Pieve di Gorto (Ovaro - UD), 3
Aprile
2005
Messe Grande par
furlan
in ocasion de Fieste dal Friûl
SCAMPANOTADE
Il benvenuto di Prè Lurinč
Dentesan e la lettura del Vangelo di Prè Sef Cjargnel
Estratti dall'omelia di
mos. Giulio Gerbezza vicario della Diocesi di Udine e preghiere con i
concelebranti
don Livio Concina per Concordia-Pordenone
e mons.
Adelchi Cabas per Gorizia
...chiedo scusa per la scadente
qualità dei contributi audio...
CANTO FINALE
PIEVE DI SANTA
MARIA DI GORTO (SECOLI VIII; XV (1431); XVIII)
La pieve di Santa Maria è una delle undici pievi della Carnia.
L’origine tardo antica della chiesa risale probabilmente al secolo
VIII. Nel 1431, in seguito ad un incendio, venne ricostruita dal
maestro Stefano quondam Simone di Mena, successivamente fu
più volte rimaneggiata. L’edificio attuale, risalente al XVIII
secolo, conserva alcuni lacerti delle precedenti costruzioni.
L’impianto della chiesa è a tre navate con quattro arcate per lato
sorrette da tre pilastri. L’abside a base quadrata è rivolta ad
oriente, la facciata, a ridosso del muro di cinta, presenta due
modanature che evidenziano la divisione interna delle navate.
Nella zona absidale si conservano alcuni lacerti di affreschi
ascrivibili all’epoca romanica, forse agli inizi del XIII secolo,
raffiguranti la Parabola delle Vergini sagge e delle Vergini
stolte. L’affresco sembra essere influenzato da esempi di scuola
veneziana con chiare caratteristiche bizantine, ma anche da forti
elementi di derivazione nordica vicini alla pittura salisburghese
della metà del XII secolo. Le figure sono inserite all’interno di
un’esile architettura formata da colonne tortili e archetti
finalmente decorati. Particolarmente interessante l’organo del
1778 realizzato da Giovanni Battista de Corte di Ovasta installato
nella parete d’ingresso. La chiesa inoltre ospita, in una saletta
a destra del coro, un piccolo museo di cui sono conservati: due
busti in tufo di arcaica e ancora misteriosa provenienza,
paramenti e tessuti, dipinti dei secoli XVI e XVII ed alcuni
reperti archeologici rinvenuti durante i lavori di
ristrutturazione.
Castelli di
Agròns, Luint, Luincis
I castelli sorgevano a controllo della Val Degano, lungo la
via antica che tuttora conduce in Val Comelico e in Cadore. Il
castello di Agròns si ergeva presso la pieve di Santa Maria; non
rimangono resti visibili, solo la torre campanaria si ritiene
costruita sopra le fondamenta della torre-mastio. Il sito appare
abitato già in età preromana come dimostra un’epigrafe in lingua
venetica, ora conservata al Museo Civico Archeologico di Zuglio
Carnico. In epoca medioevale sono documentati i nobili feudatari
del castello: nel 1274 Varnero e Vecello di Agròns, nel 1329
Pantaleone di Agròns. Nel 140 il castello era già ridotto in
rovina e le pietre servivano per ristrutturare la chiesa matrice.
Presso Luint, a nord-ovest di Gorto, in località Chiastilir,
sorgeva una postazione di vedetta tardoantica, alcuni anni fa si
intravedevano i basamenti di una torre circolare. Considerato il
ritrovamento, in loco, di sepolture con armi di età longobarda, la
postazione sembra essere stata ancora utilizzata nell’altomedioevo.
Il castello di Luincis è noto per le vicende quasi leggendarie del
feudatario Ermanno. Egli era uno dei cavalieri della scorta del
patriarca Bertrando, quando questi venne ucciso a tradimento dalla
congiura di nobili friulani. Tra il 1351 e il 1352 il patriarca
successore, Nicolò di Lussemburgo, fece arrestare Ermanno insieme
a Roberto di Socchieve, distrusse i loro castelli e li condannò a
morte (si narra che i loro corpi straziati, furono esposti in una
piazza di Udine). Gli scarsi resti del complesso fortificato,
coperti dalla vegetazione, si trovano su un pianoro tra Luincis e
Ovasta. Il castello era formato da una torre di guardia e da un
edificio rettangolare con varie torri. La cartina qui riprodotta
indica la posizione delle strutture fortificate e la viabilità
antica. |
FIESTE DE LA PATRIE DAL FRIÛL
Il 928° anniversario è stato celebrato ieri
nella Pieve di Gorto ad Ovaro
(David
Zanirato -
IL
GAZZETTINO del 4 Aprile 2005)
Una ricorrenza dal doppio significato, un momento di incontro sia
religioso che civile con molti spunti, ridimensionato dal lato
folcloristico in ossequio alla memoria del Santo Padre. Si
riassume così il 928° anniversario della "Patrie dal Fril",
ospitato nella Pieve di Gorto ad
Ovaro.
«In questi momenti di grande commozione per la
scomparsa del pontefice, non possiamo che ricordarlo con le parole
che egli pronunciò durante la sua visita in Friuli del 1992, in
cui esaltò i valori fondanti della friulanità, di questa piccola
patria che si identifica in una cultura, in una lingua tutta sua,
tramandata nei secoli: mandi Pape, tegninus di voli»: con queste
parole, monsignor Giulio Gherbezza, vicario per la diocesi di
Udine ha chiuso l'omelia, assistito dai vicari delle altre diocesi
del Friuli storico, ovvero Monsignor Adelchi Cabas per Gorizia e
Don Livio Concina per Concordia-Pordenone. Poi, presso la "Cjasa
da Plef", gli interventi delle autorità, capeggiate dai presidenti
delle tre province, Strassoldo, Brandolin e De Anna, dal sindaco
di
Ovaro
Lino Not, e dal presidente dell'Istituto Ladin-Furlan, ente
promotore dell'incontro, William Cisilino, con lettura della Bolla
di Costituzione della Patria del Friuli, datata 1077.
Al centro degli interventi, la condivisione unanime
dell'importanza sempre maggiore che riveste questa ricorrenza
capace di unire tutto il Friuli ed i friulani; ma è emerso anche
che non c'è la volontà dei politici regionali friulani, che pure
sono maggioranza all'interno del Consiglio regionale, di
rafforzare questa identità attraverso l'istituzionalizzazione
della festa, con il riconoscimento di una maggiore autonomia da
Trieste.
«Gorizia e la sua provincia, era, è e rimane friulana,
non c'è nessuna intenzione di abbandonare l'identità che ci lega
alle altre province - ha rimarcato Brandolin, in merito alle
ultime polemiche che lo hanno interessato». «Ora, forti delle
nostre radici, dobbiamo pensare al futuro della nostra terra che
si sta offuscano, serve un rilancio che può partire solo
dall'investimento sui nostri prodotti, e sulla nostra cultura,
creando una lobby della friulanità, per sfidare le insidie dei
nuovi mercati» ha proposto De Anna.
Critiche pesanti nell'intervento di Alessandra Guerra,
consigliere regionale, che, lamentando la mancata presenza di
esponenti della Giunta Illy, ha segnalato «il disinteresse
crescente verso l'insegnamento del friulano a scuola, verso la
commissione paritetica, tutte conquiste passate che si stanno
lasciando cadere». |
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