PALMANOVA
(33057)
Sede municipale:
Palmanova, p. Grande, 1
tel. 0432922111 telefax 0432923346
Superficie Kmq 13,32
Altitudine m 19 - 41
Sindaco: sig. Alcide Muradore
Palmanova in una veduta aerea
Nell’autunno del 1593 fu tracciata la pianta della nuova fortezza ideata dal friulano Giulio Savorgnan per conto della Repubblica di Venezia, contro eventuali invasioni da Est (Imperiali o Turchi). Purtroppo ciò venne compiuto quando ormai gravi danni erano già stati portati nel Basso Friuli dai Turchi nella seconda metà del XV secolo: a questi attacchi Venezia non seppe ovviare in alcun modo. Il nome Palmanova ricordava in parte la vecchia denominazione del villaggio che lì sorgeva, Palmada. Solo nel 1797 Palmanova venne occupata dai francesi: Napoleone stesso emise dalla fortezza il famoso proclama di guerra che spazzò via la ormai decrepita Repubblica di S.Marco. Nel 1883 perse definitivamente l’amministrazione militare come piazzaforte, passò ad una normale amministrazione civile, conservando però fino a pochi anni fa diverse caserme. Fra le cose notevoli che si possono ammirare sono la bella forma stellata delle mura (visibile solo dall’alto), le tre porte murarie seicentesche intatte (Porta Udine, Porta Cividale, Porta da mar o Aquileia), alcuni passaggi sotterranei e tratti della cinta difensiva. Nel mese di luglio si tiene una apprezzata rievocazione storica.
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Principali monumenti e opere d'arte La fortezza che il governo veneziano volle a difesa del confine orientale dalle incursioni degli Uscocchi e dei Turchi e dalle mire egemoniche dell'Austria, ma che in realtà non svolse mai un ruolo di particolare rilievo in tal senso, costituisce uno degli esempi più belli e meglio conservati di architettura militare del Rinascimento, pienamente rispondente ai principi ideali di Vincenzo Scamozzi che si vuole abbia steso il progetto insieme con Giulio Savorgnan cui comunemente viene attribuita l'opera. Fu fondata il 7 ottobre 1593 ed ha un impianto esterno in forma di stella a nove punte entro cui è inscritto un ennagono regolare con maglia viaria radiocentrica e piazza esagonale. I lavori, il cui costo di decine di migliaia di ducati fu in gran parte sopportato dalla popolazione friulana, procedettero a rilento ed il progetto iniziale non fu mai pienamente realizzato: la città, concepita per ventimila abitanti, non ne ebbe in effetti mai più di cinque-seimila. All'inizio dell'Ottocento, poi, Napoleone rinforzò la fortezza con un'ulteriore cinta poiché la gittata dei cannoni era cresciuta e lo spessore delle difese preesistenti risultava insufficiente. All'architetto vicentino Vincenzo Scamozzi (1552-1616) venne affidato il progetto delle tre porte d'ingresso e uscita dalla fortezza; Porta Aquileia (fino ad un secolo fa detta Porta Marittima), Porta Udine e Porta Cividale. La prima ad essere innalzata fu Porta Marittima, già quasi ultimata nel 1598, allorché il provveditore Marc'Antonio Memmo ne diede orgogliosamente notizia al Senato. Solenne e monumentale, in bugnato liscio, spartita in tre campi mediante lesene, presenta oltre il fregio una cornice fortemente aggettante sulla quale poggiano due ampie volute che fiancheggiano la garitta. Aspetto più severo e robusto hanno le altre porte, iniziate nel 1604 e terminate nel 1605; Porta Udine, sempre in ordine dorico, trae effetti chiaroscurali dalla presenza del bugnato, mentre le due colonne che fiancheggiano l'ingresso assieme alle quattro lesene binate ne articolano a sufficienza la fronte; sopra il cornicione due garitte e due griglie. Nella Porta Cividale invece le garitte risultano collegate da un piacevole motivo di balaustra ed inoltre quattro colonne binate nella parte inferiore, formate da rocchi bugnati, le conferiscono un insolito ritmo verticale. Manca in tutte e tre il leone di S. Marco, scalpellato per ordine dei Francesi un paio di secoli dopo. Le porte di Palmanova sono, a ben guardare, un'ulteriore testimonianza di quell'interpretazione intellettualistica, accademica, spesso eclettica (ma non priva di soluzioni felici) del classicismo operata dallo Scamozzi in età tardomanieristica. Monumento principale della cittadina è il Duomo il cui progetto fino a qualche anno fa veniva assegnato allo Scamozzi; recenti, credibili studi lo vogliono però impostato e sviluppato esclusivamente presso l'ufficio delle fortificazioni di Venezia; progetto perciò d'equipe e pertanto «anonimo», steso dal «proto alle fortezze» secondo il modello della chiesa dei Ss. Cosma e Damiano in Venezia, Benché fin dal 1594 si fosse pensato alla sua costruzione, vari impedimenti per questione di giurisdizione ne ritardarono gli inizi e solo sotto il governatore Girolamo Capello nel 1603 fu posta la prima pietra; i lavori poi procedettero a rilento e non senza controversie. Durante la costruzione il progetto originale subì non poche alterazioni per esigenza di statica e consolidamento, ciò che rende oggi difficile una valutazione obiettiva sia del progetto, sia dell'ipotizzato intervento di Baldassarre Longhena a partire dal 1639. Giunti finalmente alla copertura dell'edificio nel 1636, molto restava ancora da fare: sagrestia, altari interni, statue di abbellimento esterne si collocano infatti nella seconda metà del XVII secolo. Sfacciata a capanna, ritmata da quattro colonne su doppio ordine e da robuste comici marcapiano, rivela attraverso la presenza di nicchie con statue nel piano superiore, portali timpanati, stemmi aggettanti, una sensibilità pittorica che è propria del gusto manieristico veneto. Nell'interno a doppio ordine, a navata unica triabsidata, si ripete l'insistente gioco di luci ed ombre; un pittoricismo accentuato domina la fitta copertura a capriate, materialmente eseguita nel 1636 da «marangone» Giovanni Zambon. Nel presbiterio, modesto altar maggiore del 1854 (autore Fabio Candoni di Sevegliano) con statue settecentesche raffiguranti i Ss. Marco e Giustina e pala d'altare di Domenico Fabris (Il Redentore, 1854); affreschi (1880-1882) di Leonardo Rigo di Udine nel semicatino (la Crocifissione), nella volta a botte (Ascensione di Nostro Signore) e nelle pareti laterali (Guarigione del cieco e La consegna delle chiavi): nei tre ultimi lavori il pittore si servì dei canoni preparati dal forlivese Pompeo Randi, morto prima di poter penare a termine l'opera a lui inizialmente affidata. Le parti decorative sono dovute all'udinese Giuseppe Comuzzi che spesso lavorò con il Rigo. Il più moderno altare è stato scolpito - così come gli amboni - da Gianluigi Gabrieli su disegno di Arrigo Poz; le parti lignee sono state realizzate dalla bottega artigiana di Carlo Hausmann. Nelle absidi laterali, Cappella del Cannine (a sinistra) con affreschi di Domenico Fabris (Madonna della Salute, 1861, a ricordo di un voto fatto dai palmarini nel 1855, allorché il colera colpì la zona), e, nelle pareti, pala d'altare di Emesto Bergagna di Bressa di Campoformido (La Madonna della Salute, 1958) ed una tela (S. Filippo in estasi del canonico e pittore udinese Giuseppe Cosattini, 1682) proveniente dall'Oratorio di S. Filippo Neri. Nell'altare, pregevole Madonna lignea attribuita a Domenico da Tolmezzo (fine secolo XV). Nella Cappella del Rosario (abside destra) si conservano una pala d'altare di Fred Pittino (La Pietà, 1958) ed affreschi di Domenico Fabris (1861: La Comunione degli Apostoli, La prima Comunione di S. Luigi Gonzaga, II Viatico di S. Cimiamo, La Comunione di S. Giuliana Falconieri e La Comunione di S. Stanislao Kostka). Buoni dipinti nei secenteschi altari laterale: in quello delle Milizie, pala (1641) di Alessandro Varotari detto il Padovanino nella quale il colore denso, pastoso e vividi sprazzi di luce riscattano l'anovellata impostazione (spicca in primo piano la splendida figura di S. Teodoro che reca il vessillo della vittoria); nell'altare dedicato alla S. Famiglia, dipinto di Eugenio Pini udinese raffigurante la S. Famiglia con i Ss. Anna e Bernardino (1645: contenuta grandiosità e gustosa atmosfera di domestica intimità); nell'altare dell'Annunziata dipinto del 1877 di Pompeo Randi (Annunciazione) che ha preso il posto di altro quadro con lo stesso soggetto attribuito ad Eugenio Pini (secolo XVII) ed appeso di fronte alla porta della sagrestia. Tra i vari oggetti d'arte di proprietà del Duomo, oreficerie di gran pregio e dipinti attribuiti a Pietro Bainville e ad altri artisti. Acquisizione recente è un Martirio di S. Stefano che ripete puntualmente l'analogo soggetto dipinto da Palma il Giovane e conservato nel Duomo di Cividale(1606). Il robusto campanile che affianca il Duomo risale al 1776. Delle chiese minori, rimane oggi la secentesca Chiesa di S. Francesco, consacrata nel 1625, soppressa al culto nel 1807, riaperta nel 1918: contiene opere d'arte contemporanea (dipinto del 1958 raffigurante l'Estasi di S. Francesco, autore Vincenzo Censotti di Foiano della Chiana; Via Cruci s del 1974 di Giulio Candussio) essendo state quelle antiche trasportate in duomo o in altre chiese della zona (a Mereto di Capitolo, una pala di Pietro Bainville con il Sangue di Cristo e le Anime Purganti, 1742). Molte le opere d'arte civili: oltre alle ricordate spettacolari pone d'ingresso, il ponte dell'acquedotto fuori porta Udine (XVII-XVIII secolo), lo stendardo e le statue dei Provveditori in piazza Grande (XVII secolo), vari palazzi, tra cui il Palazzo dei Provveditori Generali Veneti, ora Municipio (iniziato nel 1598), l'ex Palazzo del Governatore delle armi, il Palazzo della Camera di Palma, detto del Ragionato, la Loggetta della Gran Guardia vicino a Porta Aquileia, il Monte di Pietà (con un bel gruppo marmoreo raffigurante la Pietà collocato in un angolo dell'edificio: la scultura proviene da Cormons dove fu prelevata, come trofeo di guerra, durante la guerra di Cormons, essendo Provveditore di Palma Francesco Erizzo). Il Teatro, recentemente restaurato è stato costruito in forme neoclassiche tra il 1841 ed il 1843 su progetto dell'architetto friulano Giovanni Battista Bassi. In Palazzo Trevisan ha sede il Civico Museo Storico di Palmanova, allestito nel 1974 con lo scopo di far conoscere, attraverso la documentazione esposta, la storia e la vita dell'importante città fortificata. Vi sono conservati documenti, piante della fortezza, monete e cartemonete, armi (anche provenienti, come deposito, da altre località italiane) che danno un quadro esauriente della vita della città nei quattro periodi: veneziano, napoleonico, austriaco, italiano. Nella frazione di Jalmicco, settecentesca Chiesa di S. Maria Maddalena, rimessa a posto nel secolo XIX dopo un rovinoso incendio (1848): di semplice fattura, ha un bell'altar maggiore di scuola goriziana del XVIII secolo (Giovanni Pacassi?) con statue dei Ss. Pietro e Paolo e bassorilievi nella mensa (Cristoforo e la Samaritana, Gesù salva il figlio dell'ufficiale del re, la Cena in casa di Lazzaro). Nel presbiterio, tela con S. Maria Maddalena ed affreschi (deperiti) nella volta.
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