi mille anni non comunichiamo (nel
mese di ottobre dello scorso anno abbiamo ricordato a Rosazzo il
950° anniversario delle reciproche scomuniche tra chiese d’oriente
e chiesa d’occidente).
E’ un rapporto, quello di Rosazzo con la Bulgaria,
ecumenico a largo raggio, dove al centro stanno i bambini, con la
struttura di Vetren che li ospita, e tutt’intorno, a raggiera, una
serie di rapporti con le chiese, il mondo del lavoro, le
università, le istituzioni civili.
In Abbazia si dialoga abitualmente Intenso con le
coppie di differente confessione di fede (luterana e cattolica)
della Carinzia, con i pentecostali del Ghana e della Nigeria, con
gli evangelici di Trieste e di Augsburg, con i patriarcati
ortodossi di Alessandria d’Egitto, Grecia, Turchia, Armenia,
Serbia-Montenegro, Romania, Bulgaria, Mosca ... Per un triennio
(2002-2004) 9 patriarcati cristiani ortodossi si sono incontrati a
Rosazzo per approfondire insieme a noi cattolici ed evangelici la
comune fede di Aquileia (2002), le vere ragioni della rottura
millenaria (2003), le possibilità di vivere la comune fede nella
diversità dei riti e culture (2004)
La convinzione che anima chi vive ed opera in questi
spazi è che la divisione nella fede è uno scandalo, e che ogni
barriera eretta dagli uomini contro i loro simili non è voluta da
Dio, e che alla verità tutta intera non si arriva mai soli ma
camminando insieme sotto la guida dello Spirito.
In una chiesetta bulgara si è voluto raffigurare
S.Ignazio, protettore della città, affiancato a S.Paolino di
Aquileia, primo vero patriarca europeo (nato forse nella vicina
Premariacco). Ai loro piedi un incavo, con la terra che i
volontari manzanesi hanno portato da Aquileia. E sotto la scritta
bilingue: “Questa è la terra delle nostre radici”.
Fare ecumenismo è ritornare, appunto, alle nostre
antiche radici. |