Mortegliano 8 Luglio 2001
MORTEGLIANO (Ud)
Frazioni/Località: Chiasiellis
- Lavariano
Informazioni turistiche: Pro Loco Mortegliano-Lavanano-Chiasiellis,
v. Campo Sport
Biblioteche: Biblioteca Comunale, c/o Municicipio, via Marconi,
tel. 0432-760022 (apre Pomeriggio di ma. e gi.)
Principali monumenti e opere
d'arte
II Duomo di
Mortegliano è un vasto edificio in stile neogotico costruito a
partire dal 1864 (architetto Andrea Scala di Udine) sul luogo in cui si
trovavano la «cortina» (l'antico luogo fortificato) la quattrocentesca
chiesa di S. Paolo (della quale si conservava il campanile che fu demolito
solo nel 1913) e la «forate», la vecchia torre di difesa. Costruito in
mattoni ha forma ottagonale con piccole piramidi al sommo a segnare i
lati: la copertura avvenne - mancando nella progettazione dello Scala -
agli inizi del Novecento su idea del capomastro morteglianese Vittorio
Bigaro. La posizione elevata in cui si trova e l’ampia scalinata di
accesso gli conferiscono ancor maggiore monumentalità. Moderna
interpretazione dello spirito ascensionale dell'architettura gotica è il campanile
che affianca la chiesa una delle più singolari opere dell'architetto
udinese Pietro Zanini (1895-1990) costruito tra il 1955 ed il 1959).
interamente in cemento armato, alto più di 113 metri, è divenuto ormai
il simbolo di Mortegliano. All'interno della chiesa altare maggiore di
Giovanni Rampogna (secolo XX: le belle statue dei Ss. Pietro e Paolo sono
settecentesche e si devono alla mano maestra di Giuseppe Torretti),
dipinti e venate (istoriate eseguite in questo secolo altari in marmo di
Carlo Picco (1852, altare del Cuore di Gesù) e di Giovanni Battista
Cucchiaro (1733, altare della Beata Vergine del Rosario) provenienti dalla
chiesa della SS. Trinità. II piacevole fonte battesimale, con figure di
putti addossati al fusto, è del 1571.
L'opera d'arte di maggior prestigio è tuttavia
il grande altare ligneo cinquecentesco dipinto e dorato,
recentemente restaurato e riportato al primitivo splendore. È opera di
Giovanni Martini, udinese, che lo terminò nel 1526 e che fu pagato, per
l'imponente lavoro, la cifra per allora enorme di 1180 ducati.
Ricco di una sessantina di statue di varia grandezza, oltre a essere il
capolavoro del Martini va considerato la più alta espressione della
scultura lignea rinascimentale. Abbandonato lo schema tradizionale della
ripartizione in tanti campi quante sono le figure, lo scultore adotta una
struttura a tre piani separati da ornate comici e sostenuti da eleganti
colonnine, culminanti con una ricca trabeazione ed un'ampia lunetta: in
ognuno dei tre una scena glorificante la vita della Vergine e
precisamente, a partire dal basso, la Pietà, la Dormitio, l'Assunzione e
l'Incoronazione di Maria. Fanno da cornice alle scene, in armonica
sintesi, assieme alle strutture architettoniche, le molte statue di Santi
cari alla devozione popolare, i quattro Dottori della Chiesa sull'aggetto
delle comici, S. Giorgio e il drago e S. Martino a cavallo all'estremità
della trabeazione più alta.
Anche se il recente restauro, oltre ad aggiungere
fascino all'insieme, ha permesso di rilevare nell'opera una tecnica ed una
qualità artistica ben più alte di quanto prima si pensasse, evidenti
risultano gli sbalzi stilistici che hanno fatto pensare al possibile
intervento di un'attiva bottega.
Nella vicina Chiesa della SS. Trinità, un
tempo parrocchiale, dall'aspetto barocco gradevolmente moderato, gli
affreschi del soffitto sono, dovuti all'udinese Pietro Venier (1673-1737),
che dipinse la volta del presbiterio con il Paradiso e Figure di Apostoli,
Evangelisti, Profeti e Santi e quella della navata con la Trinità, S.
Nilcolò e S. Cimiamo, mostrando talora modi ed iconografia tradizionali,
talaltra un fare largo ( pienamente rinascimentale. Il barocco altar
maggiore è del gemonese Sebastiano Pischiutti (1737) con tabernacolo
coevo del tricesimano Biagio Valle; altare laterale del Rosario con bei
bassorilievi raffiguranti i quindici Misteri del Rosario; pale d'altare di
Giovanni Pietro Fubiaro (1643, Incoronazione della Vergine con bel
paesaggio sullo sfondo) e di Pietro Bainville (1729, Transito di S.
Giuseppe). L'organo settecentesco (anch'esso da poco restaurato) è
preziosa opera ( 1778) del veneziano Francesco Dacci (1712-1784).
A Lavariano la settecentesca chiesa
parrocchiale conserva numerose qualificate opere si d'arte, in primo luogo
il cinquecentesco altare in pietra, proveniente dal precedente edificio
eseguito nel 1527 dal lapicida Carlo da Carona.
Al di sopra della predella in cui sono scolpiti in bassorilievo i dodici
apostoli (oggi ridotti a dieci) l'altare si presenta diviso in tre fasce
da robuste comici marcapiano, le prime due tripartite da lesene sormontate
da capitelli compositi.
Nelle sei concave nicchie ricavate dalle specchiature si accampano la
Madonna con Bambino e cinque figure di Santi. Nella parte superiore, a mo'
di timpano raccordato, il bassorilievo della Pietà copre la parte
centrale. Padre Eterno ed Angeli completano la decorazione. Spiritualità
medioevale, suggestivi giochi chiaro-scurali, accentuata plasticità
rendono l'altare una delle maggiori realizzazioni di Carlo da Carona, alla
cui mano spetta anche il portale laterale. Per quanto riguarda la
decorazione pittorica andranno ricordati gli affreschi del coro
(Evangelisti di Titta Gori e parte ornamentale di Giacomo Monai, entrambi
pittori di Nimis nella volta, 1930; Cristo rè nella lunetta di' fondo,
opera di Giuseppe Barazzutti, 1937) e della navata (nella volta, S. Pietro
tra nubi Adorazione dei Magi e Madonna del Rosario, di Valemmo Zorzini di
Artegna, metà circa del XVII secolo).
Sull'altare
maggiore della chiesa di Chiasiellis, le due belle statue
dell'Annunciazione in legno dipinto di bianco dell'intagliatore udinese
Francesco Catone risalgono al 1868. L'affresco della vecchia chiesa (ora
sala parrocchiale) raffigura l’Annunciazione ed è datata 1718. Per la
sua ariosa impostazione, può essere attribuita all'udinese Pietro Venier.
|