Giovanni Battista Tomadini
Profilo biograrico e musiche in programma
(Roberto
Frisano)
Giovanni Battista Tomadini nasce a Udine il 16 agosto 1738. Avviato
giovanissimo agli studi religiosi, inizia la sua formazione musicale
probabilmente nell'ambito del Seminario udinese. I documenti finora
rinvenuti non specificano il nome dei primi maestri di Tomadini, ma si
sa che intorno al ventesimo anno d'età la sua competenza musicale è
già ampiamente sufficiente dato che dal 1758 è attestato il servizio
da lui prestato gratuitamente presso la cappella musicale dei duomo di
Udine. Dal 1760, in seguito a una "supplica"' presentata ai
deputati della città, gli è accordato uno stipendio annuo di venti
ducati per cantare e per suonare il secondo organo nelle cerimonie
importanti.
L'approfondimento
degli studi musicali sembra essere un'esigenza particolarmente sentita
da Tomadini: a diverse riprese si allontana dalla città per periodi di
studio con maestri via via più importanti. Nel 1763 gli viene concesso
il permesso di recarsi a Cividale per ricevere lezioni da Alessandro
Pavona e tre anni più tardi fa richiesta per un periodo di
quattro-cinque mesi da trascorrere a Venezia per «studiare il
contrappunto, e farsi atto a comporre di musica». Una parentesi
lavorativa fuori città è rappresentata dal breve incarico svolto tra
la fine del 1769 e l'inizio del 1770 presso il duomo di Spilimbergo in
qualità di cappellano organista. Subito richiamato nella città natale
da due importanti eventi che si stavano annunciando, Tomadinì si
prodiga per mettere in luce le proprie capacità professionali. In
agosto viene inaugurato con l'opera Eurione di Ferdinando Bertoni
il Teatro della Nobile Società e all'allestimento del melodramma vi
collabora probabilmente come maestro al cembalo. Nel mese di settembre
si svolge presso la chiesa delle Grazie la cerimonia di traslazione dell’immagine
della Vergine nel nuovo altare. La composizione delle musiche per la
liturgia viene affidata a Tomadini, come pure l'incarico di prepararne
l'esecuzione. Il favore del pubblico (si trattava, in fondo, anche di un
evento mondano) e dell'establishment ecclesiastico gli permette di
ottenere il posto di vice-maestro di cappella in duomo, incarico che
può considerarsi praticamente quello di maestro principale, viste la
sua riconosciuta competenza e l’età avanzata del titolare Gregorio
Rizzi. Ancora la necessità di perfezionarsi nella composizione lo
spingono ad un ultimo periodo di studio fuori città, precisamente a
Bologna presso il celebre compositore e teorico padre Martini. Il
soggiorno nella città emiliana dura dal mese di febbraio ai primi
giorni di agosto del 1772.
Con la morte di
Rizzi, nel novembre 1774, per Tomadini si apre la strada verso la più
alta carica della cappella udinese. In seguito al concorso emanato nel
gennaio successivo, egli, unico concorrente, ottiene meritatamente
l'incarico. Oltre a svolgere le mansioni relative al servizio
(composizione, direzione delle musiche nelle celebrazioni, insegnamento
della musica ai chierici), Tomadini è protagonista di spicco nella vita
musicale della città. Gli vengono commissionate composizioni per
occasioni celebrative pubbliche ed è assai ambito come insegnante di
musica. Alcune sue composizioni vengono eseguite anche nella basilica di
S. Marco a Venezia. Muore nella notte tra il 5 e il 6 gennaio del 1799,
suscitando generale cordoglio e lasciando un ottimo ricordo di sé.
La grande
considerazione goduta in vita ha favorito il protrarsi di una tradizione
esecutiva delle musiche di Tomadini fino ai primi decenni dell’Ottocento.
I mutamenti di gusto e soprattutto la ventata riformatrice che
cominciava pian piano a "depurare" i repertori liturgici
furono in seguito i motivi di un completo oblio della sua produzione. In
anni recenti la figura e l'opera dei compositore udinese sono state
giustamente poste in luce dagli studi musicologici e la sua musica è
stata più volte riproposta in sede concertistica.
La descrizione
delle musiche in programma può essere introdotta da un acuto giudizio
dei poeta don Domenico Sabbadini, che di Tomadini stesso era stato
allievo: quella dei compositore udinese era una «musica tutta canto
e brio, tutta novità e melodia, ben diversa da quella di certi
compositori, i quali pare che si studino a far comparire la fatica ed il
sapere invece di attentamente occultarli, come vuole la naturalezza, che
è il primo fiore di tutte le arti belle». L'ideale stilistico
perseguito da Tomadini risulta evidente: la facilità comunicativa, resa
dalla gradevolezza delle melodie e dal tessuto armonico scorrevole,
soddisfa sia il gusto comune sia quello dei conoscitori. La dottrina e
l'abilità di scrittura sono invece poste al servizio di un discorso
musicale di immediata comprensione. Certo Tomadini possedeva gli
strumenti della composizione osservata e dei contrappunto, come
attestano gli studi con importanti maestri, ma gli erano maggiormente
congeniali gli elementi più moderni del linguaggio musicale dei suo
tempo.
Le necessità
liturgiche imponevano allora concisione e brevità nella musica sacra,
senza rinunciare però ai toni solenni. A tali criteri si conformano i
lavori vocali di Tornadini, dove minime sono le ripetizioni del testo e
serrato è il procedere delle idee musicali. I brani sono generalmente
articolati in passaggi corali e sezioni solistiche, a volte separati da
collegamenti strumentali. Il Magnificat, la Messa breve e l'Hymnus
esemplificano chiaramente tutte le caratteristiche cui si è fatto
cenno, rivelando inoltre una particolare luminosità sonora conferita
dalla tonalità maggiore e una chiara organizzazione della forma. Tra le
musiche per voce sola, oltre al mottetto Proba me Deus e
all'antifona In omnem terram, spicca per ampiezza l’elegante Recitativo
ed aria per la solennità dei Natale, dove la voce dispiega una
vasta gamma di espedienti espressivi.
Anche le sonate e
gli altri brani per organo di Tomadini riflettono in modo esemplare il
gusto musicale in voga nella seconda metà del Settecento. Le due Sonate
presentano una solida struttura formale ed evidenziano maturità nel
trattamento del materiale melodico. Anche qui lo stile si caratterizza
per cantabilità, brio e freschezza, che fioriscono da queste pagine
senza mai cadere nella banalità. Benché sia consistente il ricorso a
formule di largo impiego come il basso albertino, diversi abbellimenti,
arpeggi, passaggi di scale ed altro, la prevedibilità del discorso non
intacca l'organizzazione musicale che si rivela invece progettata con
sicurezza. Le stesse caratteristiche si ritrovano nei brani in un unico
tempo come il Rondò, l'Allegro, l'Allegro molto, l'Allegretto
spiritoso che possono essere considerati come singoli movimenti di
sonata. Più strettamente vincolati alla prassi liturgica sono, infine,
i brevi pezzi destinati alla funzione di complemento della musica
vocale: l'Introduzione è ancora riferibile allo stile brillante
delle sonate mentre l'Intonazione ha il tipico carattere
improvvisativo di una toccata. |