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Abbazia di Rosazzo, 15 Giugno 2002

Padre Turoldo: Fede e Poesia
Récital sull'opera di Padre David Maria Turoldo
Compagnia di prosa BARABAN


Eddy Bortolussi, Gianni Nistri, Gabriella Tessari, Nevio Ferraro e Italo Tavoschi

          La Compagnia teatrale "Baraban" di Udine è l’erede della Compagnia "Teatro Ora Zero" fondata dal commediografo friulano Luigi Candoni nel 1972 e morto nel 1981.
          Alla morte di Candoni la Compagnia, in omaggio al suo fondatore, ha cambiato nome scegliendo quello di "Baraban" che è il titolo di una bella commedia di Candoni stesso.
          Fra le varie attività culturali svolte fino ad oggi, da ricordare le numerosissime serate di letture interpretative di lavori di autori vari. Testi teatrali, poetici, di prosa.
          Le principali messe in scena ( per la verità parecchie ) è doveroso ricordare per la loro importanza e per il successo ottenuto le seguenti:
  • l’operetta "Il canocjal de contesse" con musiche di Luigi Garzoni
  • "La mandragola" di Niccolò Machiavelli e "Trappola per topi" di Agata Christie che hanno ottenuto nelle molteplici repliche un elevato successo di critica e di pubblico.
  • "Il Trovatore Antonio Tamburo" di Pietro Zorutti ( ancora in repertorio )
  • "La mari di S.Pieri" di Negro ( ancora in repertorio ).
  • "La sblancjade di Pasche" di M.Gioitti Del Monaco ( ancora in repertorio)
  • Il recital su Turoldo "Fede e Poesia" giunto alla sua 42^ replica e portato in giro in: Canada, Milano, Torino, Verona, Firenze, e tante località del Friuli. Sabato 29 giugno saremo a Sesto Fiorentino.

          I registi che hanno collaborato e collaborano anche attualmente nella scelta dei testi e nell’esecuzione scenica sono Italo Tavoschi e Claudio Mezzelani.
          La Compagnia è formata da attori tutti dilettanti parte dei quali sono attualmente considerati, in campo regionale, tra i migliori interpreti in lingua italiana e friulana.
          Da non dimenticare che alcuni attori della Compagnia hanno partecipato alla realizzazione dei film "Pieri Zorutti" prodotto dalla RAI e "I belandans" di Carlo Zanier.
          Attualmente la sala prove è a Feletto Umberto ( Tavagnacco ) grazie alla sensibilità di quella amministrazione Comunale. La sede ufficiale della Compagnia è a Udine, via della Polveriera 1, tel. 0432-580001 (presso Nevio Ferraro
).



Per l'allestimento di "PADRE TUROLDO: FEDE E POESIA", spettacolo-oratorio o recital più semplicemente, abbiamo dovuto circoscrivere il campo di osservazione ad alcune soltanto delle problematiche che stanno alla base della sua vasta opera poetica.
     Abbiamo scelto di trattare l'argomento Madre (associato spesso al concetto di Madonna), l'argomento Terra (cioè Friuli=radici=povertà)/ l'argomento Sofferenza (quindi malattia e Morte), la denuncia (non tanto dei mali dell'umanità in generale quanto di quelli della sua Chiesa) e infine la problematica della Ricerca di Dio.
     La preoccupazione di "interpretare" l'opera di Padre Turoldo senza alterarne la spontaneità e la personalissima sua forma espressiva, è stata alla base della decisione di inframmezzare la dizione dei suoi versi con la "presenza in voce" dell'autore.      Non solo, ma gli interventi mediati di Padre Turoldo hanno anche lo scopo di guidare gli spettatori in un percorso guidato, di cui gli argomenti sopra riportati rappresentano le singole "stazioni".
     Ad inizio e conclusione dello spettacolo sono state riprodotte in registrazione due frasi, la prima di Carlo Bo e la seconda del Cardinale Martini, che bene si prestano a caratterizzare il genere dello spettacolo e la nostra personale opinione sulla figura e l'opera di Padre Turoldo.
     Non c'è alcuna pretesa di aver esaurito con questo recital la tematica di Turoldo, semmai di averne stimolato una rilettura, a dieci anni dalla sua scomparsa.

Compagnia di prosa BARABAN


Italo Tavoschi

Gianni Nistri

Gabriella Tessari

Nevio Ferraro

Eddy Bortolussi


Padre David Maria Turoldo

          Nacque nel 1916 a Coderno, in Friuli da famiglia poverissima e molto religiosa. Nel 1940 fu ordinato sacerdote entrando nell'Ordine religioso dei "Servi di Santa Maria". Soggiornò a Milano negli anni '40 fino a circa il 1953. Fu poi inviato, forse su pressione di esponenti della Curia Romana, all'estero dove il suo ordine religioso amministra diversi conventi. L'avvento di papa Giovanni XIII e il nuovo corso conciliare, favorì il suo ritorno in Italia, all'inizio degli anni '60. Si trasfererì infine, dopo la morte di Giovanni XXIII, presso il Convento dei Servi di Maria in Sotto il Monte, paese del quale divenne cittadino onorario, istituendovi un Centro Studi, presso il quale attualmente alcuni confratelli studiosi stanno organizzando la sua vasta produzione letteraria e saggistica. 
          Socialmente e politicamente impegnato, aderì alla resistenza con il gruppo de "L'uomo", per una "scelta dell'umano contro il disumano". Ma questo suo impegno durò per tutta la vita (anche se egli esplicitamente non aderì a nessun partito politico), convinto che la "Resistenza sia sempre attuale" e interpretando il comando evangelico "essere nel mondo senza essere del mondo" come un "essere nel sistema senza essere del sistema". Il suo impegno politico e sociale fu anche caratterizzato da una profonda umanità che lo portava non certo ad odiare ma a cercare un confronto di idee deciso e talvolta duro, ma sempre dialettico ("Credo di non avere dei nemici… posso avere avversari, questo sì"). Non di rado le sue prese di posizione crearono notevole imbarazzo e furono causa di scandalo in taluni ambienti cattolici. Ma anche la politica e l'impegno sociale non furono che ambiti, luoghi nel quale il poeta entrò senza mai soggiornarvi, cosciente del fatto che la sua vita era al servizio della Parola (e del Silenzio), in senso cristiano ma anche artistico, da poeta investito di una vocazione artistica. Scrive Andrea Zanzotto: "Turoldo ha percepito dunque da sempre la centralità della parola, … e l'ha percepita proprio come una delle sedi più alte in cui la parola (che cristianamente è il Verbo, "era ed è presso Dio") verifica se stessa e il mondo". 
          Le sue doti retoriche si esprimono in maniera straordinaria non solo nella sua opera letteraria, ma anche (per chi ebbe l'occasione di ascoltarlo) nelle sue omelie, negli innumerevoli discorsi che egli "predicatore" tenne in oltre 50 anni di attività, negli incontri con gruppi di ogni ambito culturale e sociale. Fu, tra l'altro, predicatore incaricato presso il duomo di Milano dal 1943 al 1953 Mi piace ricordare questo aspetto (di cui abbiamo anche qualche documento filmato), perché rappresenta forse la testimonianza più forte del suo slancio, della sua intelligenza, della sua creatività e capacità nel porgere una parola vera, allusiva, profonda. Passione per l'uomo e passione per Dio, forse queste sono le note caratteristiche, anche della sua poesia. "Difficilmente, infatti - scrisse Giovanni Giudici - si potrebbe reperire negli annali un esempio di così perentoria, sorprendentemente trasgressiva, coincidenza e inscindibilità tra vita ed opera, tra vocazione alla parola e testimonianza della parola". 
          Turoldo è anche il poeta cristiano che più d'ogni altro nel nostro secolo esprime la passione per il contrasto, lo stare fermamente dentro la Chiesa ma nello stesso tempo starvi criticamente, senza mollare mai d'un millimetro a minacce e lusinghe, opponendo fermamente ad ogni luogo comune e ad ogni perbenismo bigotto, una dialettica controllata da una coscienza aliena da compromessi, ostile a qualsiasi tentativo di distrarlo dalla coerenza con i suoi principi morali e religiosi, dall'imperativo della sua coscienza. In questo senso, la sua poetica si differenzia nettamente per una sua peculiarità, all'interno di una coscienza critica del cristianesimo contemporaneo, che vede ad esempio in Testori una diversa espressione: quest'ultimo infatti è lacerato dal dubbio e visibilmente a disagio di fronte all'incongruenza fede / vita, Turoldo invece è rivoluzionario proprio perché si abbandona a una fede cieca senza mai oscillare, facendone l'arma della sua cultura. Egli (con altri, come Padre Balducci, Don Milani , Padre Dossetti, Don Primo Mazzolari, ecc.) è uno degli esponenti più rappresentativi di un rinnovamento del cristianesimo e assieme di un nuovo umanesimo sociale che esprime una autentica novità socio-religiosa, certo ancora troppo superficialmente intesa e studiata, della seconda metà del '900.
          Dopo la prima stagione della predicazione a Milano, Turoldo dunque viene inviato all'estero. Il suo peregrinare termina infine nell'eremo di Sotto Il Monte, paese nativo di Giovanni XXIII, in cerca di silenzio, e mantenendo comunque stretti e continui contatti con gli amici. 
          Se si pensa alla particolarità della poesia di Turoldo come "genere", nel '900 letterario, il pensiero corre a Rebora, soprattutto al primo Rebora. Ma non tanto (condividendo l'acuta osservazione che Vigorelli fa in un articolo apparso su "Il Giorno" del 13.1.1991) per le superficiali affinità che li accomunano (sacerdoti ambedue, dediti alla poesia di tema religioso, ambedue legati alla costruzione tradizionale della frase e del verso, senza particolari teorie estetiche movimentiste o di "scuola", ecc.). Ciò che li accomuna e che essi rappresentano in modo particolare (specialmente il Rebora (il primo Rebora, laico, e non il religioso, al quale tutto il '900 è debitore per questo aspetto) è l'uso di un linguaggio altamente espressivo (espressionistico), denso di spigolosità, metafore e immagini che urlano dentro la coscienza del lettore (e non nel segno o in fonemi reboanti, irati, stizziti come, ahime!, capita troppo spesso di leggere - annoiandosi) con il proposito di scuoterlo, di porre la sua coscienza alle corde davanti alle domande scomode della vita. Anche come poeta che parla al lettore dunque, oltre che come uomo e religioso, Turoldo è un autore spigoloso, dialettico, scandaloso, che non conforta certo una paciosità borghese ma impone alla coscienza una dura lotta che reclama una scelta di campo, etica se non religiosa. Si potrebbe però anche dire che Turoldo, nel secolo delle incertezze, è il poeta di quella certezza (pur se problematica e sempre precaria) che venga subito dopo il dubbio. E di una certezza che non trae consistenza dalla razionalità filosofica, ma dallo slancio poetico ad un amore assoluto, universale, per gli uomini, Dio, la natura. Non si può infatti eludere il dubbio filosofico, perché, com'egli spiega, "è difficile dire di credere: credere è un'autentica rivoluzione". Più che ermetico (anche se indubbiamente lo è, specie nelle prime raccolte) il suo linguaggio mi sembra dunque espressionista, se pur di un espressionismo particolare, concettuale più che iconico. 
          Fra i motivi ricorrenti della sua poesia (non solo delle ultime opere) è il sentimento della morte, in un tempo che fa di tutto per dimenticarla e fuggirla ("per me la morte è sempre stata una coinquilina … sentita come una presenza che aiuta a vivere" - dice in una intervista). La morte per Turoldo è "senso della vita e concretezza di tutto quello che ho cantato". La morte aiuta a vivere perché aiuta a misurare le cose, a ritrovare il senso della speranza - altro tema ricorrente: ("vorrei tramandare questo scandalo della speranza" dice, mentre è già minato dal cancro allo stomaco).

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