.In viaggio alla Pieve di Gorto
(Ovaro - 14 Agosto 1999)

     In questi giorni, manifestazioni per il rientro degli emigranti si svolgevano in diverse località e non c’era che l’imbarazzo della scelta. Io comunque scelgo sempre i luoghi dove prevedo di poter pargheggiare la mia quattroruote nelle immediate vicinanze. Salvo rare eccezioni, nelle vicinanze delle chiese si trova sempre un’angolino per posteggiare l’auto, anche perché io sono sul posto almeno un’ora prima.

     La decisione di recarmi fino ad Ovaro l’ho presa verso le 11:00, mentre davanti al solito "aperitivo" (un tajut di blanc cun un tìc di amâr), stavo leggendo il giornale. Un trafiletto grande poco più di un francobollo avvertiva di questa Messa per gli emigranti alla Pieve di Gorto, celebrata nientemeno che dall’Arcivescovo.

     Per Ovaro sono transitato parecchie volte, ma come tanti altri ignoravo completamente l’esistenza di Gorto, la Pieve più antica di tutta la Carnia. Caricato tutto l’armamentario nel mio nuovo borsone, verso le 15:00 ho orientato la "prua" verso la Carnia. Mi succede spesso che nella zona Carnia-Tolmezzo-Villa Santina, con tutti quei cavalcavia e sottopassaggi, perdo il senso dell’orientamento e ad un certo punto mi sono accorto che "puntavo" in direzione di Paluzza … Dopo un’inversione di marcia mi sono rimesso sulla giusta carreggiata …!

     Alle 18:30 ero ad Ovaro e stavo chiedendo informazioni per arrivare alla Pieve. Attraverso un stradina sono arrivato in cima ad un colle ed ho posteggiato nell’unica piazzola, dalla quale attraverso una breve scalinata si accede al cimitero. Sceso dall’auto mi sono guardato attorno per capire se ero nel posto giusto e l’unico segnale a conferma di ciò erano gli striscioni che penzolavano dal vecchio campanile della chiesa. Solo al vedere quei pochi scalini ed il fatto di non notare anima viva nei dintorni, mi hanno messo a disagio. Tuttavia ho caricato in spalla il grosso borsone e piano piano ho "scalato" gli scalini e mi sono addentrato lungo il viale del Camposanto. Mentre camminavo, cercavo di capire da che parte era l’entrata della chiesa e giunto al centro del cimitero, ho appoggiato il borsone e mi sono seduto per riposare su un muretto accanto ad una tomba, notando la pulizia e l’ordine presente in quel mesto luogo.

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     Intanto ho scoperto che la porta principale della chiesa era all’estremità opposta del cimitero, a tre o quattro metri dallo strapiombo rivolto verso il fondovalle. Con un’ultimo sforzo mi sono portato vicino all’entrata, appoggiandomi al muretto per prendere fiato ed ammirare il panorama.

     Superato da qualche anno la sessantina, so bene che non bisogna aver paura dei morti, ma nonostante ciò, non posso negare che il fatto di trovarmi all’imbrunire solo in un cimitero, mi metteva un certo disagio. Oltretutto, indossando solo una leggera "polo", l’aria fresca della sera contribuiva a rendere "concreti" i brividi che percepivo sulla mia pelle. Per prendere coraggio ho cercato di distrarmi telefonando al mio amico Giampy, ma non avendo sottomano l’agenda e non ricordando mentalmente il numero del suo telefonino, ho rinunciato.
     Nel frattempo avevo notato aggirarsi nel cimitero un signore vestito di scuro e per un attimo mi sono venute in mente le storie che raccontava mia nonna nelle lunghe e fredde serate d'inverno passate vicino al "fogolâr".

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     Intanto, guardando in fondo alla stradina che porta alla Pieve, ho notato due signorine che con i caratteristici vestiti carnici salivano lentamente e mi auguravo che anche la loro meta … fosse la mia. Per aggirare il colle che porta alla Pieve, le ragazze dovevano percorrere un lungo tratto di strada fuori dalla mia vista e dopo una decina di interminabili minuti ... al loro comparire sul portoncino in fondo al cimitero, ho tirato un sospiro di sollievo. Quando si sono avvicinate, ho ringraziato le due graziose "cjargnelutis" per essere giunte a farmi compagnia , e sembravano assai divertite quando ho raccontato loro le ansie patite nella mezz’ora precedente al loro arrivo. Le due coriste erano arrivate con un certo anticipo per fare delle prove di canto.
   Più tardi ho saputo che quel signore vestito di scuro non era "il diavolo"  e nemmeno "l'anima di un defunto che vagava tra le tombe perché non trovava pace", ma era un Salesiano missionario in Indonesia, ritornato nel suo paese natale per un periodo di riposo.

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     Il Cappellano giunto successivamente, notato il mio bagaglio ha intuito il motivo della mia presenza e mi ha invitato ad entrare con lui in chiesa perché il tempio non sarebbe stato aperto al pubblico prima delle 20:00 in punto. Ho accettato volentieri e sono entrato, dandomi subito da fare a riprendere le inquadrature più interessanti, che non erano poche. Avvertito da don Giuseppe dell’imminente suono delle campane, ho appoggiato il nuovo microfono (donatomi recentemente) fuori da una finestra, attivando il "digital recording", ovverossia un piccolo aggeggio che registra su "mini disck". Anche per le successive registrazioni ho utilizzato lo stesso mezzo, riservando la telecamera esclusivamente per la ripresa delle sequenze utili alla cattura delle immagini da convertire in foto.

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     Mi sono seduto nel primo banco della fila di destra, piazzando il microfono sul pavimento alla mia sinistra e quindi in posizione piuttosto esposta. Infatti, al momento della Comunione, una signora ha inavvertitamente urtato il microfono, costringendomi successivamente a "tagliare" una piccola parte del canto che il Coro stava eseguendo in quel momento. Anche questo episodio è servito come "test", convincendomi che in questi casi gli operatori devono essere due:
-  Un primo operatore incaricato esclusivamente alla sezione "audio", che posiziona il microfono vicino al Coro e controlla l’andamento delle registrazioni;
-  Il secondo operatore deve spostarsi con la telecamera nei vari punti dove si svolgono le cerimonie.

     Ma dove trovo una persona disposta a stare lontano da casa per 5 ore senza fermarsi nemmeno a prendere un caffè ?
Finché non si farà avanti qualcuno disposto a sopportare questi miei strani comportamenti, continuerò le mie "missioni solitarie".

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     D’ora in poi presterò la massima attenzione per ottenere i migliori risultati nelle registrazioni audio, vincendo la mia incurabile "paura di recare disturbo" e piazzare il mio nuovo microfono nella migliore posizione possibile.

     La "Messa Granda di Vea" (Messa Grande di Veglia) è terminata alle 21:45 esatte e mentre incominciavo a raccogliere le mie attrezzature e rimetterle ai loro posti nel borsone, ero preoccupato dal fatto di trovarmi a quell’ora così lontano da casa, e piuttosto affamato.

     Avevo ormai riposto tutti gli strumenti, quando ho visto l’Arcivescovo dirigersi verso di me ed nell’appoggiare le sue mani sulle mie spalle mi ha salutato con la sua calda voce. Colto alla sprovvista gli ho fatto capire che trovarmi davanti al Vescovo mi metteva in forte imbarazzato … al che Lui mi ha risposto: allora cosa dovrei dire io che sono tutto il giorno con il Vescovo?
Questa battuta mi ha rinfrancato permettendomi di continuare in un breve colloquio e salutarlo stringendogli la mano.

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     Attraversando il cimitero, tutte quelle tombe illuminate dai fari creavano una strana sensazione come nelle scene irreali di certi film. Scendendo per la stradina che riporta ad Ovaro, ho preferito imboccare la statale che mi riportava verso il Friuli, rinunciando ad assistere lo spettacolo de "las cidulas" , un gioco con delle ruote infuocate, una scena particolarmente spettacolare a quell'ora della notte. 
      Com'era da aspettarsi, giunto a Tolmezzo ho sbagliato strada ed invece di prendere la SS13 ho imboccato la provinciale Udine-Vergegnis. E’ vero che tutte le strade portano a Roma, ma percorrere una strada per me nuova, per molti tratti senza segnaletica orizzontale e di notte, non è stata un’esperienza piacevole.
    Per fortuna tutto è filato liscio e alle 23:30 ero in vista di Leproso, tutto contento del buon esito della missione e pronto, assieme a "briciola" che mi aspettava sulla piazzetta della chiesa chissà da quante ore, a prendere d’assalto il mio freezer …!

     Dopo due giorni di studio ed elaborazioni, il prodotto dei miei sforzi di quel 14 Agosto alla Pieve di Gorto è un CD con la seguente copertina ed elenco dei brani registrati.

Le tracce audio

1 – 06:37 – Concerto campane
2 – 02:48 – Canto
3 – 04:08 – Canto
4 – 03:30 – Canto
5 – 05:55 – Preghiere e canti
6 – 01:26 – Canto
7 – 02:57 – Preghiera
8 – 11:12 – Omelia
9 – 01:14 – Preghiera
10 – 06:01 – Preghiere e canti
11 – 02:51 – Canto
12 – 01:58 – Preghiera
13 – 01:40 – Canto
14 – 05:44 – Preghiere e canti
15 – 01:20 – Canto
16 – 02:46 – Canto
17 – 05:32 – Suono organo
18 – 02:11 – Canto
19 – 05:33 – Benedizione e finale.

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Lettere da Ovaro

Plêf di Guart, 29.8.1999

Siôr Aldo benedèt,
O soi culì a ringrasiâlu ancjemò une volte pe biele idee ch’al à vude e pe surprese che nus à fate cul inviânus i CD de "Vee de Madone". O sin stâs duc’ contentòns di sintîju ! Congratulazions ancje pe buine regjstrazion (cun dut che l’ambient plen di int no si prestave masse!) e la biele impagjnazion.

Par chel che riguarda lis cidulis: a son une usanze cjargnele (ma and’è qualchi alc di simil ancje in âtris bandis des Alpis).- L’origjin a iè precristiane e a continuin certs ritos de fertilitât, colegâts cui solstizis. In Cjiargne si lis bute massime tes fiestis che van di Nadâl ae Pifanie.
Si dopre rodulis di arbul in bore, e si lis sgurle jù dal alt di un
cuc, intant che si berle un auguri a copiis di zovins dal paîs.
Par antighe tradizion, te plêf di Guart si bùtin jù impiadis, che sbrissin jù a sbal
c sun tune cuarde tindude fint a val. Lis frâsis no son indrecadis ai zovins di maridâ, ma ae Plêf, al Vescul (s’al è), ai turisc’, ai pulitics, o riferidis a argoments dal moment.

O speri di vê dite dut. E cun chist lu ringrassi ancjmò e lu saludi.

Mandi
pre Jusèf Ciargnel 
Plêf di Guart

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