San Vito
al Tagliamento, 13 Luglio 2003
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SAN VITO AL TAGLIAMENTO (Pn)
30 metri s.l.m. - 60,71 km2 - 12.710 circa - C.a.p.: 33078 |
Frazioni/Località: Braida -
Carbona - Gleris - Ligugnana - Prodolone - Rosa - Savorgnano
Informazioni turistiche: Pro Loco Pro S. Vita, v. Amalteo, tei.
0434-875075
Biblioteche: Biblioteca Civica, v. Amalteo, tel.0434-80405 (apre
mattino e pomeriggio dei giorni feriali, escluso il sa.)
Musei e archivi: Museo Civico Federici) De Rocco, e/o Torre
Raimonda, tei. 0434-80405 (visite su prenotazione) - Museo Provinciale
della Vita Contadina, v. Altan, tel. 0434-833275
CAMPANE
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Alcuni momenti
della Messa della ore 10 |
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L'interno del
Duomo durante la Cerimonia delle 11 |
Il Duomo
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Prima di lasciare
il territorio sanvitese, ho deciso sostare per una mezz'oretta
nello spiazzo davanti al Santuario di Madonna di Rosa, e seduto
su una panchina di quel viale alberato, gustarmi il panino
rimanente dalla trasferta musicale a Socchieve della sera
precedente. Notando dei drappi bianchi appesi ad una serie di
piante davanti alla chiesa, ho capito che di li a poco ci
sarebbe stato uno sposalizio.
Con la puntualità del canonico ritardo femminile, finalmente è
arrivata la sposa, che come tutte le spose, era bellissima...!
Chiunque essi siano, anche da parte dei visitatori del "natisone":
Viva gli sposi...! |
SAN VITO AL TAGLIAMENTO (Pn)
Principali monumenti e opere d'arte
II Duomo sorge su un precedente edificio del 1430
(che si vede in un dipinto della vicina cappella del palazzo Tullio
Altan): venne eretto dalle fondamenta nel 1745 a spese del cardinale
Daniele Delfino e consacrato il 25 gennaio 1752. Il bel campanile che
svetta sulla pianura circostante è di certo Giovanni da Pordenone e
risale a poco dopo la metà del XV secolo. Piuttosto modesto nel suo
aspetto esterno, l'edificio si riscatta all'interno, nell'impianto
architettonico a navata unica con buoni altari alle pareti, scrigno di
preziose opere d'arte di scuola friulana e veneta. La più antica è un
trittico su tavola di Andrea Bellunello, firmato e datato 1488, nel
quale compaiono le figure della Madonna con Bambino e donatore e Santi
Pietro e Paolo con i loro simboli. I colori cupi, l'esecuzione
imperfetta, un certo provincialismo e una accentuata adesione a moduli
vivarineschi (e padovani) sono la caratteristica di questa così come
delle altre opere del pittore, sanvitese di adozione, a lungo
considerato (a torto) il rinnovatore dell 'arte friulana del
Rinascimento. Per il duomo lavorò pure il sanvitese Pomponio Amalteo,
genero del Pordenone, del quale l'edificio conserva la bella pala del
1533 con i Santi Rocco, Apollonia, Sebastiano, Cosina e Damiano, che
trova nella figura incurvata di S. Sebastiano un momento di
particolare tensione, nella figura di S. Rocco il presunto
autoritratto del pittore. Dell'Amalteo sono anche due palette con la
Resurrezione e con la Pietà (1577) ed inoltre la decorazione (ultimata
nel 1566) dell'organo, oggi smembrata e collocata sulle pareti della
chiesa essendo lo strumento stato demolito intorno alla metà del
Settecento: nelle portelle la Lavanda dei piedi, la Samaritana e la
Maddalena, in cui i personaggi affollano la composizione con tono
solenne; nei riquadri del parapetto, Storie dei Santi Vita, Modesto e
Crescenzia. Il pittore si muove con un ritmo vivace e fresco, anche se
esaspera il movimento delle figure rendendolo concitato. Le belle pale
d'altare sono di Alessandro Varotari detto il Padovanino (Madonna di
Loreto tra i Santi Giovanni Battista e Nicolo, ca. 1630-40, non priva
di spunti felici), di Gaspare Dizioni (Immacolata tra i Santi
Francesco da Paola e Sebastiano) nel primo altare a destra, entrambe
del 1750 ca., prive della tensione caratteristica di tante altre opere
del maestro, ma permeate di un senso di pace, di un'atmosfera intima e
serena cui concorrono i luminosi colori; di Francesco Zugno (pala
delle Anime Purganti, 1751, e Crocifissione), mentre l'antica pala
dell'Educazione della Vergine probabilmente di Jacopo Guaranà, appesa
in alto, sulla navata sinistra della chiesa, è stata sostituita
sull'altare da un moderno dipinto di Lodovico Pogliaghi (1857- 1950)
di analogo soggetto. Da ultimo varrà la pena di dare un'occhiata ad un
dipinto (Madonna del Rosario) del 1588 di Giuseppe Moretto, sanvitese,
ed ai molti altari, opere non ispregevoli dei settecenteschi scultori
friulani Giovanni e Giuseppe Mattiussi, traduttori in chiave
provinciale dei moduli appresi dai numerosi scultori veneti attivi in
Friuli in epoca barocca. Nei pressi del duomo l'antico ospedale
di S. Maria dei Battuti, un insieme di edifici risalenti al
XIV secolo e nel tempo più e più volte trasformati ed adibiti a
funzioni diverse; il complesso - che da un lato comunica con la torre
di S. Niccolo o Scaramuccia e dall'altro con la chiesa rinascimentale
- è stato da poco restaurato, con il recupero del suggestivo cortile
interno, del campanile che ancora conserva la più antica campana della
diocesi, e dell'abside con volta a crociera di una «primitiva chiesa»
in cui sono visibili affreschi trecenteschi raffiguranti l’Angelo
dell'Annunciazione, un Cristo Croci- fisso tra la Vergine e S.
Giovanni, figure di Sante e di Santi. Si affaccia su via Beflunello la
quattrocentesca Chiesetta di S. Maria dei Battuti, con
un bel portate di Giovanni Antonio Pilacorte, 1493, dagli stipiti
intagliati con motivi fitomorfici, e all'interno le figurine dei Santi
Modesto e Vita in bassorilievo; la lunetta riquadrata dalle statue
dell''Annunciazione e dell'Eterno Padre contiene una lastra con la
Madonna della Misericordia e figure di oranti ai suoi piedi attorniata
da volti di cherubini. Da notare il particolare modo di intagliare la
pietra, quasi che lo scalpello affondasse in una materia tenera e
plasmabile. All'interno il più importante dei cicli di affreschi di
Pomponio Amalteo, tanto conosciuto che a trent'anni dall'inizio dei
lavori (stando ai documenti durarono dal 1535 al 1546) già era lodato
dal Vasari: «dipinse a fresco nella chiesa di S. Maria, la cappella di
detta Madonna, con tanta bella maniera e soddisfazione d'ognuno, che
ha meritato dal reverendissimo Cardinal Marino Grimani, patriarca d'Aquileia
e signore di San Vito, esser fatto de' nobili di quel luogo».
Il ciclo, rappresentante storie della vita della
Madonna (Ricusa dei doni. Nascita, Presentazione al tempio e
Sposalizio nella parete sinistra; Annunciazione, Visitazione,
Adorazione dei Magi, Fuga in Egitto nella parete destra; Assunzione
nella parete di fondo e nella cupola; inoltre Angeli, Profeti,
decorazioni varie), si raccomanda per la buona impaginazione delle
scene ove campeggiano figure possenti, ariose, mosse, trattate con
buona proprietà e con sicuro gusto del colore, talora forse troppo
schiarito e non sempre costruttivo, ma tipico della poetica dell'Amalteo,
così come è tipico il modo di affollare le scene. Si veda a questo
proposito la Gloria della Vergine, nella cupola, con l'incredibile
vortice di personaggi in giri concentrici intorno all'Eterno Padre. Il
piacevole altare del coro, con le statue della Beata Vergine e dei Ss.
Pietro e Giovanni Battista e gli altorilievi, nel paliotto, con la
Madonna della Misericordia, la Natività, la Circoncisione, Putti
musicanti, reca la data del 1707 e la sigla P.B.F. da interpretarsi
come «Pietro Baratta fecit»; sono sculture nelle quali il gusto
barocco si fonde con i ricordi classicistici di severa freddezza. In
borgo Castello, la Chiesa dell'Annunciata (detta anche
di S. Maria di Castello), già ricordata in un documento del 1348, è un
piccolo edificio con facciata a capanna, aula unica e presbiterio
quadrato con volta a crociera. Recenti restauri hanno rimesso in luce
parte degli affreschi che nel Trecento la decorarono all'esterno ed
all'interno. In particolare, interessante il percorso iconografico del
presbiterio, con importante (ed affollata) Crocifissione nella parete
di fondo che si apparenta, per qualità pittorica e caratteri
stilistici (ad esempio la deformazione di alcuni volti dai profili
schiacciati) ad altri episodi esistenti in Friuli, in particolare a
Spilimbergo. In S. Lorenzo, affresco di Andrea Bellu
nello (S. Vincenzo Ferreri, 1481, con gradevole insistenza grafica),
bassorilievo con la Pietà in terracotta della fine del secolo XV, due
tele di Agostino Litterini (S. Antonio da Padova, S. Caterina da Siena
e S. Maria Maddalena, 1701, e S. Domenico e S. Vincenzo Ferreri col
Crocifisso, 1702) ed una serie di altari barocchi. Va ricordato anche
un pregevole gruppo scultoreo, una Pietà in terracotta sul primo
altare, dall'aspro panneggio e dalla forte carica emotiva,
riconducibile a maestro veneto della fine del secolo XV (non
sostenibile l'attribuzione a Guido Mazzoni che pure trova qualche
credito). Nella Chiesa del Monastero della Visitazione,
tele di Nicolo Bambini (Visitazione, 1722-23), Bartolomeo Litterini
(San Filippo Neri, 1723) e di Agostino Pantaleoni (S. Francesco di
Sales e S. Francesco di Chantal, dopo il 1767). I numerosi palazzi
presentano architetture pregevoli: così, ad esempio, il Palazzo
Altan-Rota, residenza municipale, con ampio giardino di
interesse naturalistico, che si affaccia sulla grande piazza
ingentilita dalle facciate di splendidi edifici loggiati, alcuni dei
quali in antico affrescati (recenti restauri hanno riportato alla luce
una interessante decorazione tardo quattrocentesca, probabilmente
dovuta ad Andrea Bellunello, sulla facciata di Palazzo Fancello).
Di notevole valore storico è il Palazzo Altan,
con stucchi e fregi all'interno e soffitto con affreschi relativi a
Episodi della Gerusalemme Liberata attribuibili al venzonese Lucilie
Candido (ca. 1700); la cappella neoclassica è stata progettata da
Lodovico Rota (1825).
La barchessa nord di palazzo Altan,
intelligentemente ristrutturata è diventata sede del Museo
Provinciale della Vita Contadina che accoglie testimonianze
della vita rurale e oggetti vari di cucina, attrezzi agricoli e
caseari, strumenti per la vinificazione, utensili per la filatura e la
tessitura della seta oltre a carri agricoli e calessi, esposti con
giusta attenzione alla didattica. San Vito possiede anche un piccolo
Museo civico, particolarmente significativo per lo
studio della storia dell'arte sanvitese, allogato nei piani superiori
della Torre Raimonda che chiude piazza del Popolo di
fronte al duomo. Comprende una raccolta archeologica che riguarda
materiale preistorico e protostorico (strumenti e vasi dal neolitico
alla prima età del ferro; reperti dell'area culturale paleoveneta,
IX-VII secolo a.C.), romano e longobardo (utensili in bronzo, fibule,
pendagli, monete, ceramiche, laterizi), rinvenuto in abbondanza in
zona; opere d'arte, in gran parte lacerti della decorazione a fresco
che copriva le pareti interne di due vasti saloni di un palazzo tardo
gotico di borgo Castello, casa natale dell'illustre prelato sanvitese
Antonio Altan: affreschi raffiguranti cavalli, architetture urbane,
dame e cavalieri ed un episodio della vita di Costanza d'Altavilla,
databili agli anni 1438-1444, che dimostrano il notevole grado di
cultura della cittadina nel periodo umanistico. Ancora, alcune
sculture lignee (tra le quali una Madonna con Bambino del XVI secolo
che viene - impropriamente - attribuita a Bartolomeo dall'Occhio, un
bel Vesperbild quattrocentesco in pietra arenaria, racchiuso entro una
grande conchiglia, proveniente dal palazzo Tullio-Altan) e dipinti del
XVII secolo (ritratti del pittore augustiano Isacco Fischer) e del XX
(opere di Alessandro Milesi, Umberto Martina e dei sanvitesi Federico
De Rocco, Augusto Culos e Italo Michieli).
A pochi passi da San Vito, nella frazione di
Prodolone, nella Chiesa di S. Maria delle Grazie, vi
sono tré pezzi d'arte che val la pena di vedere: nella parete sinistra
un affresco (in parte mutilo) di Andrea Bellunello, con la Madonna
della Misericordia, ca. 1470; nel coro un importante ciclo di
affreschi di Pomponio Amalteo, con Storie della Vergine, alternate a
figure di Angioletti, Evangelisti, Santi, iniziato alla fine del 1538
o all'inizio del '39, in parte guasto per l'umidità e cattivi
restauri. Qui l'Amalteo perviene ad un'abile costruzione ed
organizzazione dello spazio, ad un gigantismo tutto pordenonesco non
ancora ridotto a vuota cifra di maniera (come potrà accadere in più
tarde composizioni) ma sentito e meditato. Il gioiello della chiesetta
è però l'altare ligneo, dipinto e dorato, che viene comunemente
attribuito a Giovanni Martini, e datato 1515 ca. Consta di dieci
scomparti su due piani, sormontati da un piccolo frontone
quadrangolare, nei quali sono inserite otto figure di Santi, il Cristo
risorto, traduzione plastica del dipinto carpaccesco, e la Madonna in
raccolta adorazione del Bambino posato in grembo; altri quattro Santi
sono appoggiati sulla cimasa. Nelle lesene, nel basamento, nella
trabeazione, motivi rinascimentali (candelabre, fogliame, ecc.). È uno
dei più grandi altari lignei del Friuli, senz'altro inferiore, come
dimensioni, a quello della parrocchiale di Mortegliano che il Martini
intagliò nel 1525-26, ma pari come bontà di esecuzione per l'armonico
sereno equilibrio che domina l'insieme, per la vigoria del modellato
nelle ben proporzionate figure. Nella Chiesa parrocchiale
di Prodolone, affreschi dell'inizio del Cinquecento di
Giampietro da San Vito nel coro (Evangelisti nella volta,
Crocifissione nella parete di fondo) e qualche discreta tela
settecentesca tra cui una Visitarono, attribuita a Gaspare Diziani
(1689- 1767). A Savorgnano, in S. Petronilla,
chiesetta votiva di bella proporzione con suggestivo portico, altarolo
ligneo con la Madonna dei Battuti (secolo XVI) ed affreschi di
Giuseppe Furnio (metà secolo XVI), debole imitatore dell'Amalteo;
nella Parrocchiale, affreschi {Madonna con Bambino e i
Ss. Rocco, Sebastiano e Biagio) attribuiti ad Andrea Bellunello, fine
secolo XV. Affreschi della fine del Quattrocento, attribuibili al
Bellunello, anche nella vecchia parrocchiale di
Gleris, la quale reca sulla facciata un S. Cristoforo dell'Amalteo,
mentre la Parrocchiale di Rosa conserva un
trittico in pietra di Antonio Pilacorte datato al 1530, ultima opera
conosciuta del lapicida lombardo. Nella Villa Conturbia Rota,
alla Cà Bianca, che un tempo appartenne al Linussio,
decorazioni di qualche interesse ed affreschi di Andrea Urbani
padovano (metà circa del XVIII secolo); dello stesso pittore gli
affreschi del soffitto dell'annessa cappella (Gloria della Madonna),
la quale conserva anche un bell'altare marmoreo del Settecento con le
statue della Madonna e dei Ss. Pietro e Giacomo. Alla periferia di
San Vito sorge il Santuario della Madonna di Rosa,
forse il più famoso del Friuli Occidentale: vi si venera una immagine
a fresco dipinta dal friulano Marco Tiussi, mediocre seguace del
Pordenone, intorno alla metà del Cinquecento per la facciata di una
casa di contadini a Rosa, borgata alle porte di S. Vito. L'immagine,
stando alla tradizione, guarì una bambina epilettica, per cui fu
strappata dal muro e portata nella chiesetta di S. Nicolò, a metà
strada tra Rosa e S.Vito. Perdurando i miracoli e quindi il flusso di
pellegrini, la chiesa fu ampliata poco dopo la metà dell'Ottocento; ma
durante i bombardamenti del 1944 e 45 il santuario fu ridotto ad un
cumulo di macerie: sotto le quali, tra lo stupore generale, fu
ritrovato intatto l'affresco. Ciò rafforzò ancor più la convinzione
che il dipinto avesse effetti miracolosi, tanto è vero che nel 1953
venne posta la prima pietra del nuovo maestoso santuario (con annesso
seminario francescano) nel quale l'immagine venerata fu trasportata
con solenne processione. Dal punto di vista artistico, il santuario,
considerate anche le vicende belliche, non possiede gran che, se non
una serie di piacevoli quadretti ex-voto, il più antico dei quali
risale al 1667, e due teste di Angeli di Luigi Minisini, unici resti
dell'attività esplicatavi dallo scultore sandanielese (1816-1901). Va
ricordato invece che l'immagine della Madonna è ripetuta in affresco
su decine di case, soprattutto nel medio e nel basso Friuli, segno
innegabile della diffusa devozione popolare ad essa legata.
Informazioni tratte da:
GUIDA ARTISTICA DEL FRIULI VENEZIA GIULIA
dell'Associazione fra le Pro Loco del Friuli-Venezia Giulia
http://www.prolocoregionefvg.org