Piace a tutti
il paese di Poffabro:
"Presepe tra i presepi"
Cinquantamila
visitatori in pochi giorni: c'è chi azzarda questa cifra per
l'edizione 2002/03 di "Poffabro presepe tra i presepi", entrata
così di diritto tra le manifestazioni natalizie di punta di tutta
la regione. Un numero elevatissimo per un paese di circa duecento
anime, un esito positivo come mai era successo neanche nelle più
fortunate edizioni di Paesi Aperti -il gemellaggio culturale e
gastronomico tra i Comuni di Frisanco e di Andreis che si tiene la
prima domenica di settembre- raggiunto a colpi di diecimila
visitatori al giorno il 26 e 28 dicembre e il 1, il 5 e 6 gennaio.
Organizzatori in visibilio, dunque, che si vedono piacevolmente
"costretti" a rimandarne la chiusura a sabato 18, giorno in cui
saranno anche consegnati gli attestati a chi ha allestito le quasi
novanta composizioni natalizie. Soddisfatti anche gli abitanti,
che vedono così un lungamente atteso riconoscimento delle bellezze
dell'antico borgo, letteralmente invaso nei giorni a cavallo del
Natale da una folla numerosissima, che si è sparsa tra le viuzze
del paese dal mattino fino alla sera più inoltrata, quando gli
ottantacinque presepi illuminati esposti nelle antiche corti
godono di una ancor maggiore speciale magia. Nulla è riuscito a
fermare i turisti, nemmeno la distanza fra le vie dei presepi e i
parcheggi: invasi fino dal primo pomeriggio quelli del centro,
tutti si sono adattati di buon grado a lasciare l'auto lungo la
strada del campo sportivo e le vie Bertoli e Maniago (addirittura
fino a Frisanco e alla località Colvere) "scarpinando" volentieri
- visto anche il clima favorevole - fino al cuore dell'antico
paese. Del resto lo spettacolo ne vale la pena: i presepi
cambiano, infatti, di anno in anno e alle composizioni
tradizionali in terracotta o legno se ne affiancano altre con
ambientazioni locali o fantasiose di grande effetto. Senza contare
poi che ora a Poffabro gode di una "qualifica" speciale:
l'ingresso nella rosa sceltissima dei "Più bei borghi d'Italia",
le trenta perle della Penisola selezionate da una speciale
commissione e vale quindi comunque una visita. (Anna Vallerugo)
CHIESA S.NICOLO'
- S.
Nicolò a Poffabro è prima di tutto un "segno", la traccia di
un'innegabile e forte fede: le sue dimensioni, anomale rispetto a quelle
del resto degli edifici del paese e la maestosa facciata bianca
sormontata da un mosaico che raffigura il santo patrono, parlano di
centinaia di fedeli che la frequentavano con assiduità. Fortunatamente
l'archivio parrocchiale è ricco di libri di spese e rendiconti che ne
rendono facile la datazione. Nel secolo XIV già esisteva un piccolo
edificio, costruito a detta dei camerari sopra un analogo luogo di culto
preesistente. Il sito, sopraelevato rispetto alla piazza, era stato
dunque scelto fin dalla nascita del primo nucleo abitativo di Poffabro:
e ciò è testimoniato anche dal ritrovamento di scheletri sotto al
pavimento della chiesa, probabilmente i resti dei primi sacerdoti che
l'ebbero in cura. Nell'archivio vescovile di Concordia, poi, si conserva
un documento che narra della visita del Vescovo il 18 settembre 1587
alla chiesa di "S.ti Nicolai di villa Pofavru", all'epoca ancora sotto
la pieve maniaghese (da cui si separò nel 1663). Della visita rimangono
gli "ordini" che il presule impartì: l'ampliamento dell'altare e delle
chiese, l'imbiancatura dell'edificio, la necessità di maggiore
illuminazione. La fisionomia attuale della chiesa si delineò già a fine
Seicento, ma fu spesso oggetto di restauri e rifacimenti riportati con
la massima precisione nei registri, a causa di frequenti scosse di "taramoto".
Da Concordia giunsero anche calici, lampade e perfino collane in vetro
per la Madonna, che andarono ad aggiungersi agli sforzi sostenuti dalla
popolazione che si autotassò per l'acquisto degli arredi e paramenti.
Grandi nomi della pittura e dell'architettura diedero, in tempi diversi,
il loro contributo: la portella del tabernacolo fu dipinta nientemeno
che da Gian Antonio Guardi (ora è conservata nel museo della curia a
Concordia), della facciata se ne occuparono i famosi architetti Raimondo
e Girolamo D'Aronco e buona parte delle straordinarie sculture in legno
si devono a Giacomo Marizza, poliedrico artista locale, celebrato anche
da Armando Pizzinato in un suo volume fotografico "Poffabro luogo
magico".
Paffabro – La
Torre
Il
campanile di Poffabro non è tutta opera dei suoi abitanti. Dagli
antichi avi sappiamo solo che la grossa costruzione terminava a
forma di piramide e ad un certo punto troncata da un tremendo
terremoto. Dall'archivio parrocchiale abbiamo trovato registrato
un forte terremoto chiamato di S. Pietro perché accaduto il 29
giugno 1873. La piramide non è stata più rifatta. La signora Bruna
Moras, residente a Porcia, ma originaria poffabrina, ci ha fatto
avere, gentilmente, fotocopia della mappa del Friuli occidentale.
Su questa è segnato Poffabro con una torre e dalle ricerche di
Tito Miotti su "Castelli del Friuli, volume 4: Feudi e
Giurisdizione del Friuli occidentale" abbiamo la conferma.
Ringraziando la signora Bruna trasmettiamo le ricerche del signor
Miotti su ciò che è di nostro, arricchendo la nostra cultura e
storia. Le torri servivano a comunicare con i castelli mediante
segnali di fumo e venivano costruite in luoghi secondo la visuale
della curva delle montagne. La nostra era in via diretta con il
castello di Meduno, Toppo, Travesto, lungo la pedemontana. Da una
supplica inviata a Venezia tramite il luogotenente di Udine, da
parte dei nostri antenati, datata 1597 per essere considerati
sugli aggravi fiscali, si legge sui fogli stampati dei vecchi
libri: "Comun di Frisanco" "...Siamo sottoposti alla custodia con
la propria vita dai passi e confini di queste montagne siccome
abbiamo fatto al tempo di guerra..." Ecco il perché della torre,
doveva essere il posto di segnalazione in caso di pericolo.
Non ci è stato possibile identificare una conta, ma riteniamo che
il campanile della parrocchiale dedicata a San Nicolo, asimmetrico
rispetto al luogo di culto e da esso staccato, sia sorto come
torre di vedetta. Ha mura con spessore di mt. 1,30 alla base, è
costruito con belle pietre squadrate e corsale, è alto una ventina
di metri ed è evidente che la cella campanaria gli è stata
sovrapposta, forse nel secolo XVII ma non prima. Ha forma quadrata
e la scarpatura alla base porta ciascun lato a mt. 6,40.
L'altissima muraglia, che sostiene il terrapieno su tre lati
dell'attuale chiesa è, a nostro avviso, molto più antica della
chiesa stessa; per realizzare il piano delimitato dalla muraglia,
dati i mezzi del tempo, deve essere stato compiuto un lavoro
enorme. Da un cunicolo esistente alla base della muraglia risulta
che il suo spessore si avvicina ai 2 mt. Resta per noi un mistero
il motivo di un simile sbancamento di terreno quando la chiesa
poteva venire costruita in altra sede con lavoro molto meno
impegnativo. Ne vi è da pensare che qui vi fosse una centa perché
su tre lati era indifendibile. (A.T.)
Quando la
cultura era privilegio di pochi.
Era
circa il 1200 quando i poveri pastori scesero dalla Carnia fino a
Frisanco in cerca di pascoli meno sfruttati. Nomadi, possedevano
solo quel piccolo gregge che trasferivano da un posto all’altro.
Avevano un nome, non il cognome, ed erano riconosciuti dai loro
simili solo perché figli di un tale. Inutile dire che il leggere e
lo scrivere per questa gente era una cosa grande, quasi
impossibile. La cultura esisteva solo nelle case dei nobili, e
solo essi avevano i figli o preti o notai. Dobbiamo proprio ai
prelati se sui loro libri troviamo i nomi, le radici dei nostri
trisavoli. i nobili dell'epoca parlavano e scrivevano in lingua
latina, mentre la povera gente aveva un idioma proprio, derivato
da parole tedesche, francesi, latine. Sorse così il friulano, con
una differenza tra accenti e vocaboli tra borgo e borgo. A
Frisanco erano sul territorio dell'antica, nobile famiglia dei
conti Fanna e Polcenigo de Brandolini, alla quale appartenevano i
figli Antonio e Carlo Teofilo. Il primo notaio, il secondo,
dottore di filosofia e ambo le leggi. La cultura quindi era solo
prerogativa, condizione speciale dei nobili. Sui loro libri,
esistenti negli archivi parrocchiali, possiamo trovare un po' di
storia del passato, il progresso molto lento della povera umanità.
Su di un registro di nascite, il primo del borgo di Frisanco
perché i nati prima venivano registrati nella Chiesa di S. Martino
di Fanna, troviamo scritto: Principiano i batezati sotto la
cura di me Pr. Carlo Teofilo dell'antica famiglia dei Bartolini
dottore di filosofia e ambo le leggi, die 4 Xmbris ano D.ni 1680.
Inizia il registro in latino e ne riportiamo uno: «Joannes
Andreas filius legitimus ac naturalis Danielis q. Bernardis de
Bernardo et Maria q. Leopardi de Michiele uxoris, hodie natus me
Pr. GioCarolus Theopholus Parochus saevis Captismatis aquis
ablatus fuit, ad sacrum fontes tenente Jacobo q. Micaelis de Luisa
- die 10 mag. 1682».
Con lo sviluppo e l'insegnamento della lingua italiana da
parte del nobile parroco ai camerari vennero registrati poi i
neonati in italiano, ma con una precisione tale ed una calligrafìa
così leggibile da rimanere meravigliati. Era un parroco nobile, ma
soprattutto nobile d'animo. I neonati continuarono ad essere
iscritti sui libri della parrocchia fino al 19 agosto del 1871.
Con il nuovo codice civile del Regno d'Italia i Sindaci ebbero
l'incarico di ricevere le dichiarazioni di nascite, morti,
matrimoni. Si formò così, in municipio, l'ufficio di stato civile.
I parroci continuarono a registrare: matrimoni, morti, ma non le
date di nascita, sui battesimi. Possediamo, per fortuna, l'avviso
originale che pubblichiamo a conoscenza di tutti. (Angelina
Tramontina)
Informazioni tratte da
L'ECO DELLA VAL CÒLVERA, il Bollettino parrocchiale delle comunità
di Frisanco, Poffabro e Casasola. |