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Visco (UD), 25 Aprile 2021

Visita all'ex campo di Concentramento

          Mal interpretando la frase di un comunicato riportato su Facebook (visibile nel riquadro qui sotto riportato), che in occasione del 25 Aprile scriveva: "Troviamoci sul sito del campo: testimonianza per non dire… io non sapevo!", complice la splendida giornata di sole che si stava prospettando, ho deciso di fare una capatina a Visco per dare un'occhiata a quello che resta di uno dei campi di concentramento italiani sorti nel nostro territorio durante l'ultimo conflitto mondiale. Mi preme ricordare che anche nel Comune di Premariacco sorgeva il "Campo 57", brevemente descritto nel nostro servizio Campo PG57 e nel più dettagliato Campo 57 Grupignano - San Mauro.
          Giunto in quel di Visco, ho dovuto chiedere informazioni per giungere nei pressi della pur ampia struttura della Caserma "Luigi Sbaiz", che sorge ed occupa quasi tutta la sua lunghezza l'intero Viale Borgo Piave, come si può notare in questa immagine ripresa dall'alto con Google Earth.


...parcheggiando la mia Clio in un vialetto alberato quasi al centro del Borgo...


...ho "strisciato" questa prima panoramica ripresa all'entrata centrale della struttura, che anche se inquadrata male a causa del sole, rende l'idea dell'ampiezza dell'intera costruzione, comodamente fiancheggiata da una pista ciclabile...

...che ho naturalmente potuto agevolmente utilizzare con il mio prezioso deambulatore, percorrendo per l'intera sua lunghezza la recinzione, parzialmente "oscurata" da una rete plastificata verde. Come già detto, mal interpretando la frase "Troviamoci sul sito del campo", credevo di trovare in loco persone con bandiere ed emblemi vari per ricordare il 25 Aprile, ed invece le uniche bandiere che ho potuto riprendere sono state quelle fissate sui pennoni all'interno della ex caserma, utilizzata dal Comune di Visco e trasformata in Sede e  magazzino della locale Protezione Civile...


...panoramica ripresa all'entrata a ovest chiaramente osservabile dall'alto...


...con qualche sbirciatina oltre le reti e le sbarre...


...l'entrata dell'ala destra del complesso, con il recinto protetto da strutture metalliche...


...che attualmente non ha nulla di importante da celare...


...che confina all'estremità est con il Museo del Vecchio Confine...

...ritornando verso la stradina dove avevo parcheggiato l'auto, mi ero fermato davanti ad una villetta, dove ai lati del portone d'ingresso sventolavano due bandiere: a sinistra una seppur sbiadita bandiera austriaca e a destra l'aquila friulana. Mentre prendevo fiato, sul terrazzo si è affacciata una signora che cordialmente ho saluto e che ha confermato che quella sbiadita bandiera era proprio della nazione austriaca. Naturalmente non sono mancati i miei complimenti per il gesto coraggioso e significativo.
          Ripensandoci con calma mi ha preso profonda commozione, pensando alle migliaia di mamme e spose di oltreconfine, che hanno invano atteso il loro caro che non ha mai fatto ritorno a casa...
          Anche se non è in rapporto diretto con la data del 25 Aprile, è l'ennesima prova della stupidità e crudeltà delle guerre...

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Il 25 aprile, troviamoci sul sito
campoconcentramentovisco.altervista.org
 

          Ancora malamente conosciuti in Italia, i campi di concentramento fascisti per gli Jugoslavi, dopo la occupazione fascista della Jugoslavia (iniziata il 6 aprile 1941), attirano l’attenzione di un sempre maggior numero di studiosi. È una pagina che la pubblicistica ha indagato in ritardo e, spesso, in maniera reticente: dell’esistenza dei campi non parla alcun manuale di storia per le scuole.

          A Visco, provincia di Udine, si conserva, nei suoi tratti essenziali, uno di questi luoghi di vergogna e dolore: l’ex caserma “Luigi Sbaiz” di Borgo Piave. Più di 4.000 persone, compresi bambini, vecchi e donne (i morti furono 25), vi furono rinchiusi, in tende, baracche e padiglioni in muratura, dal febbraio al settembre 1943. Circondato da filo spinato, questo terribile emblema della detenzione dominava tutti i reparti del campo.
          Per iniziativa della Associazione “Terre sul Confine” di Visco, si rivolge un invito a chi appoggia l’idea di valorizzarlo, per ritrovarsi insieme nella data significativa del 25 aprile, sul sito del campo:
www.campoconcentramentovisco.altervista.org

          La presenza in questa data, basilare per la storia d’Italia, sarà il segno di solidarietà per la salvezza e la valorizzazione del campo.

          Il significato del luogo non è sostanziato solo dall’avere quasi intatta l’ossatura del campo, ma anche dal custodire la memoria di essere stato, nella grande guerra, l’ospedale attendato più grande d’Italia, con oltre 1.000 posti letto in tenda. Vi morirono più di 500 soldati italiani e austroungarici e una quarantina di civili della Contea di Gorizia e Gradisca. Dal 1917 al 1923, fu campo profughi per gli sfollati dai paesi lungo la linea del Piave. Tra il ’43 e il ’44, fu deposito della Wehrmacht (oggetto di una spettacolare azione partigiana della GAP); nel 1947, vi furono stanziati i carabinieri e i finanzieri che andarono a riprendere possesso di Gorizia; poi, fino al 1996, fu caserma che vide prestare il servizio militare oltre 30.000 giovani di tutta l’Italia. La caserma sorge nell’ex terra di nessuno sul confine per secoli e secoli tra Venezia e il mondo slavo tedesco e ungherese, poi, dal 1866 al 1915, tra il regno d’Italia e l’impero austroungarico. Ora,  vincolato dalla Soprintendenza, nel suo cuore logistico, per il suo alto e significativo valore storico, è lasciato cadere e, dal Comune, non sono stati usati i 20.000 euro stanziati dalla Regione Friuli VG (sia da quella di centrosinistra, sia dalla attuale) per un concorso di idee volto alla sua valorizzazione; inoltre, il campo è stato “oscurato”!

           Troviamoci sul sito del campo: testimonianza per non dire… io non sapevo!
           Prof. Ferruccio Tassin
           Coordinatore della Associazione Internazionale “Terre sul Confine” di Visco (UD)

Gorizia, 14 maggio 2021
Caro Aldo, ho visto il tuo servizio del 25 aprile a Visco: mi sono commosso! Ho abitato in quella casa della ex dogana austriaca, che si vede nella tua foto, dal maggio 1945 al novembre 1947.
Era nostra la soffitta con l'oblo che guardava verso il campo di concentramento: vi si accedeva dal nostro appartamento al secondo piano attraverso una porticina nel corridoio. Mi rivedo, ora, 75 anni fa, coi miei due fratellini, stesi sul pavimento, ad osservare da quella finestra tonda, il temporale in arrivo: tuoni, fulmini grandine. Sento la voce di mia madre, "vecchia di solo 30 anni" che urla: "Bambini venite via da lì che non vi colpisca una saetta! Presto, accendiamo una candela della Candelora, bruciamo l'ulivo benedetto! diciamo il rosario!".
La Natura alle volte e cattiva, vedi il terremoto, ma è La Vita! Le Guerre solo distruzione e morte!
Nella mia poesia che ti ho inviato il 13 marzo 2020 ho scritto: Follia tutta umana la guerra.
Sono le Lobbies che le decidono e ci campano sopra. Sempre il Popolo a morire.
Non voglio rattristarti caro Aldo, dobbiamo continuare a vivere... e raccontare!
Ti allego il mio Purgatorio... Visco!
Ciao, Giorgio

 IL PURGATORIO
(di Giorgio Falcone)

Nella mia casa di Visco, dal 1945 al 1947… 

          Poi, finalmente, una nuova vita di speranza, ospitati in casa di zio Berto, che era ai margini del grande Campo Militare di Visco, occupato degli Alleati Inglesi, Australiani e Neozelandesi, diventato Campo di Concentramento per centinaia di prigionieri tedeschi. Per tutti è stata la fine di un incubo, la fine di un Inferno, l'inizio di un Purgatorio, in attesa del Paradiso!
          E il ricordo, innescato dall'Inferno Terrestre e dalla fuga dalla mia città, mi riporta in quella "mia" casa, condivisa con gli zii e cugini, che era la loro casa. Il ricordo ritorna a quel Purgatorio che io rivedo come dentro un libro di Dante! Una moltitudine di "quasi buoni" e "non tanto cattivi", in attesa di tornare, dopo la guerra, a quella casa, lasciata in un amaro giorno, dove ritrovare gli antichi affetti!
          Rivedo quel Purgatorio come una moltitudine di teste di vincitori e di sconfitti, piene di capelli e di barbe da tagliare, come una Manna del Cielo per il mio babbo barbiere. Una manna per noi, che con quel suo lavoro imparato da giovane ha potuto mantenerci in vita in quel nostro periodo "punitivo" durante il nostro "profugato" nei pressi della Fortezza Stellata, la città di Palmanova.
          E quella città fortezza è stata per me una vera prigione, dove espiare colpe mai commesse, a sopportare pene e sofferenze!
          Il dramma inizia il giorno della Prima Comunione di Lucio, quando i bimbi e le bimbe in abito bianco si dirigono in processione verso quell'Ostia Santa. Il dramma inizia in quel momento, quando in chiesa un uomo stramazza al suolo! Chi sarà? La Dea Bendata ha pescato bene il "fortunato", guarda caso è il mio babbo, colpito da un infarto! Viene portato esanime in una casa di fronte alla chiesa, nella casa della signora Alda. Davanti alla chiesa passa una Jeep degli Alleati. La gente chiede loro aiuto, la Dea Bendata decide che sulla camionetta militare ci sia un ufficiale medico con la sua valigetta di "filtri magici americani"! Un'endovenosa, e il mio babbo in coma, col cuore che batte a singhiozzo, ma che ancora batte, raggiunge con quelli l'ospedale.
          Che pene e sofferenze in quella città fortezza, a pagare penitenze, di camminare per chilometri su e giù per la campagna, da casa all'ospedale e ritorno, a trovare per mesi quel mio babbo mezzo morto! Io, la mamma e i miei piccoli fratelli, a consolarlo, a cercare di capir le sue parole, il suo spiegare le ragioni, i suoi racconti mai prima confidati, delle sue penitenze, delle sue esperienze, delle sue emozioni, delle sue sofferenze. 
          Del suo periodo di militare a Roma, di una sua Messa al Quartier di San Lorenzo. Il suo assistere alla Comunione di quei bimbi! Il bombardamento; la Strage degli Innocenti; il suo vagare inebetito tra le macerie; il suo scavare affannoso insieme ai Pompieri, ad estrarre corpicini dai visi bianchi di polvere e morte, con le vesti bianche, rosse di sangue!
          Ecco la spiegazione: l'emozione per la Comunione di Lucio aveva innescato il "nastro" del babbo a posizionarsi in corrispondenza delle immagini tragiche di quell'altra Comunione, di un paio d'anni prima. Due emozioni potenti e contemporanee, da scatenare un infarto!
          E dopo quelle mie penitenze per il babbo ecco altre penitenze, a trovare per mesi, all'ospedale, la mamma, anche lei ammalata grave. Poi di nuovo altri mesi a trovare il babbo, quasi ridotto a una larva umana, per un altro male!
          Che Purgatorio, ragazzi! Quasi delle Crocifissioni periodiche!
          Per la verità, abbiamo vissuto anche momenti di gioia … dopo ogni Resurrezione! Quando eravamo di nuovo tutti insieme, intorno al tavolo, ad ascoltare il crepitìo del fuoco, nello "sparger", a "spezzare il pane" e a tagliare col filo la polenta, e a pregare che, quella, non fosse di nuovo "l’ultima cena"!
          Che fanciullezza spensierata, nonostante tutto, di noi bambini, a rincorrer cagnetti e gattini, conigli, galline e pulcini … quanti giocattoli vivi di peluche! Che infanzia spensierata, a coltivare piselli e fagioli, peperoni, zucchine, cetrioli e pomodori. Piccoli ortolani a seminare insalate e radicchi; a bagnar l'orto con l'acqua "tirata" su con quella vecchia pompa a mano, di quell'abbeveratoio antico che c'era nel cortile, al tempo che in molte case intorno, non c'erano ancora i rubinetti! Infanzia felice a costruire telai, di listelli e di rami, per i bachi da seta; a far marmellate di more di gelso; a spigolare il grano; a falciar erba; a raccoglier pannocchie; a far fascine di acacia; a tagliar alberi in bosco, a pigiar l’uva coi piedi. Una fanciullezza trascorsa a camminare chilometri per andare a scuola e a riposar la domenica tra la Messa e il Vespro; a guardare i grandi a giocare alle bocce all'Osteria del Vecchio Confine.
          Che bei tempi, quei tempi, di quando si era bambini, di quando i nonni e i genitori ti raccontavano le storie! Tempi felici di quando si era liberi di sognare! Che brutti tempi, quelli di adesso, di quando la televisione, che sogna per tuo conto, non ti permette più, neanche di sognare, e soprattutto neanche sognare di essere libero!
          Un’infanzia felice a correre, liberi e scalzi, sui prati e nei boschetti, intorno al "lager" … al di qua delle reti e recinti dei "meno liberi", ma ormai tutti buoni, pentiti e perdonati. Tutti pronti a partire, noi compresi, per il ritorno a Casa … quella con la C maiuscola: un viaggio, dopo un paio d’anni di penitenza, dal Purgatorio verso il Paradiso!