Alla fine della Messa animata dal Coro Polifonico
"Città di Pordenone", con grande partecipazione di fedeli ed un folto
gruppo di bambini, mentre la chiesa si stava svuotando, ho notato il
formarsi di un gruppo sempre più consistente di persone di colore,
alcuni del quali preparavano degli strumenti a percussione, intuendo
che sarebbe seguito un qualche cosa che valeva la pena di documentare.
Una gentile signora, che aveva coordinato la precedente funzione, mi
ha spiegato che sarebbe seguita una Messa in inglese, per la comunità
cattolica ganese che lavora a Pordenone e dintorni. Un anziano
sacerdote, che ricordavo di aver già ripreso in uno dei miei
precedenti servizi, ha iniziato la celebrazione, seguita non grande
devozione da tutti i presenti, specialmente dai bambini.
CANTI E PREGHIERE
Il Santuario della Beata Vergine delle Grazie
Storicamente la comunità di Pordenone fu sempre
legata al culto mariano. Non a caso il 15 marzo del 1623, il Consiglio
Comunale, per adornare la sala delle riunioni, ed anche per religiosa
devozione e per assistenza divina nella corretta gestione della città,
deliberò di far eseguire dal Padovanino una grande tela nella quale il
soggetto dominante doveva essere la Madonna con il Bambino. Poco tempo
dopo, nella periferia sud oltre il fiume Noncello verso il borgo San
Gregorio, chiamato anche borgo delle barche, presso un antico
capitello che conservava dal 1563 una immagine della Madonna ad
affresco, accadde un evento miracoloso, una non meglio precisata
"dimostrazione", forse una apparizione. Notevole fu il concorso di
popolo, tanto che furono subito raccolte "assaissime" elemosine. La
comunità, su invito del clero preposto, ritenne opportuno far erigere
un santuario, che fu inaugurato il 28 ottobre 1626, il giorno di San
Simone.
L'edificio, da subito chiamato "La Madonna delle
Grazie", divenne particolarmente caro alla popolazione che in esso sin
dagli inizi cercò pietà, conforto, intercessioni e grazie nei
purtroppo frequenti momenti tragici che segnarono, e talvolta ancora
segnano, i tempi: guerre, alluvioni, contagi pestilenziali, siccità,
carestie.
Nel santuario fu trasferito l'affresco riproducente la
sacra immagine del piccolo capitello. Con particolare gratitudine i
fedeli da allora commissionarono, o più spesso realizzarono con le
proprie mani, numerosi ex voto che tappezzarono letteralmente le
pareti interne.
La costruzione subì vari
interventi d'abbellimento, di manutenzione e d'arredamento, finché,
nello spirare del XIX secolo, i responsabili addivennero alla
decisione di erigere un nuovo tempio in quanto, pur ritenendo 'la
chiesa attuale bastante, ... sembra che i muri ed il coperto
presentino pericoli'. Il via ai lavori fu dato nel novembre 1899.
Il progetto originario della nuova chiesa, con pianta a
croce latina, fu ideato dallo scultore ed architetto Luigi De Paoli (Cordenons
1857-1947) e dall'ingegnere Enrico Moro di Udine.
L'architetto si ispirò inizialmente allo stile
romanico. Con le varianti proposte dal successivo architetto e
direttore dei lavori Domenico Rupolo di Caneva (1871-1945) e le
"modernizzazioni" apportate dal pittore Tiburzio Donadon di Pordenone
(1881 - 1961), il tempio ebbe la completa esecuzione nel 1923. Era
stato consacrato due anni prima, il 13 agosto 1921, con l'intervento
del vescovo monsignor Luigi Paulini, nativo di Formeaso in Carnia, che
resse la diocesi di Concordia dal '19 al '44.
Una prima benedizione del tempio, con
celebrazione della prima messa, era avvenuta già nel 1918. Il
trasporto del dipinto sacro avvenne il agosto 1921, due giorni prima
della consacrazione della nuova chiesa. Con decreto dell’8 settembre
1924 all'immagine fu imposta solennemente la corona d'oro dal
Patriarca di Venezia Pietro la Fontaine, presenti l'Arcivescovo di
Udine, i vescovi di Belluno, Ceneda e Concordia.
La nuova chiesa, retta dal 1966 dai monaci benedettini
di Vallombrosa, è sempre stata oggetto di particolari cure per
conservarla decorosamente e per renderla fruibile al meglio: basti in
questo caso menzionare il potente organo Mascioni realizzato nel 1975,
tra i migliori in regione.
Merita un ricordo il santuario del 1626 che, alla
costruzione di quello attuale, fu demolito fino a quattro metri
d'altezza. Nel corso degli anni novanta è stato ripristinato,
riscattandone la primitiva cubatura e, destinato ad usi culturali e
comunitari, ricopre nuovamente il vecchio ruolo di riferimento civile
e religioso che ebbe per tre secoli dominando, isolato, la zona
limitrofa al fiume dal quale pescatori e barcaioli, passando,
salutavano con riverenza.
I restauri
Il santuario, prima dipendente direttamente dal
Duomo di Pordenone, è stato affidato dal Vescovo Vittorio De Zanche ai
benedettini di Vallombrosa. E' stato eretto a parrocchia con decreto
vescovile del 16 giugno 1966.
Sin dai primi tempi i monaci vallombrosani si sono
dedicati alla conservazione dell'edificio, gravemente danneggiato
dalle alluvioni della metà degli anni sessanta.
Vari sono stati gli interventi di tutela sia
delle strutture sia delle decorazioni interne ed esterne. Ad una prima
sistemazione durante gli anni settanta dei gravi danni causati dalle
alluvioni del 1965 e '66 sono seguiti frequenti lavori di salvaguardia
delle decorazioni interne ed esterne eseguite dal Donadon.
Un particolare contributo di recupero dei dipinti è
stato garantito da Giancarlo Magri, pittore e restauratore allievo del
Donadon stesso. Grazie alla sua conoscenza tecnica, a documentazione
in suo possesso ed alla sua sensibilità, già alla fine degli anni
ottanta sono stati avviati i lavori di restauro, che hanno permesso
anche il recupero di alcune figure, irrimediabilmente danneggiate,
delle arcatelle superiori della facciata. Ulteriori lavori sono stati
compiuti da Elia Nadalin, anch'esso collaboratore del Donadon.
Il ripristino delle superfici dipinte ha visto
impegnata per lunghi mesi la ditta Glesis & Glesis di Roberto Moret di
Cordenans, con il coordinamento dell'Ardi. Ugo Perut di Pordenone,
direttore dei lavori. I lavori di restauro della decorazione parietale
interna, buon esempio di "art nouveau" del momento Libert, o
"floreale", sono stati seguiti dalla Sovrintendenza del Friuli Venezia
Giulia.