Uno "spaventoso et horrendo caso"
Son mosso a publicare il presente successo così succintamente non per pascere, et allettare l' udito de' curiosi, ma per far conoscere a i giusti, et buoni, et a gli ingiusti, et ostinati peccatori il modo meraviglioso, che il giustissimo Iddio N. S. suol tenere nel castigare questi, et gratiare quelli, et si come varie sono le maniere, et i soggetti, cosi varij sono ancora gli effetti, operando ne gli uni, o vera mortificatione, o severa punitione, et ne gli altri santa purificatione; come communemente è creduto essere occorso nel presente caso a un povero contadino, detto Bernardino dall'Ocha, della Villa di Rualis, così denominata da gli Arvali sacerdoti appresso i Romani, i quali qui dimoravano ne' tempi, che la Città di Cividale del Friuli, anticamente chiamata Forum lulij, da cui tutta la Patria prese il nome, era colonia de' Romani, come scrive Tolomeo nel 3. libro della sua Geografia, della quale tacendo, che sia celebre per l'antichità del suo principio, per la gloria del suo fondatore, che fu Giulio Cesare, per esser stata, come s'è detto Colonia Romana, et sede de' Duchi Longobardi, dirò solo per hora, che ella siede nelle foci dell' Italia, vicina all'Alpi Giulie, supposta a buona, et sottil aria, in fertilissimo sito, cinta d'amenissimi colli, che le fanno non meno vaga, che fruttuosa corona, che è bagnata dal fiume Natissone, che le corre per mezzo, sopra cui è fabricato un ponte di pietra di due grandissimi archi, di così mirabile altezza, larghezza, et bellezza, che pochi simili se ne mirano altrove, impercioché concorrendo la natura con l'arte, ha nel mezzo di esso fiume arrecato un scoglio di cosi meravigliosa grandezza, che rassomiglia un alto monte di pietra, onde lascia dubiosi i risguardanti quale di loro ha meritato il vanto nella forma di sì gran machina, et ammirabile edificio. Non lungi dunque a questa Città più d'un quarto di miglio giace la sudetta Villa di Rualis, la di cui maggior parte delle case sono coperte di paglia, come era quella di quel misero contadino, nella quale s'accese il dì 1 di Maggio del presente anno 1623 nell'infrascritto modo. Circa le quattro, et cinque hora dell'istessa notte, mentre era il ciel sereno, et ogn' homo posto dal sonno nel maggior, e più quieto silentio della notte, si coprì in un subito l'aria di spesse, et negrissime nuvole, dal cui seno uscirono con impeto, et furia grandissima, lampi, et tuoni potentissimi, et spaventosi, che facevano tremar la terra, scuoter le case, et atterrir la gente, che a quell’horrendo strepito, e gran romore s'era paurosamente risvegliata. Dopo seguì un potentissimo soffio de venti, che scuotendo le nuvole mandò giù una diluviosa pioggia, accompagnata con grandini, et infocate saette, con numero grande di folgori, et nel mezzo di così furiosa tempesta, molti, che più arditi delli altri s' affacciarono alle fi-nestre, viddero in aria cose monstruose, grandi et terribili, come serpenti, armi, cavalieri armati, et gran quantità di globi di fuoco, che ondeggiando in alto rassembravano tanti Mongibelli, e molti altri portentosi segni, et estravaganti prodigi, che quelli non puotero, spaventati da si horribili forme, conoscere, et discernere. Nell'istesso tempo fu visto apparire sopra la città antedetta et luochi circonvicini un splendore di fuoco, et insieme giallo, quale durò per un quarto d' hora continuo, che a punto pareva a mezza notte risorgesse il giorno, di tanta estravagante luce, che tutti atterriti gli abitatori dimandavano misericordia dal Cielo. Le saette infocate, et i folgori, che molti in diversi luoghi della Città cadendo percossero, non però in alcun danno notabile; ma si bene nella casa in Rualis, sopra la quale fu visto da certi Religiosi, che levati s'erano, a porger alla Maestà d'Iddio divote, et sante preci per la salute universale, spicarsi dall’alto dell' aria uno di quei globi di fuoco, in cui si giudica esser più d'una saetta, e più d'un folgore, et che furiosamente calando, percosse un moraro grande, indi cadendo sopra alla casa sudetta, vicina tre passi a quello, subito in instante fu di tal modo accesa, che dal presente al passato non vi fu intervallo, poiché l'accender et l'esser acceso fu di tanta prestezza, et così repente velocità, che restò impossibile il poter liberar dall'incendio alcuna cosa, ne vivente ne materiale, che in essa a quell'hora si ritrovava. Ne mai per moltitudine, et quantità grande d'acqua, che di sopra vi era gettata, oltre il diluvio grande della pioggia, che cadeva dal Cielo, non si puoté in minima parte smorzare, non che estinguere, anzi (o meraviglia grande) tanto maggior era la quantità dell'acqua gettata, tanto vie più si raccendeva, et rinforzava, mandando su più grandi, più dense, et infuocate le fiamme; il qual fuoco haveva un certo colore più giallo, che ci è a noi famigliare. In questa casa che di longhezza era passa più di 20, fabricata in forma curva, multipartita in varie stanze per gli huomini, et stalle per gli animali, vi si trovavano per sua mala sorte doi maschi, l’ uno d'anni 15 et l' altro di anni 12 et due Dongelle vergini, l'una d’anni 20 et l'altra d’ anni 18 tutti figliuoli del sopradetto Bernardino, il quale subito sentito il terribil tuono di quell' infocato globo pregno di folgori, et di saette, uscì fuori della stanza in cui con la moglie et due fanciulle era solito dimorare poco discosta dalla casa grande, et vidde, che da un capo all' altro, et d'ambi i lati tutta ardeva, et era fuoco, e fiamme, et acceso dalla brama di soccorrere, et liberare le sue creature, passò per mezzo il fuoco per porgerle aiuto, ma non potendo egli passar troppo avanti, fu constretto ritirarsi non senza qualche pericolo, percioché non tantosto uscito fuori cadde tutto il coperto, perciò restorono tre di quelle misere creature sepolte, arse, et consumate nella propria camera ove dormivano, una delle quali cioè la maggiore volendo fuggire la morte, s'incontrò su la porta della Camera, dove gionta sopra di lei cadendo un gran trave infocato, ivi restò preda di quello; et gli altri due furono uccisi, abbruggiati, e divorati dall' incendio, non potendo campare per la caduta della sorella, che li chiuse l'adito alla vita; questi ambi furono ritrovati abbracciati insieme non lungi dalla lettiera, dalla quale erano levati. L'altro che di sopra fu nominato d'anni 12 che era nella parte superiore della casa, come si disse svegliato dal tuono, et aperti gli occhi vidde in un subbito da tutte le parte di dentro sotto il coperto le fiamme, che fortemente abbruggiavano, come si è detto che facevan di sopra, per il che fatto animo a se stesso, et preso quel corraggio, che in simili casi improvisi, et repentini pericoli suole somministrare la Natura a un cor virile, tralasciata la via ordinaria, che soleva ascendere, dove le parve più debole il pericolo; sbucò il coperto, et lanciandosi per mezzo l'impeto delle fiamme, et l'ardor del fuoco saltò ignudo giù di detto coperto, restando per l'Iddio gratia salvo, et illeso d' ogni male. Spettacolo cosi horrendo, accidente così terribile, et infortunio tanto fiero, et spaventevole fu da tutta la città di Cividale, et delle Ville la mattina seguente visto, ammirato, commiscrato, et lacrimato, et non fu core tanto inhumano, che alla vista di quelli tre mal menati quasi inceneriti cadaveri rassomiglianti più tosto pezzi di carne arrostita, et cavata dalla cenere, che figura, o sembiante di corpo humano, e non era alcuno, che non dimostrasse grandemente segno di dolore infinito. Rendeva ancora più fiero, et miserando il caso, il vedere nelle stalle di detta casa distesi a terra gran quantità di animali grossi, come bovi, manzi, vitelli, vacche, et simili, con numero non piccolo di animali minuti, di pecore, agnelli, et altri, che, gonfi, mezzi arsi et consumati et in varie forme distratti rendevano non men dolorosa, che spaventosa vista. Con questa sorte di flagelli suole Iddio castigare gli huomini scelerati, come si legge nelle sacre et profane Istorie, et suole ancora permetterli a suoi più cari, et diletti servi per maggior sua gloria et aumento di gratie, come successe al S. Giob. Stii ogn' uno per tanto vigilante, et consideri che questi sono mali comuni; preghi il Signore, che ci preservi di simili accidenti, et conceda la requie all' anime di quelle tre creature, quale piamente si crede esser ascese al Cielo, per la relazione data dal M. Reverendo Curato di quel luogo della integrità, et bontà della vita loro, a godere la gloria celeste, che ce la concedi ancora a noi per sua immensa bontà, e misericordia per infinità de secoli. --------------------------------------------- (1) Questo stampatore è citato come residente l'anno 1620 a Ronciglione insieme con Lorenzo Lupis, da F. NOVATI nell'Elenco topografico di tipografi e calcografi italiani che dal sec. XV al XVIII Impressero storie e stampe popolari, pubblicato a p. 35 e sgg. dell' importante scritto "La storia e la stampa nella produzione popolare italiana", Bergamo, 1907. IL FINE LUIGI SUTTINA - Tratto da MEMORIE STORICHE FOROGIVLIESI Ristampa annata X (1914) (30 Gennaio 2003) |