Il 27 e il 28 maggio
si sono svolti incontri ed eventi culturali
dedicati alla figura dell’emigrante
Un giovane
di pietra, tra emigrazione e immigrazione
Nella piazza
di Treppo Grande si erge una scultura rappresentativa della storia
dell’intera regione
di Cristina Menis
Se un’opera d’arte serve a
identificare l’anima di un luogo, ora l’identità di Treppo Grande sarà
visibile a tutti. A coloro che qui vivono, a coloro che sono di
passaggio, a coloro che hanno lasciato il paese collinare per altri
lidi, per altre terre. Anche molto lontane. Intessendo una microstoria
che riflette la macrostoria dell’intero Friuli. A chi ha intrapreso
questi cammini, a volte senza più tornare, sono state dedicate due
giornate, il 27 e
il 28 maggio,
culminate con l’inaugurazione
della scultura-monumento
all’emigrante che il Comune di Treppo Grande, con il sostegno di
alcuni cittadini iscritti all’Aire (Anagrafe italiani residenti
all’estero), nonché della Provincia di Udine e della Comunità
collinare del Friuli, ha affidato all’estro creativo dello scultore
maianese Franco
Maschio.
Nella centrale piazza Marconi, infatti, si erge ora un
monumento di quasi tre metri,
composto di un basamento in pietra refrattaria su cui giochi d’acqua
creano inediti arabeschi e alludono al partire o, a seconda delle
interpretazioni, al tornare dell’emigrante. La scultura non
rappresenta solo una pietra miliare della vita treppese, ma
simboleggia un pezzo di storia dell’intero Friuli.
Il giovane di pietra dalle mani grandi, aperte alla collaborazione e
allo spirito solidaristico, il grande lavoratore con i piedi
saldamente ancorati al suolo, rievoca piccole e grandi storie di chi
ha cercato fortuna fuori dalla propria terra, storie di tanti friulani.
Storie a cui il Comune di Treppo guarda non solo
con occhi rivolti al passato, ma anche al presente e al futuro. È così
che gli incontri e gli eventi che hanno animato il paese nella “due
giorni” dedicata alla figura dell’emigrante,
beneficiando dell’adesione
del presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi,
nonché del patrocinio della Regione e
della Provincia di Udine,
sono solo la prima tappa di
un percorso che vorrebbe fare
della località collinare un punto di riferimento per approfondimenti
relativi all’emigrazione e all’immigrazione, d’altri
tempi e contemporanea.
IL CONVEGNO, TESTIMONIANZE DIRETTE DEGLI EMIGRANTI DI TREPPO. ESPERTI,
VIDEO E CANTI
A dare il via al ricco
programma è stato, venerdì 27 maggio, alle 20.30,
nella piazza del capoluogo, un incontro pubblico sul tema:
Emigrazione.
Fenomeno di trasformazione della realtà nazionale, regionale e locale.
Sono intervenuti esperti del fenomeno migratorio, come il docente
universitario Francesco Micelli,
che ha già collaborato con il comune collinare quindici anni fa, in
occasione della stesura del capitolo relativo all’emigrazione nel
volume monografico
Treppo Grande. Micelli ha
precisato come il fenomeno vada analizzato innanzitutto da un punto di
vista della “comunità”, intesa come insieme di relazioni e rapporti
primari che regolano un gruppo di persone. La forma organizzativa che
più si avvicina a questo concetto, secondo il professore, è proprio il
Comune, che è l’unico ente in grado di avviare una comunicazione
efficace con i friulani residenti all’estero e con coloro che vogliono
tornare in patria. Micelli ha segnalato le connotazioni
sociologicamente più rilevanti degli emigranti treppesi, che erano per
lo più fornaciai, e quindi particolarmente intraprendenti e abituati a
lavorare duramente.
Il ricercatore Javier Grossutti, nato vicino a Buenos Aires ma
di origine friulana, ha invece focalizzato il suo approfondito
intervento sul Friuli nelle Americhe, specialmente in Argentina
e negli Stati Uniti,
sottolineando che le trasferte oltre oceano, iniziate alla fine
dell’800, erano più consistenti nelle zone collinari e prealpine della
nostra regione, perché era stanziato qui il maggior numero di
contadini piccoli proprietari, che potevano pagarsi il costoso viaggio
vendendo le proprietà. Agli emigranti “definitivi” che andavano nel
Nuovo mondo, trovando
condizioni vantaggiose specialmente in Argentina, fanno da contraltare
quelli stagionali che sceglievano le Germanie, 400 treppesi nel
1888, secondo le ricerche di Grossutti, per diventare ben 700 nel
1909. Quanto agli Stati Uniti, fino allo scoppio della Grande guerra
rappresentavano la prima meta migratoria oltreoceano per i friulani (molti
abitanti di Vendoglio, per esempio, si trasferirono a Chicago), per
cedere poi il testimone, per quanto attiene ai treppesi, alla
Francia negli anni ’20 e ’30
e alla Svizzera
nel secondo dopoguerra. Per Grossutti, nonostante ora le comunità
organizzate come i Fogolars e le Fameis stiano vivendo momenti di
declino, è importante recuperare la “storia dell’emigrazione, le
esperienze di vita di singoli e gruppi”. Gruppi che, secondo
Rino Di Bernardo, vice
presidente di Friuli nel Mondo, devono dimostrare, per non declassare,
un nuovo pensiero e approccio pratico.
Di Bernardo ha anche
sottolineato che, in un’epoca come l’attuale in cui vigono i cliché
della globalizzazione, “rincresce dover constatare che si continui a
considerare questa nostra esperienza all’estero in un’ottica
rigidamente migratoria, invece di considerarla anche come un utile
riferimento di penetrazione dei mercati e di scambi commerciali”.
Secondo Di Bernardo, infatti, è necessario “un insieme di leggi
regionali che sappiano prendere in conto, da una parte, le esigenze
del Friuli che da tempo si trova all’estero e che vuole progredire con
il suo pensiero e la sua originalità, dall’altra parte, le esigenze
del Friuli che espatria con le sue imprese e le sue tecnologie”.
Nel corso della serata, gli interventi degli esperti si sono alternati
alle testimonianze di diversi treppesi
che hanno vissuto l’emigrazione direttamente sulla propria pelle.
Treppesi che hanno parlato con spontaneità e semplicità, a volte
toccando le corde della commozione, altre suscitando i sorrisi dei
presenti, grazie ai particolari aneddoti raccontati. Come è stato per
Jhon De Luca,
il più anziano del paese con i suoi 98
anni, che ha vissuto gran parte della vita a Chicago; Giobatta
Piccoli, che in Venezuela ha esercitato per anni il duro mestiere
del fornaciaio; Rita Venier,
emigrata da piccolina in Svizzera, dove ha raccontato che i friulani,
prima dell’avvicinamento alle città, erano piuttosto isolati;
Quinto Bernardinis,
che è passato dalla Francia alla Germania proprio il giorno in cui
Hitler e
Mussolini si incontrarono a Monaco (l’1 ottobre del 1938) e
poi si è trasferito in Belgio, dove è restato per quasi trent’anni;
Archinto Anzil, che come
patologo e neuropatologo ha girato mezzo mondo, animato dalle poche
prospettive offerte dall’Italia e dalla grande voglia di viaggiare;
Eliseo Ponta,
che all’estero a la
fat fortune ed è stato
console italiano onorario in Venezuela per più di trent’anni. Quanto
alle nuove e “diverse” emigrazioni,
Jaqueline Ermacora
ha riferito che, come figlia di emigranti, ha subìto una scelta più
che aver deciso in autonomia; e poi
Primo Piccoli, che,
forte della sua esperienza di dirigente di
livello internazionale, ha dipinto
l’emigrazione contemporanea come possibilità di arricchimento
professionale per i giovani.
Tra una testimonianza e l’altra, tra un relatore e
l’altro, anche l’arte cinematografica e canora hanno contribuito ad
arricchire l’incontro. Sono state infatti proiettate tre poetiche
videosclesis
– brevi filmati – tratte da
Nûfcent,
un progetto curato da Dorino Minigutti,
con i testi di Paolo Patui e i filmati
storici della Cineteca del Friuli, risalenti alla prima metà del
secolo scorso. I fotogrammi sembravano quasi estrinsecare le immagini
interiori richiamate dai soliloqui e dai racconti in prima persona che
evocavano l’emigrazione.
Il coro Alpe Adria, poi,
con la sua nota professionalità, ha intermezzato con canti in tema
queste riflessioni.
“LA STATUA è
SCOPERTA!” L’INAUGURAZIONE
Il grande momento è arrivato.
Quell’ampio drappo di stoffa bordeaux tra poco non oscurerà più la
vista del giovane di pietra. Quanto tempo ci è voluto perché nasca e
diventi forte, quanti colpi di scalpello! La scultura-monumento
all’emigrante, nuova presenza artistica della piazza antistante il
municipio, grazie all’estro creativo e al lavoro dello scultore
maianese Franco
Maschio, in otto mesi si è
trasformata da semplice piramide di pietra piasentina di una cava
delle valli del Natisone in un ragazzo friulano dei primi del ’900,
vestito come nei giorni di festa, con un gilé aperto sul petto, una
barete
tenuta di sbieco, grandi scarponi con cui dovrà fare molta strada e
una grossa valigia piena di ricordi. Quella strada d’acqua su cui
cammina, scorre su un basamento di pietra refrattaria che veniva usato
nelle fornaci, evocando magistralmente la storia di Treppo, della sua
fornace e dei suoi fornaciai. L’opera, battezzata dal suo autore “Voe
di tornà”,
intende trasmettere emozioni positive e speranza nell’avvenire, così
come pieno di speranza partiva il giovane emigrante.
Il 28 maggio alle 18, piazza Marconi pullula di gente e di
emozioni. I rappresentanti politici presenti danno un tocco di solennità
alla cerimonia, con le loro fasce e i loro discorsi.
Dopo la lettura da parte dell’assessore alla cultura
Flora Mastandrea dei
toccanti stralci di lettere arrivate da tutto il mondo
– Illinois, Venezuela, Arizona, Svizzera, etc. – scritte, a volte in
un italiano stentato ma ricco di espressività, dai treppesi residenti
all’estero impossibilitati a prendere parte all’evento, prende la
parola il sindaco,
Giordano Menis. Spiega le
ragioni dell’iniziativa, stimolata all’altissima percentuale di
emigranti che hanno delineato la storia di Treppo e che hanno pure
contribuito economicamente, oltre all’amministrazione comunale, alla
Provincia di Udine e alla Comunità collinare del Friuli, alla
realizzazione del monumento. Sottolinea inoltre la volontà di lasciare
così nella piazza un lavoro di valore artistico elevato e di
trasmettere alle nuove generazioni un messaggio forte e di
accoglienza. Pensando al Friuli che è stato terra di emigrazione e ora
lo è di immigrazione.
Lo affianca, con tanto di fascia tricolore, il giovane Massimiliano,
sindaco del consiglio comunale dei ragazzi di Treppo. Saranno le sue
mani, incarnando il messaggio di fiducia nel futuro e nei giovani, a
“svelare” la scultura.
Tra il pubblico, gli altri ragazzi del consiglio e tanti bambini che
scalpitano curiosi in prima fila.
Il presidente della Provincia di Udine, Marzio
Strassoldo, precisa che a
segnare la storia del Friuli sono stati la guerra, il terremoto del
’76 e l’emigrazione. Evocarla pertanto con un tangibile
riconoscimento, spiega, è azione più che dovuta. Anche per il
presidente del consiglio
regionale, Alessandro Tesini,
l’emigrazione è un fenomeno sempre presente nell’immaginario
collettivo, nella memoria e nei pensieri dei friulani.
Segue una disamina storica e sociologica, colorata di accenti poetici,
dello scrittore Domenico Zannier
e poi… tocca a Massimiliano. Eccolo tirare il filo collegato al
drappo. Tra i presenti anche diversi emigranti, i più anziani seduti
in prima fila a vivere lo “spettacolo” con commozione e pathos. Il
drappo s’alza svelando un po’ alla volta la scultura: si scorge prima
il basamento-fontana, poi i piedi, le gambe e le grandi mani del
ragazzo proteso in avanti: l’emigrante di Treppo e di tutti i friulani
è virtualmente uscito dal feto! Gli applausi coronano
questi attimi di festa, assieme alle espressioni canore del coro
Alpe Adria.
Alla benedizione del parroco Samuele Zentilin,
segue l’intervento del critico d’arte
Licio Damiani,
doveroso approfondimento sull’opera di un artista,
Franco Maschio, che
ha reso grande l’arte friulana in diverse parti del mondo, grazie alle
sue opere così comunicative. Maschio è un passionale, e lo si evince
anche dalle parole con cui esprime la sua gioia a chiusura della
cerimonia d’inaugurazione ed elargisce sentimenti di riconoscenza a
coloro che l’hanno accompagnato in questo parto artistico: il sindaco
e l’amministrazione comunale di Treppo, i tanti abitanti del comune
che hanno fatto visita al suo laboratorio, inclusi i ragazzi delle
scuole elementari. E poi, i suoi tanti amici. Per lui l’arte, infatti,
non si estrinseca semplicemente in un’opera, ma nel contesto sociale
in cui questa si sviluppa, attingendo ai sentimenti che scaturiscono
dalla comunità, principale protagonista della sua nascita.
La felicità che inonda gli occhi chiari di Franco,
però, raggiunge l’apice quando la sua scultura, la scultura di tutti i
treppesi e di tutti i friulani e, perché no, di tutti gli italiani,
viene attorniata dai bambini che scrutano curiosi il fluire dell’acqua
ai piedi dell’emigrante e che subito si abbandonano alle fantasie dei
loro giochi. Quei bambini così spesso protagonisti delle sue opere,
incarnazione dell’innocenza e della speranza nell’avvenire. Quei
bambini su cui questo progetto del Comune di Treppo Grande, in cui si
intrecciano emigrazione
d’altri tempi,
emigrazione – soprattutto di
“cervelli” - d’oggi,
ed immigrazione contemporanea,
affonda le radici della memoria per veder crescere nel futuro caldi
germogli di multiculturalità.
La scultura-monumento di Franco
Maschio dedicata all'emigrante
L’EMIGRAZIONE A TREPPO GRANDE, I MOMENTI SALIENTI
Furono molti i treppesi che cercarono fortuna e lavoro altrove, nei
primi anni del XX secolo, costretti poi a un precipitoso rientro,
dalla Germania e dall’Austria-Ungheria,
allo scoppiare della prima guerra mondiale. Alla fine del conflitto,
miseria e disoccupazione costrinsero gli uomini in età da lavoro ad
esercitare il mestiere che meglio conoscevano, quello del fornaciaio,
non più nei paesi germanofoni, ma in
Francia e Svizzera.
Tanti, poi, scelsero di attraversare l’oceano per approdare
nel Nuovo Mondo. Da non dimenticare il fenomeno delle donne che
migrarono a Milano, Torino e Roma per fare le domestiche.
Dalla fine della seconda guerra mondiale al 1976,
anno in cui il fenomeno del terremoto segnò praticamente la fine dei
flussi migratori verso i paesi europei, la meta principale diventò la
Svizzera,
seguita da Francia, America del Nord e Australia,
mentre il maggior numero di emigrati “definitivi” spetta all’America
Latina.
Il paese, che annovera circa 1800 abitanti, conta
attualmente più di
seicento iscritti all’Aire; una percentuale enorme, come ha
sottolineato il ricercatore Javier Grossutti, poiché ammonta a più del
30% della popolazione residente, mentre per tutta le provincia di
Udine la percentuale è del 12% e per la fascia collinare
del 20%.